L'Europa a scuola d'immigrazione

L'Europa a scuola d'immigrazione Convegno della Fondazione Agnelli: primo «esame» con i 6 milioni di musulmani L'Europa a scuola d'immigrazione Vivere in Occidente senza rinunciare al chador TORINO. In Europa vivono attualmente circa 6 milioni di immigrati musulmani; per la prima volta nella sua storia il vecchio continente deve confrontarsi, dentro i propri confini, con una cultura profondamente diversa che in molti casi non intende consentire processi di omologazione. Questo nuovo aspetto della questione dell'immigrazione extracomunitaria è emerso durante un convegno organizzato dalla Fondazione Agnelli sulle «Politiche dell'immigrazione nei Paesi europei». Il seminario di questi giorni segue quello tenutosi a novembre (sempre promosso dalla Fondazione) sulle politiche degli ingressi. In quell'occasione si rilevò la pressoché comune scelta europea di aprire le porte agli stranieri solo in relazione al mercato del lavoro. «La decisione del governo italiano di regolamentare i flussi in base alla possibilità di assorbimento lavorativo — ha detto il presidente della Fondazione Marcello Pacini — è un passo nella giusta direzione». Ora il problema è quello di «definire politiche che tocchino tutti gli aspetti dell'organizzazione sociale e stabiliscano con precisione diritti e doveri dell'immigrato dopo l'ingresso nel nostro Paese». Gli interventi nei vari settori (dalla casa alla sanità, dall'istruzione alla libertà di religione al lavoro) dovrebbero tendere a una reale integrazione degli immigrati nelle diverse realtà sociali ed è proprio in questo campo che emergono con particolare forza i differenti attteggiamenti delle comunità etniche e religiose. Il professor Felice Dassetto (docente presso l'università cattolica di Louvain in Belgio) ha ricordato: «Oggi l'ideologia islamica dominante è quella in- ad esempio, l'educazione religiosa è stata «appaltata» a docenti turchi; in Belgio è stata aperta la prima scuola interamente musulmana. In una scuola gestita da un Comune belga (dopo che alle allieve era stato impedito l'uso del chador) si è deciso, mediante una trattativa con i dirigenti musulmani, di consentirne l'utilizzo in presenza degli insegnanti maschi e non in presenza delle docenti donne e nella ricreazione. Sono piccoli esempi e segnali di come i problemi dell'integrazione e della costruzione di una Europa multirazziale si intreccino con la necessità di confrontarsi con una presenza islamica che, in alcune sue componenti e in questa specifica fase, mostra elementi di integralismo. Accanto a questa nuova richiesta convive, ovviamente, la giusta esigenza degli immigrati (dall'islam e da tutti gli altri Paesi) di conservare le propria storia e l'antica cultura dei loro popoli. Questi problemi (marginali rispetto alle degradanti condizioni di povertà e sfruttamento in cui sono costretti a vivere migliaia di immigrati) rivelano come la forzata emigrazione dai Paesi del Terzo Mondo costituisca una distorsione dello sviluppo mondiale. Lo ha ricordato anche il ministro alle Politiche comunitarie Romita quando, nel suo intervento, ha sostenuto la necessità di «contribuire all'affrancamento di vaste aree geografiche dalle attuali condizioni di sottosviluppo». «E' opportuno — ha concluso — che anche l'Italia svolga una opera di sensibilizzazione nei confronti dei suoi partner internazionali, primi tra tutti gli europei». Marina Cassi tegralista che prevede la totale identificazione tra Stato, religione e società. Risulta evidente che i musulmani che vivono in Europa chiederanno di non essere omologati e solleciteranno diritti precisi per mantenere la proria identità». Già da tempo in Gran Bretagna, come ricorda il professor John Rex nella sua relazione, sono state concesse autorizzazioni per trasformare edifici in moschee e sono previste particolari forme per salvaguardare l'educazione dei bambini. Nelle scuole è già in funzione un insegnamento religioso specifico, le ragazze possono indossare l'abito musulmano, sono divise le lezioni di educazione fisica e di nuoto per i due sessi. Ma questi provvedimenti non hanno impedito che emergesse da parte della comunità islamica la richiesta di scuole pubbliche interamente separate. Inoltre nelle moschee viene insegnato che la società occidentale è corrotta, induce alla promiscuità sessuale e minaccia l'esistenza della vita islamica. «In questa situazione — ha concluso il professor Rex — l'affare Rushdie, con le dimostrazioni per strada da parte dei musulmani, era del tutto prevedibile». I sei milioni di islamici provengono in particolare dalla Turchia (soprattutto in Germania), dall'India e dal Pakistan (con forte insediamento in Gran Bretagna), dal Magrheb (in Italia, Francia, Belgio e Olanda) e dall'Africa nera (verso la Francia). Realtà di partenza differenti che trovano però terreni unificanti nelle religione. «I musulmani — spiega il professor Dassetto — si autoaffermeranno per negoziare con l'Europa una posizione analoga a quella delle altre religioni». E' quindi prevedibile, anche in Italia, la richiesta di apertura di moschee, il diritto all'insegnamento religioso, la modificazione del diritto di famiglia che le comunità islamiche ritengono scarsamente laico e modellato sulla religione cattolica. Già ora alcuni Paesi tendono a delegare a Turchia e Marocco la gestione di alcuni aspetti della vita delle comunità musulmane. In Germania,

Persone citate: Dassetto, Marina Cassi, Marocco, Rushdie