Erano veterani dei rapimenti

Erano veterani dei rapimenti Erano veterani dei rapimenti // capo della banda catturò Nicola Campisi CATANZARO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nella gerarchia delle bande che «esportano» sequestri al di fuori della Calabria, gli uomini di San Luca hanno una posizione di rilievo. Lo conferma la mappa, disegnata dai carabinieri di Reggio Calabria, delle organizzazioni che negli ultimi tempi hanno messo a segno alcuni dei sequestri più remunerativi della storia criminale del nostro Paese. Di quello che viene definito un vero e proprio «organigramma» facevano parte anche i quattro banditi uccisi martedì sera a Germignaga. Un nucleo — sottolineano gli investigatori — spesso collegato da vincoli di parentela più o meno stretti. Nessuno dei quattro rapitori era uno sconosciuto per le forze dell'ordine che lavorano in Calabria. In particolare negli ultimi mesi i carabinieri avevano concentrato la loro attenzione su Salvatore Romeo, per il quale avevano chiesto al giudice istruttore di Pavia l'emissione di una comunicazione giudiziaria. Volevano sottoporlo a perizia fonica, per controllare se la sua fosse la voce dal telefonista di Casella. Ma nella gerarchia delle organizzazioni che gestiscono i sequestri quello del telefonista è un ruolo che generalmente viene affidato a elementi di secondo piano. Più importante per gli inquirenti era Giuseppe Ietto, originario di Natile di Careri, un paesino vicino a San Luca, che spesso ha fornito manovali alle cosche per imprese criminali. E' considerato il boss della banda che martedì ha cercato di rapire Antonella Dellea. Ietto era sospettato di aver preso parte a due sequestri compiuti in Calabria, quello del bancario Giandomenico Amaduri (estate del 1985) e quello di Nicola Campisi (luglio dell'88), rapiti a Bovalino e Ardore. Non meno importante il «curriculum» criminale di Sebastiano Giampaolo, che con i suoi 39 anni era il più anziano dei componenti della banda. A lui in un primo momento gli inquirenti avevano attribuito 1' uccisione di Giuseppe Giorgi, un ragazzo di vent'anni che, militare di leva, era rientrato a San Luca per le vacanze di Natale. Il suo cadavere crivellato di proiettili fu trovato la mattina del primo gennaio 1985 sul sagrato della chiesa. Ucciso, si disse dopo, perché voleva rivelare un piano per assassinare il comandante della stazione dei carabinieri, il brigadiere Carmine Tripodi, che cadde sotto i colpi dei killer nel febbraio successivo. Il sottufficiale — si legge nei rapporti degli investigatori — stava per scoprire gli autori del sequestro dell industriale campano Carlo De Feo, liberato dopo il pagamento di un riscatto di 4 miliardi. Ma Ietto fu assolto per l'omicidio di Giuseppe Giorgi, né si scoprirono elementi sufficienti per accusare Salvatore Romeo di complicità con i killer del brigadiere. Il bandito ucciso martedì fu scagionato in sede istruttoria. Nella fedina penale di Sebastiano Giampaolo c'è una condanna a 24 anni di reclusione per il sequestro e l'uccisione dell'industriale torinese Mario Ceretto, rapito il 23 maggio del 1975 ed assassinato dai suoi sequestratori. La condanna fu inflitta a Sebastiano Giampaolo in appello, dopo che era stato assolto in primo grado. Quando i giudici della corte d'assise pronunziarono la sentenza di condanna Giampaolo non era in aula. Dopo l'assolu¬ zione di primo grado era scomparso. Sono molti i latitanti che si nascondono in Aspromonte. Uno tra i più pericolosi è Antonio Giampaolo, 37 anni, nessuna parentela stretta con Sebastiano. Antonio Giampaolo, di San Luca, deve scontare una condanna a 24 anni. Tra i sequestri di cui è stato accusato quelli di due piemontesi, il commerciante Giuseppe Scaglione (rapito il 24 febbraio del 1983 e rilasciato il 16 marzo successivo) e il medico Luigi Giordano (rapito nel giorno in cui Scaglione veniva rilasciato e liberato il 30 giugno dello stesso anno). Rapimenti che fruttarono alla banda oltre 1 miliardo e 250 milioni di lire. Altri «sanlucoti» latitanti sono Antonio Calabro, 37 anni (accusato dei rapimenti di Luigi Balzarotti e di Rosanna Restani); Giuseppe Mammoliti, 53 anni, condannato a 27 anni per il sequestro dell'industriale De Feo; Giuseppe Altomare, nato a Careri ma residente a Torino, al centro dei sequestri di Giorgio Garberò, Pietro Fiocchi, Guglielmo Liore e Francesco Stola. Diego Minuti