Barche, l'artigianato ormai non basta più di Irene Cabiati

Barche, l'artigianato ormai non basta più Le aziende italiane cercano partner all'estero Barche, l'artigianato ormai non basta più La notizia era nell'aria. E così l'ingresso della Rolls-Royce nei cantieri Riva, il gioiello della cantieristica italiana, non ha provocato grandi emozioni. Del resto, per mantenersi a quei livelli, le aziende devono dotarsi di strutture industriali nella ricerca, nella commercializzazione, nella finanza. Anche i cantieri Baglietto e altre cattedrali della nautica italiana sono entrati nell'orbita di strutture societarie più solide. L'artigianato, seppur di classe, non basta più. Ma vai la pena di dare uno sguardo a questo settore dell'industria. Un comparto importante capace di dare un contributo di rilievo alla bilancia dei pagamenti con un saldo commerciale positivo di 167 miliardi e che sta vivendo un vero e proprio boom dell'export: + 216% negli ultimi cinque anni, per un totale di 12.003 imbarcazioni destinate agli stranieri. Il problema per le nostre aziende è uno solo: l'ottica del lungo periodo per quasi tutti i cantieri rimane offuscata. Oggi si lavora, domani chissà. Soltanto alcune imprese relativamente grandi e proiettate sul mercato estero, le creatrici di yacht miliardari, possono programmare la produzione a tempi medi. Le altre vivono grandi incertezze. E nemmeno la riduzione dell'Iva disposta da Prandini ha finora dato grandi frutti. Dice il presidente dell'Ucina (Unione costruttori nautici), Aldo Ceccarelli: «Il settore della nautica da diporto è molto composito, passa dall'artigianato puro a quello industrializzato. Non abbiamo ancora la grande produzione in serie e forse non ci arriveremo mai, date le caratteristiche della do¬ manda». Come si compone la produzione dei cantieri italiani? Secondo il numero di unità prodotte nel 1988: battelli pneumatici (10.471); barche a motore (4286); barche a vela (323); secondo il valore, le posizioni si sovvertono: 158 miliardi per le barche a motore, 22 e mezzo per le barche a vela e 17 miliardi per i battelli pneumatici. L'industria nautica nazionale, che riunisce anche i produttori di accessori, motori e servizi complementari (assistenza, rimessaggio, noleggio), raggiunge un giro d'affari di 1500 miliardi e dà lavoro a 110 mila addetti. I nomi più noti? Le barche varate da Baglietto, Cantieri di Pisa, Ferretti, Abbate, Riva e altri non temono concorrenza. Sono aziende affermate sul mercato estero, come l'Azimut che per il '90 prevede un fatturato di 65 miliardi e che sta «confezionando» megayacht per arabi, giapponesi e americani. Fra i costruttori di barche a vela si sono affermati i Cantieri del Pardo (32 miliardi di fatturato nel 1989; 150 unità prodotte di cui un terzo destinate all'export). Uno degli stabilimenti più conosciuti è la Cornar che è impegnato da tre anni anche nella produzione di barche a motore (25 per cento): in tutto 180 imbarcazioni prodotte. Il cantiere di Forlì, che esce da una lunga crisi, si affaccia ottimista verso la nuova stagione nautica (si prevede un giro d'affari di 30 miliardi). Gli stranieri, comunque, avanzano. Non solo comprano le aziende più famose, ma hanno saputo sfruttare il disorientamento (legato al fisco) di alcuni anni fa. E così, rispetto all'83, le importazioni sono salite del 288% per un importo di 90 miliardi, più altri 142 legati ad accessori e motori. In tutto le barche importate sono ora 5833. «Sì — ammette Ceccarelli — il fenomeno si è accentuato a partire dal 1983, l'anno del redditometro. Mentre la produzione nazionale aveva bisogno di tempi lunghi per convertirsi alle fasce meno penalizzate dal redditometro, gli importatori disponevano, in tempi brevi, di modelli selezionati e già commercializzati». Cresce, infatti, l'import, soprattutto per i prezzi. La qualità di molti cantieri italiani costa molto cara. Fra gli appassionati di vela si è diffuso l'interesse per le barche estere (ne sono state importate circa 1300), in particolare francesi. La Beneteau è uno dei marchi più richiesti: leader mondiale nel settore vela, conta 180 miliardi di fatturato (almeno 4 miliardi in Italia), produce 2800 imbarcazioni all'anno. Dice l'importatore della barca francese, Massimo Mariotti: «I produttori italiani sono chiusi in un protezionismo assoluto. Gli imprenditori giocano su un mercato ristretto e non sono in grado di fare il grosso salto verso prodotti meno cari e a più vasta scala». Concorda Pierluigi Camiti importatore della Bayliner, il gruppo americano (34 mila miliardi di fatturato, 8 miliardi in Italia): «La cantieristica italiana è polverizzata, tanti cantieri che producono poche unità. E anche gli stabilimenti più prestigiosi, che raccolgono fatturati consistenti, riescono a produrre soltanto poche centinaia di barche all'anno. Anche l'isolazionismo influisce sui costi. La barca in Italia rappresenta spesso uno status symbol». Irene Cabiati

Persone citate: Abbate, Aldo Ceccarelli, Baglietto, Ceccarelli, Ferretti, Massimo Mariotti, Prandini, Riva, Rolls

Luoghi citati: Forlì, Italia