LA GRANDE CONGIURA CONTRO I VECCHI di Ferdinando Camon

LA GRANDE CONGIURA CONTRO I VECCHI LA DENUNCIA DEL CARDINAL MARTINI LA GRANDE CONGIURA CONTRO I VECCHI DOLOROSA, e perfino angosciante, la denuncia del cardinal Martini, riportata ieri da tutti i giornali: pressoché in ogni famiglia i vecchi vengono ammazzati ogni giorno un poco, senza odio, senza violenza, né fisica né verbale; vengono ammazzati con la sopportazione, con l'indifferenza, con la scarsa considerazione; nelle famiglie più ricche, cioè di coloro che nan provveduto a prenotare e a pagare un ricovero dignitoso, anche lì i vecchi vengono ammazzati di settimana in settimana, lentamente, con metodo, con tenacia, dall'abbandono, dall'estraneità: finché effettivamente muoiono. E allora si dice che hanno avuto tutto quello che potevano avere. Non è che coloro che li «ammazzano» li odino: è che la maniera di amarli include questa lenta morte, questa eutanasia. Perché? Perché i vecchi ricevono vita dalle vite che hanno intorno, e ricevono morte dalle morti; non i vecchi soltanto, ma tutti gli uomini: se si chiude un vecchio in un ospizio, già dopo la prima settimana si scopre che «ha avuto una caduta», come ci dicono gli infermieri, o che «attraversa uno stato di confusione»: a seconda che il peggioramento sia visibile a livello fisico o mentale. Ma se provassimo a metterci noi al posto del vecchio, se cioè lasciassimo il vecchio a casa e ricoverassimo uno di noi in ospizio, troveremmo che di lì a una settimana (anche meno: già alla prima sera) abbiamo un crollo, mentre il vecchio a casa sta benone. Le vite, le comunicazioni, gli affetti degli altri formano il sangue che ci irrora; se ci tolgono quel sangue, moriamo. La vecchiaia è la fase in cui si sperimenta la nostra immortalità, l'immortalità attraverso la specie: per tutta la vita il vecchio si è detto: mio figlio mi so miglia, mio nipote è come me, io sono rinato in loro, quindi attraverso di loro sopravvivrò. L'immortalità attraverso la specie è la più concreta, la più sperimentabile forma di immortalità: tutti l'avvertono, non è questione di civiltà (anche il selvaggio), non è questione di cultura (anche l'analfabeta). Separate il vecchio dalla comunicazione con coloro in cui crede di rinascere, e lo uccidete: un colpo di pistola sarebbe più rapido, e meno ipocrita. Perché la forma di eliminazione ora attuata (quella che il cardinal Martini ha chiamato «eutanasia attraverso l'abbandono») è mascherata dall'amore: spendiamo per i vecchi, quindi li amiamo. Va bene, ma una volta smascherato questo amore, bisogna fare un altro passo: le famiglie sono «costrette» a sbarazzarsi dei vecchi in quel modo, abbandonandoli o ricoverandoli, perché non hanno altra soluzione. Dove li tiene, i vecchi? A casa, da soli? Dove trova un infermiere che li assista, di giorno e di notte? E se lo trova, quanto costa? Il discorso sulla «eutanasia di massa» dei vecchi è giustissimo, coglie, dritto come una freccia, un bersaglio grosso; ma non vorrei che quella freccia si piantasse nella coscienza dei figli, operai, impiegati, professionisti a stipendio fisso, e simili: l'eutanasia non è una loro scelta, è una costrizione che subiscono. Sono chiusi in una morsa per cui, se trovano un'infermiera per il giorno e la notte, o anche solo per la notte, questa assorbirà il loro intero stipendio, e allora lasceranno scoperta la famiglia. E' una situazione che ricorda quella vetero-giapponese, quando i vecchi venivano portati su una montagna sacra dove morivano per le intemperie, il freddo, la neve, la pioggia, o mangiati dagli animali. L'ospizio è la nostra montagna sacra. Ma i vecchi giapponesi «volevano» finire Ferdinando Camon CONTINUA A PAGINA 2 PRIMA COLONNA