Agirono anche a Torino di Angelo Conti

Agirono anche a Torino Agirono anche a Torino Presero e uccisero Mario Ceretto TORINO. Il gruppo di sequestratori della cosca di San Luca, annientato dai carabinieri martedì sera a Luino, aveva operato anche in Piemonte. Uno dei quattro banditi uccisi, Sebastiano Giampaolo, era stato processato (prima condannato a 24 anni dalla Corte d'appello di Torino, poi assolto nella revisione del processo, a Genova) per il sequestro dell'imprenditore di Cuorgnè, Mario Ceretto, rapito il 23 maggio '75 ed ucciso la notte stessa del sequestro. Sebastiano era inoltre cugino di Antonio Giampaolo, identificato dai carabinieri come uno dei banditi riusciti a sfuggire ai Gruppi di Intervento speciale dell'Arma sull'Aspromonte, la notte di Natale. Molto forti a San Luca, soprattutto perché in ottimi rapporti con le cosche Marando, Strangio e Nirta, i Giampaolo avevano spostato, sul finire degli Anni 70, il loro raggio d'azione nel Torinese. Sebastiano i aveva comunque trovato modo di mettersi in luce, prima di allora, anche in Calabria: i carabinieri si occuparono infatti di lui quando, appena undicenne, venne denunciato dopo una fitta sassaiola, pare contro una camionetta dell'Arma. A 15 anni rimediò un'altra denuncia, dopo aver fornito agli investigatori una falsa testimonianza. Poi la rapida excalation verso i sequestri. A Torino, Sebastiano venne denunciato nel '73 per falso monetario, poi per associazione per delinquere ed infine per concorso in una serie di sequestri di persona. Membri della famiglia Giampaolo (fratelli o cugini fra di loro) risultano infatti presenti in tutti i rapimenti compiuti a Torino, a partire dalla metà degli Anni 70: Talladira, Ceretto, Navone, Crosetto, Scaglione e Giordano. In questi episodi il loro ruolo fu essenzialmente di appoggio: facevano i telefonisti od i corrieri. Tutta dei Giampaolo fu invece l'ideazione del sequestro di Alma Rosa Brusin, rapita il 9 giugno nella sua villa di Avigliana e liberata dopo 78 giorni di prigionia ed il pagamento di un riscatto di 662 milioni. Un secondo riferimento torinese viene da un'altra vittima di Luino, Giuseppe Ietto, che è parente (nonché omonimo) di quel Giuseppe Ietto che, con ogni probabilità, è stato carceriere di Pietro Castagno, il re della gastronomia torinese tenuto prigioniero per oltre 14 mesi. «Sequestrato» dalla cosca di San Luca venne probabilmente ceduto, un paio di mesi prima della liberazione, alla cosca di Piatì. Castagno, posto di fronte alle immagini dei quattro banditi uccisi, ha notato «interessanti somiglianze» fra il volto di Sebastiano Strangio (anche lui ucciso a Luino) e quello del giovane fotografo che, a viso scoperto, gli scattò numerose immagini nel corso della sua lunga prigionia. Angelo Conti