Statuto dei lavoratori, interpretazioni opposte

Statuto dei lavoratori, interpretazioni opposte Statuto dei lavoratori, interpretazioni opposte Si vota per estenderlo alle aziende con meno di 16 dipendenti Con un rischio: che ne siano escluse quelle che non superano i35 ROMA. Dopo il via libera della Consulta, che succederà se vinceranno i «sì» nel referendum sullo Statuto dei lavoratori, proposto da dp? Attualmente nessuno sa dare con certezza una risposta definitiva perché il quesito rivolto agli elettori si presta ad opposte interpretazioni. Secondo gli esperti in materia potrebbero esservi, infatti, due diverse soluzioni. La prima è che potrebbe essere allargata la portata dello Statuto a circa 7 milioni di lavoratori occupati presso le aziende con meno di 16 dipendenti (ed era proprio questo l'obiettivo di dp): dandogli, in caso di licenziamento, la possibilità di essere reintegrati nel posto di lavoro grazie all'articolo 18 della legge 300 del '70. La seconda è che, al contrario, potrebbe essere, invece, limitata l'applicazione dello Statuto alle aziende con più di 35 dipendenti. In questo caso verrebbero ingiustamente esclusi dai benefici dello Statuto milioni di lavora- tori che tuttora ne godono, cioè tutti coloro che sono occupati in aziende che abbiano dai 16 ai 35 dipendenti. In sostanza, se fosse questa l'interpretazione più esatta, come sostengono numerosi giuristi, per dp il referendum si rivelerebbe un infortunio. Ecco perché le motivazioni della Consulta sono attese con molto interesse. Infatti nella sentenza, che sarà redatta tra una settimana dal giudice Francesco Greco, la Corte Costituzionale potrebbe sgombrare il campo dagli equivoci. Ma nell'incertezza sugli effetti della consultazione, l'inventore dello Statuto, il senatore Gino Giugni (psi), ha definito «un disastro e politicamente lacerante questo referendum, che spezza tutti i partiti, a cominciare dal pei» ed ha auspicato un'immediata approvazione in Parlamento di una legge che eviti in extremis la consultazione popolare. Giugni si è detto scettico sulla validità del referendum perché «non è chiaro che succederà in caso di vittoria dei «si»: verranno considerate le unità produttive con meno di 15 dipendenti o verranno, invece, prese in considerazione le imprese con meno di 35 dipendenti?». Le stesse perplessità sono state avanzate dall'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato, secondo cui la bocciatura da parte della Cassazione per mancanza del necessario numero di firme degli altri due referendum di dp sullo Statuto avrebbe scompaginato il quadro complessivo di riferimento dell'iniziativa, perché resterebbe in vigore l'articolo 11 della legge 604 del '66 sui licenziamenti individuali (inserito in uno dei due referendum bocciati). Chi difende il referendum è, invece, il professor Valerio Onida che ne ha sostenuto le ragioni davanti alla Consulta. «Non vi sono dubbi. Se la Corte ha giudicato ammissibile il quesito, la vittoria dei "sì" estenderebbe la portata dello Statuto a tutte le imprese senza più distinzioni sul numero dei lavoratori occupati». Ma come è nato questo «pasticcio»? Un anno fa dp annunciò di voler iniziare la raccolta delle firme per sei referendum (tre riguardanti lo Statuto dei lavoratori e la legge sui licenziamenti individuali, due sulla legge di riforma del ministero dell'Ambiente e uno sul finanziamento pubblico dei partiti). Tuttavia, nei termini prescritti dalla legge del '70, consegnò alla Cassazione solo la documentazione relativa a cinque referendum (per uno dei due sull'ambiente mancavano, infatti, le firme necessarie). Ma un mese fa la Cassazione ne ha bocciati quattro per mancanza delle necessarie 500 mila firme. Solo il primo dei tre referendum sullo Statuto si è «salvato», ma per poco più di mille firme oltre il quorum imposto dall'articolo 75 della Costituzione. Pierluigi Franz

Persone citate: Francesco Greco, Gino Giugni, Giorgio D'amato, Giugni, Pierluigi Franz, Valerio Onida

Luoghi citati: Roma