«Libere elezioni in Mongolia» di E. S.
«Libere elezioni in Mongolia» «Libere elezioni in Mongolia» Migliaia di persone manifestano a Ulan Bator MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il vento della protesta ha raggiunto anche Ulan Bator, capitale della Mongolia, il Paese del «socialismo reale» più legato tra tutti all'Urss. Migliaia di persone, sfidando una temperatura di 20 gradi sotto lo zero, hanno manifestato per l'intera giornata di domenica chiedendo riforme politiche ed economiche. Dall'inizio di dicembre c'erano già state altre due dimostrazioni di piazza, ma per la prima volta alcuni esponenti del neonato gruppo di opposizione «Unione democratica mongola» hanno preso la parola davanti alla folla ed hanno elencato una serie di richieste. Dalla demolizione della grande statua di Stalin che troneggia ancora nel centro della capitale, fino a libere elezioni senza più «ruolo guida» per il pc. E' stato chiesto anche un processo contro l'ex numero uno del Paese, Yuminjagunyne Tsedenbal, che fino al 1984 è stato a capo dello Stato e del Partito popolare rivoluzionario (questo è il nome del pc mongolo) e che adesso vive a Mosca. Ma le critiche hanno investito anche l'attuale leader, Jambyn Batmunkh, che pure sostiene di avere avviato una politica di «il tod», la versione mongola della «glasnost» di Gorbaciov. E' una politica di rinnovamento, soprattutto economico, che il nuovo movimento d'opposizione ha denunciato come troppo timido. Per l'Unione democratica è arrivato il momento di passi concreti: un «reale rispetto dei diritti dell'uomo», la «fine dei privilegi» e un referendum sull'introduzione di una «dose di economia di mercato». In realtà, la Mongolia, uno sterminato Paese (un milione e mezzo di chilometri quadrati abitati da meno di due milioni di persone) che fa da cuscinetto lungo gran parte del confine tra l'Urss o la Cina, ha sempre seguito le sorti politiche del «grande fratello» sovietico. Nata nel 1921, ha vissuto dagli Anni Trenta fino al 1952 sotto il pugno di ferro dello «Stalin mongolo», il maresciallo Horlughyn Shoybalsan. Poi ha attraversato 32 anni di «stagnazione» con Tsedenbal fino alla «svolta riformatrice» dell'84. La lega all'Urss un trattato di cooperazione valido fino al 2005, che assicura a Mosca un controllo stretto dell'economia mongola (dipendente all'80 per cento dalle importazioni dall'Urss) e che si concretizza anche nella presenza di 40 mila «esperti» sovietici. [e. s.] «Libere elezioni in Mongolia» «Libere elezioni in Mongolia» Migliaia di persone manifestano a Ulan Bator MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il vento della protesta ha raggiunto anche Ulan Bator, capitale della Mongolia, il Paese del «socialismo reale» più legato tra tutti all'Urss. Migliaia di persone, sfidando una temperatura di 20 gradi sotto lo zero, hanno manifestato per l'intera giornata di domenica chiedendo riforme politiche ed economiche. Dall'inizio di dicembre c'erano già state altre due dimostrazioni di piazza, ma per la prima volta alcuni esponenti del neonato gruppo di opposizione «Unione democratica mongola» hanno preso la parola davanti alla folla ed hanno elencato una serie di richieste. Dalla demolizione della grande statua di Stalin che troneggia ancora nel centro della capitale, fino a libere elezioni senza più «ruolo guida» per il pc. E' stato chiesto anche un processo contro l'ex numero uno del Paese, Yuminjagunyne Tsedenbal, che fino al 1984 è stato a capo dello Stato e del Partito popolare rivoluzionario (questo è il nome del pc mongolo) e che adesso vive a Mosca. Ma le critiche hanno investito anche l'attuale leader, Jambyn Batmunkh, che pure sostiene di avere avviato una politica di «il tod», la versione mongola della «glasnost» di Gorbaciov. E' una politica di rinnovamento, soprattutto economico, che il nuovo movimento d'opposizione ha denunciato come troppo timido. Per l'Unione democratica è arrivato il momento di passi concreti: un «reale rispetto dei diritti dell'uomo», la «fine dei privilegi» e un referendum sull'introduzione di una «dose di economia di mercato». In realtà, la Mongolia, uno sterminato Paese (un milione e mezzo di chilometri quadrati abitati da meno di due milioni di persone) che fa da cuscinetto lungo gran parte del confine tra l'Urss o la Cina, ha sempre seguito le sorti politiche del «grande fratello» sovietico. Nata nel 1921, ha vissuto dagli Anni Trenta fino al 1952 sotto il pugno di ferro dello «Stalin mongolo», il maresciallo Horlughyn Shoybalsan. Poi ha attraversato 32 anni di «stagnazione» con Tsedenbal fino alla «svolta riformatrice» dell'84. La lega all'Urss un trattato di cooperazione valido fino al 2005, che assicura a Mosca un controllo stretto dell'economia mongola (dipendente all'80 per cento dalle importazioni dall'Urss) e che si concretizza anche nella presenza di 40 mila «esperti» sovietici. [e. s.]
Persone citate: Gorbaciov, Horlughyn Shoybalsan, Stalin, Tsedenbal, Ulan, Ulan Bator
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