La grotta libera un prigioniero di Giuliano Marchesini

La grotta libera un prigioniero Salvo il primo speleologo caduto in Jugoslavia, difficoltà per il recupero dell'altro La grotta libera un prigioniero Ma il soccorritore ferito resta ancora bloccato TRIESTE DAL. NOSTRO INVIATO E' uscito dal buio della grotta «Veliko Sbrego»: un polso fratturato, la gran fatica della risalita attraverso i cunicoli, accanto agli uomini della squadra di soccorso. Si è conclusa poco dopo mezzogiorno l'avventura di Mario Bianchetti, lo speleologo triestino rimasto bloccato dopo essere stato investito da una caduta di sassi, in quell'abisso sul versante jugoslavo del monte Canin. L'abbraccio ai compagni, un primo ristoro, poi Mario Bianchetti è stato trasportato nella cittadina di Bovec con un elicottero messo a disposizione dalle autorità militari jugoslave. In serata era ancora sottoposto agli accertamenti medici, ma pare che le sue condizioni non siano allarmanti. Dovrebbe rientrare presto a casa, dopo quattro giorni di ansie. Ma l'angoscia accompagna ancora questa spedizione nelle viscere del «Veliko Sbrego»', l'altro speleologo, Massimiliano Puntar, colpito al capo da una lama di roccia mentre partecipava alle operazioni per soccorrere Bianchetti, è ancora fermo alla profondità di 1040 metri con un medico che non lo abbandona un istante: ha riportato un trauma cranico e ora alterna momenti di lucidità a uno stato confusionale. Infilato in un sacco a pelo, Massimiliano Puntar aspetta che cominci anche per lui la lunga, affannosa risalita. Intanto crescono le preoccupazioni per le sue condizioni, anche perché l'ambiente in cui si trova contribuisce ad aggravare la sua sofferenza. E il percorso verso l'uscita non è certo facile. Forse occorreranno due giorni perché i soccorritori raggiungano l'imboccatura della grotta con il ferito, superando tortuosi «budelli» e passaggi sopra corsi d'acqua, con l'impiego di passerelle e materiali vari. La squadra che è andata a prenderlo si è calata ieri mattina, e in serata dovrebbe aver raggiunto il punto in cui giace Puntar. Un elicottero della «Ale Rigel» di Casarsa ha trasportato sul monte Canin dei medicinali che erano stati prelevati all'ospedale di Pordenone: ne avevano fatto richiesta urgente i medici che tengono sotto controllo lo speleologo, e li ha portati giù una squadra di cui fa parte il medico torinese Giuseppe Giovine. Dopo le prime iniezioni, sembra che Massimiliano Puntar si sia un poco ripreso. Ma è una gara contro il tempo, per riportarlo in superficie. Intanto esce dal tunnel della paura Mario Bianchetti, che ha potuto compiere la massacrante risalita con le sue forzo. Un fisico eccezionale, Bianchetti è già un «veterano» della speleologia. E non è nemmeno nuovo a incidenti: in diverse occasioni ha trascorso momenti dramma¬ tici. Nell'aprile dell'83 fu bloccato a una profondità di circa 600 metri nella «Coventosa», una grotta a 1200 metri di profondità, poco lontano da Santander. Aveva intrapreso quella spedizione con altri quattro speleologi, fra i quali una ragazza: due raggiunsero l'apertura dopo aver attraversato uno specchio d'acqua, gli altri non fecero in tempo e furono sorpresi da una piena. Ci vollero due giorni di fatiche, perché potessero mettersi in salvo. Un anno più tardi, l'altra paurosa avventura per Mario Bianchetti, sceso fino a 500 metri della grotta «Paolo Fronda», tra una quantità di pozzi, nei pressi di un rifugio sull'altopiano del Canin. Niente di grave, comun¬ que, per lui e i suoi quattro compagni. Per lo speleologo triestino, la serie di incidenti si allungò nel gennaio dell'87, quando rimase intrappolato con tutta la squadra alla profondità di 1900 metri, uscendo dopo molte ore di trepidazione. Ma Mario Bianchetti non s'è mai dato per vinto. Un sorriso per sdrammatizzare, poi il pensiero rivolto a un'altra impresa, come quella nel «Veliko Sbrego». E tante ansie per i genitori. Il padre, Giuseppe, è un pensionato, ha altri tre figli. «Ma solo Mario, per fortuna — dice — ha questa passione per le grotte: ce l'ha da una quindicina di anni, e nessuno è mai riuscito a dissuaderlo. Devo dire, però, che lui è uno degli speleologi più esperti che ci siano in giro». Mario Bianchetti è stato in diverse parti del mondo, a compiere le sue imprese: in Russia, in Brasile, in Messico, in Cecoslovacchia. «E' anche andato — racconta il padre — a recuperare i corpi di tre cecoslovacchi morti sotto una cascata nella grotta Gortani. Lo chiamano dappertutto». Ma papà Bianchetti, nel dirlo, sospira: ((Anche se è tanto esperto, noi siamo sempre preoccupati. Sapete, quando succedono cose come quella accaduta nel "Veliko Sbrego" non si sa mai come vada a finire. Ma la passione di Mario è questa, e non c'è niente da fare. Non resta che soffrire». Giuliano Marchesini

Luoghi citati: Brasile, Cecoslovacchia, Jugoslavia, Messico, Russia, Santander, Trieste