I riservisti si ribellano a Mosca di E. S.

I riservisti si ribellano a Mosca I riservisti si ribellano a Mosca In piazza con mamme e figli: «Un'altra Kabul» E l'Armata Rossa deve rinunciare ai richiami MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'Armata Rossa ha rinunciato a richiamare i riservisti che voleva inviare nel Caucaso. E quelli che erano stati già mobilitati torneranno a casa entro il 24. E' il generale Alexandr Lizichev, capo della direzione politica dell'Esercito, che ha dato ieri questa notizia, aggiungendo soltanto che gli uomini necessari per completare il corpo di spedizione saranno trovati nei ranghi delle truppe regolari. Ma dietro la freddezza del linguaggio ufficiale, questa rinuncia è clamorosa. Perché mai prima d'ora era stata annullata una decisione annunciata dal ministro della Difesa in persona appena 24 ore prima. E perché, soprattutto, la marcia indietro è arrivata dopo una serie di proteste organizzate dai riservisti e dalle loro famiglie. Una nuova sfida al potere che si è conclusa con un cedimento, che appare come un chiaro segno di debolezza da parte del Cremlino. La manifestazione di protesta più importante c'è stata a Kransosdar, una città del Sud della Repubblica federativa russa. Qui un centinaio di riservisti, con le loro famiglie, si sono riuniti sotto la sedei locale del partito comunista già la sera di giovedì, subito dopo l'annuncio del ministro della Difesa, generale Dmitry Yazov. La manifestazione si è ripetuta ieri e al fianco dei richiamati e delle loro mogli, molte con i figli in braccio, si sono schierati centinaia di altri cittadini di Kransosdar. Ma dimostrazioni dello stesso tipo si sono svolte anche in altre città delle tre repubbliche slave dell'Urss, Russia, Bielorussia e Ucraina, quelle che dovevano fornire i riservisti considerati «sicuri» dalle autorità militari di Mosca. Anche a Stavropol, che è il capoluogo della regione di cui è originario Michail Gorbaciov, ci sono stato dimostrazioni contro il richiamo dei riservisti. A Stavropol, anzi, la dimostrazione si è trasformata in una protesta generale contro l'invio dei soldati nel Caucaso. Accanto ai riservisti e alle loro famiglie c'erano anche le madri dei ragazzi di leva già inviati in Azerbaigian o in Armenia che gridavano: «Noi non daremo i nostri figli alla guerra», «Non vogliamo un secondo Afghani¬ stan». Ieri mattina il Fronte popolare di Stavropol aveva anche indetto una nuova manifestazione per oggi a mezzogiorno, ma dopo la marcia indietro del ministero della Difesa questa protesta, forse, rientrerà. Ma la situazione resta tesa perché se i riservisti hanno già vinto la loro sfida personale al generale Dmitry Yazov, rimane la contestazione contro l'invio di soldati dell'Armata Rossa nel «nuovo Afghanistan». Certo, è presto per fare previsioni. Ma questo pre-ammutinamento dei riservisti è un segnale molto allarmante per il Cremlino. I responsabili militari, adesso, hanno già cominciato a minimizzare. Affermano che i riservisti non erano necessari. Il generale colonnello Shustko, comandante della Regione del Caucaso settentrionale, ha dichiarato alla radio che «gli effettivi già inviati sono sufficienti ai compiti previsti». E il comandante delle forze del ministero dell'Interno ha aggiunto che sono ormai 24 mila gli uomini dei reparti speciali del Kgb impegnati in Azerbaigian e in Armenia, è da queste truppe i generali di Mosca non si attendono ammutinamenti. [e. s.]

Persone citate: Alexandr Lizichev, Dmitry Yazov, Michail Gorbaciov