Materazzi cerca il bis di Massimo Gramellini

Materazzi cerca il bisAL FLAMINIO L'allenatore della Lazio ha preso gusto a battere le grandi Materazzi cerca il bis «Mister X», dopo aver superato il Napoli, vuol ripetersi contro ilMilan Odio e amore con Arrigo Sacchi, amico-rivale al corso di Coverciano ROMA. Si odiano, anzi, si amano. L'unica cosa su cui vanno d'accordo è nel dire che non vanno d'accordo su nulla. Eppure non provatevi a toccare il Pippo ad Arrigo o l'Arrigo a Pippo. Perché, come tutte le vere amicizie, la loro si chiude a riccio non appena qualche intruso cerca di esplorarne le crepe. Pippo Materazzi, allenatore della Lazio ammazza-Napoli; Arrigo Sacchi, allenatore del Milan ammazza-tutti: compagni di banco undici anni fa a Coverciano e di panca oggi al «Flaminio», in una partita che può profumare di zona-Uefa i sogni dei romani e di scudetto quelli dei campioni de! mondo. Quando si conobbero al super-corso di Allodi, Sacchi e Materazzi trovarono rapidamente un feeling basato sull'unione degli spiriti e la divergenza delle idee. «Lui mi diceva che bisogna pensare soltanto a vincere, a vincere e poi ancora a vincere» ricorda il buon Pippo, e potete immaginarvi quale effetto sinistro potessero sortire quei proclami spavaldi su un uomo mite e affezionato ai pareggi come lui, destinato a passare alla storia del calcio italiano col «totocalcistico» soprannome di «Mister X». Non crediate però che davanti agli «assolo» di Sacchi, Materazzi trangugiasse tutto a bocca chiusa: «Già allora avevo ben chiaro il mio modo di vedere il calcio, che era, ed è, ben diverso da quello di Arrigo. Ne discutevamo in continuazione, parando le obiezioni dell'altro: ognuno alla fine restava della sua idea, ma quelle chiacchierate interminabili mettevano alla prova la solidità delle nostre convinzioni, permettendoci di fortificarle e al tempo stesso di limare certe rigidità di impostazione». Finito il breve e magico momento delle costruzioni astratte, per entrambi è poi arrivato l'impatto con la realtà. Nessuno dei due ne è uscito con le ossa rotte: Sacchi, finora, ha avuto una carriera più sfavillante, ma Materazzi assicura di non essere geloso e aspetta l'amico come si fa fra vecchi compagni di liceo il giorno della cena per il decennale della maturità: «Con la differenza che oggi non ci sarà tempo per abbandonarsi ai ricordi. Non prima delle quattro e un quarto del pomeriggio, almeno. Fino ad allora c'è una partita da giocare e possibilmente da vincere». Contagiato dall'approssimarsi di Sacchi (ma se glielo chiedete lui vi risponderà di no), Materazzi dismette gli abiti della prudenza proprio quando nessuno oserebbe negargli il diritto di puntare, per una volta, allo 0-0. La Lazio che aspetta il Milan è solida nel morale ma ferita nell'organico: rinunciare in una partita così a Sergio, Di Canio e all'ex leardi è la disgrazia peggiore che il tecnico biancoceleste potesse augurarsi: «Vi dico subito che cosa perdiamo: i cross di Sergio, la fantasia di Di Canio e il dinamismo di leardi, che sarebbe stato l'uomo giusto per la marcatura più difficile, quella su Donadoni. Detto questo, mica mi fascio la testa, io: tanto per cominciare recupero due giocatori importan- ti come Sosa e Sclosa. E poi sto studiando da giorni la maniera migliore per opporci al Milan. In testa, e alla lavagna, la partita l'ho già giocata un'infinità di volte. Sacchi vorrà vincere, come sempre. E io pure, ci mancherebbe: con lui mi è andata male solo una volta in Coppa Italia, quando allenavo il Pisa. Ho un solo dubbio, a sinistra, fra Monti e Beruatto». Massimo Gramellini L'allenatore Pippo Materazzi

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