L'uomo che sfidò Greenpeace

L'uomo che sfidò Greenpeace FRANCIA Domani i funerali di Hernu, il ministro socialista che si ispirava a De Gaulle L'uomo che sfidò Greenpeace Titolare della Difesa e amico intimo di Mitterrand, fu assertore della «force de frappe» Si dimise dopo l'affondamento della nave che ostacolava gli esperimenti nucleari in Polinesia PARIGI NOSTRO SERVIZIO E' morto come voleva: combattendo. Mercoledì alle 23, in una sala di Lione-Villeurbanne, l'infarto lo ha colto mentre teneva un discorso. Ha passato il foglio al vicino, si è accasciato sulla sedia. Un'ora dopo spirava in ospedale. Charles Hernu, ex ministro della Difesa, aveva 66 anni. Era un implacabile difensore dell'amico Francois Mitterrand, rigido nelle convinzioni politiche di socialista e in quelle strategiche di strenuo assertore della «force de frappe», la forza autonoma di dissuasione nucleare. Due posizioni che sembravano mal conciliarsi, ma che poco a poco aveva «imposto» perfino all'amico-presidente Mitterrand. Ma un giorno dell'estate 1985 Charles Hernu commise uno sbaglio, fatale per la sua carriera politica. Da quattro anni occupava la poltrona di ministro della Difesa. Guardato con sospetto dalle alte gerar¬ chie al suo arrivo (nel maggio '81 nel primo governo di sinistra Mauroy, frutto dell'elezione presidenziale di Mitterrand) era riuscito a conquistare la fiducia dei militari dimostrando di essere uno dei «loro», sia pur da una barricata tradizionalmente avversa al militarismo. E così la Francia politica divenne sbigottita testimone dell'idillio tra il ministro socialista e i generali ancor legati al ricordo di De Gaulle, avversario numero uno di Mitterrand negli anni Sessanta. Tanta fiducia reciproca, però, portò ad una decisione di troppo. Un ordine orale al controspionaggio, la Dgse: affondate quel peschereccio, toglieteci di torno questi fastidiosi ecologisti anglosassoni. Nel luglio '85 il «Rainbow Warrior» era ormeggiato nel porto di Auckland, in Nuova Zelanda. Era un vecchio peschereccio oceanico acquistato e trasformato dall'organizzazione ecologista Greenpeace per uno scopo preciso e di pubblica notorietà: intralciare gli esperimenti nucleari francesi in Polinesia. Gli ecologisti ritenevano che la sola presenza in zona della loro nave — con giornalisti a bordo — avrebbe indotto i francesi a rinviare gli esperimenti sotterranei, accusati di rendere radioattivi i magnifici atolli corallini. Ma non avevano fatto i conti con la caparbietà di Hernu, adirato per l'impudenza dei pacifisti «inglesi». Il 10 luglio il «Rainbow Warrior» saltò in aria. Un commando della Dgse aveva posto cariche esplosive sotto la chiglia. Ma gli agenti segreti inviati da Parigi non si erano accorti che a bordo c'era un fotografo portoghese. La sua morte rese ancor più grande lo scandalo. La polizia neozelandese arrestò poco dopo due dei componenti del commando, un uomo e una donna, ufficiali della Dgse. Tra Nuova Zelanda e Francia si giunse alla soglia della rottura dei rapporti diplomatici, già tesi proprio a causa degli esperimenti nucleari francesi nel Pacifico. «Abbiamo inviato mi¬ gliaia di nostri soldati a morire per la libertà della Francia, nel '44, e questo è il loro ringraziamento», disse furioso il premier laburista David Lange. Qualcuno doveva pagare, la vicenda era ormai in prima pagina sui giornali di tutto il mondo. Gli strali si addensarono sul capo di Hernu che ineffabile continuava a proclamare la sua estraneità. Il 20 settembre il ministro si dimise, il 25 il premier Fabius addossò a lui e al capo della Dgse, l'ammiraglio Lacoste, l'intera responsabilità dell'«affaire». Charles Hernu sibilò «la mia coscienza è pulita» e si ritirò nel feudo di Villeurbanrie di cui era sindaco. Gli sguardi di molti osservatori si volsero verso l'Eliseo, uscito indenne dalla bufera grazie al parafulmine Hernu. Frangois Mitterrand un'ora dopo le dimissioni telegrafò al suo scudiero, fedele da vent'anni: «La nostra amicizia resterà intatta». E domani sarà accanto alla sua bara, al funerale. Paolo Potetti

Luoghi citati: Francia, Nuova Zelanda, Parigi