Disarmo da ripensare dopo l'uragano sull'Est di Aldo Rizzo
Disarmo da ripensare dopo l'uragano sull'Est r CONSULTO A VIENNA Disarmo da ripensare dopo l'uragano sull'Est PRIME battute a Vienna del singolare seminario, che si concluderà il 4 febbraio, tra i capi di Stato Maggiore dei Paesi della Nato e del Patto di Varsavia, oltre a quelli dei Paesi neutrali europei. L'episodio è inedito, nella storia ormai ricca della distensione Est-Ovest, perché è la prima volta che i capi militari si fronteggiano direttamente, in una discussione franca sulle rispettive «dottrine strategiche». O almeno si spera che la discussione sia franca, perché i primi discorsi del russo Moiseyev e anche, per la verità, dell'americano Powell avevano ancora vecchi toni polemici e al limite propagandistici. Che significa discutere sulle dottrine strategiche? Significa mettere a nudo le intenzioni riposte, effettive, dei rispettivi sistemi militari. La novità, ancora una volta, è di marca sovietica: sono stati i russi a dire di voler riconvertire la loro strategia in un senso «difensivo». Con ciò stesso hanno ammesso, anche se non lo riconoscono, che il senso era prima «offensivo». Ma non basta dire strategia difensiva, osservano gli americani. Bisogna anche vedere come. Essi indicano tre criteri. Il primo è la dislocazione delle forze in campo. Il secondo è il tipo di addestramento che s'impartisce alle unità. Il terzo è il tipo di bilancio, la qualità della spesa: s'investono i rubli in armi e macchine più adatti all'attacco o alla difesa? Su questi tre temi, occorre saperne di più. Seguendo i grandi e drammatici fatti politici dell'Est, ci si era quasi dimenticati dei negoziati militari. Eppure essi restano fondamentali. Certo, le grandi novità politiche hanno influenzato anche le trattative strategiche. Anzitutto su un piano generale: entrambe le parti vedono ora più vicino un accordo globale. Ma ci sono effetti anche d'altro genere: come si rifletterà sul negoziato tra i blocchi il fatto che uno di essi, il Patto di Varsavia, sembra entrato in una crisi di dissoluzione? Per dire, si sa che l'Ungheria sta riconvertendo il suo dispositivo militare anche in direzione dell'Est e non più solo dell'Ovest. Gli stessi ungheresi sono intenzionati a negoziare con Mosca un sollecito ritiro di tutte le forze sovietiche, e analoghe sono le intenzioni della Cecoslovacchia. Tuttavia l'Occidente, giustamente, è più interessato alla trattativa ufficiale tra le due alleanze, perché è quella destinata a lasciare segni più concreti e duraturi, avendo l'avallo dell'Urss. E la trattativa ufficiale è a un buon punto. Restano dissensi non lievi sull'introduzione o meno delle forze navali (la Nato è contraria) e sulla classificazione di quelle aeree (la Nato non vede grandi differenze tra cacciabombardieri di difesa e di attacco). Ma c'è un'intesa in vista sul punto centrale: la riduzione delle forze terrestri in misura tale che nessuna delle due alleanze possa essere in grado di sferrare un'offensiva vincente. Il seminario dei capi di Stato Maggiore è un'occasione importante, ma per certi versi accademica. Essenziale è lo sviluppo della trattativa ufficiale. L'ipotesi, fatta propria da Bush e Gorbaciov nel vertice di Malta, è che essa si concluda entro quest'anno, aprendo la strada a una superconferenza dei capi di Stato e di governo di tutti i Paesi europei interessati, più ovviamente gli Stati Uniti e il Canada, secondo lo schema di Helsinki, Se questo sarà l'approdo, la storia dell'Europa volterà pagina. E se anche, dopo o subito dopo, dovesse prodursi un cambiamento politico radicale nell'Urss, gli eventuali successori di Gorbaciov sarebbero condizionati da un grande accordo di pace, che sarebbe molto difficile e rischioso (soprattutto per loro) ribaltare. Per certi aspetti, è una corsa contro il tempo. Aldo Rizzo !ZO
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