La piccola valanga

La piccola valanga Gli azzurri ancora ok: dopo Ghedina un altro giovane alla ribalta La piccola valanga Kurt Ladstaetter terzo nello slalom vinto dal tedesco Bittner Ma non basta: Moro è nono, mentre ricompare Toetsch (14°) schladminq DAL NOSTRO INVIATO Non è ancora una vera valanga, perché bisogna aver tempo e pazienza, ma le cose nostre nel circo stanno andando a meraviglia. Ed è importante che risultati ed esempio vengano dai giovani, che sono il domani azzurro ed il segnale che il lavoro paga, se i padri sono seri e i figlioli pieni di virtù. Giovedì la gloria era toccata a Christian Ghedina, 20 anni, secondo in libera, ieri il testimone è passato a Kurt Ladstaetter, 21 anni, terzo in slalom, e questi sono i ragazzi destinati a far compagnia a Tomba e, perchè no?, a rubargli magari un po' di spazio nel cuore dei tifosi, se dopo il podio arriveranno anche le vittorie che sono già nell'aria, lo sentiamo, e nella loro testa. Kurt Ladstaetter, in verità, ha compiuto fra i pali stretti della Planai di Schladming un'impresa straordinaria. Tredicesimo dopo una prima manche di rigidità e prudenza, con un ritardo di oltre un secondo e mezzo dal tedesco Roth, il ragazzo di Valdaora si è come liberato nella seconda, liberato da calcoli e paure, ed ha lasciato andare gli sci danzando forte e sciolto fra i pali. Ha fatto registrare il miglior intertempo, il migliore tempo di manche, è stato insomma e di gran lunga il migliore di tutti, persino di quel diavolo di Armin Bittner che ancora una volta, dopo Thredbo e Kranjska Gora, ha fatto arrabbiare Tomba portandosi a casa lo slalom e un pezzo di coppa di specialità, visto che Gstrein e Furuseth (che negli ultimi due anni non era mai uscito di gara) sono caduti nella prima discesa alla stessa porta, la decima: e dovevate vedere la faccia del norvegese che così è stato superato nella classifica generale da Zurbriggen, decimo nello speciale e primo nella combinata. La quale ha regalato punti a anche a Ghedina e Runggaldier, rispettivamente sesto e settimo. Resta da dire, prima di lasciare di nuovo il palcoscenico e i riflettori a Kurt Ladstaetter, del buon nono posto di Moro, partito con il numero 32, della sfortuna di Strolz, caduto come un pesce in padella a tre porte dall'arrivo quando aveva già vinto la gara, e della brutta seconda manche di quello stilista di Roth, un damerino, che un poco a sorpresa, in verità, stava al comando nella prima. «Adesso ho davvero capito che posso vincere» ha detto Kurt Ladstaetter con l'aria quasi di scusarsi per tanto ardire. Il primo podio della sua vita, le interviste, le foto, com'è bello diventare una stella. E poi la seconda discesa, con quegli otto decimi rifilati a Bittner, il migliore dopo di lui, non lasciano dubbi sugli effettivi obiettivi del giovanotto. Il quale, vale la pena di tentare un paragone che sa anche di augurio, sta seguendo quasi alla perfezione il cammino di Furuseth veiso la fama, in quel suo miglioramento costante che l'ha portato quest'anno, partendo con il numero 35 di pettorale, a conquistare due noni posti, un settimo, un sesto e un terzo. «E pensare che non mi hanno neppure portato in Australia», ha spiegato ieri con largo sorriso, il volto pieno di spigoli e asimmetrie, come la sua sciata nella prima manche. «I test erano stati negativi: insomma, non offrivo troppe garanzie». Ma lo diceva senza toni polemici, per carità, voleva solo far capire quanta strada ha fatto da allora, e quanta ne deve ancora fare prima di salire sul gradino più alto del podio. Lui, Konrad Kurt Ladstaetter, una sorella più grande che fa la segretaria di scuola, la madre casalinga, il padre paralizzato alle gambe dalla sclerosi multipla, una giovane vita dedicata allo sci. «Devo imparare a liberarmi della prudenza: ora sono nel primo gruppo e devo correre per vincere, in ogni senso», ha detto ancora ricordando gli inizi non facili della sua carriera, lui che ha solo 21 anni e può già raccontare un passato. «Un paio di stagioni fa, dopo aver vinto il mondiale junior di gigante, sono entrato nel giro azzurro: ma non ho combinato niente, e così ho dovuto dare un colpo di spugna e ricominciare daccapo». Bene, a quanto pare, e con nuovi stimoli: è chiaro che il lavoro impostato a tavolino da Helmuth Schmalzl e applicato sul campo da Stefano Dalmasso sta dando i suoi frutti. E' solo una battuta, ma forse date le circostanze sarebbe stato utile pure a Tomba allenarsi con la squadra, invece di cercare tranquillità, trovando però anche isolamento, nel suo sodalizio tecnico con Gustavo Thoeni. O forse era l'ombra lunga di Alberto con i suoi pericolosi paragoni che impediva agli altri azzurri di crescere e diventare finalmente grandi? Carlo Coscia La grinta di Ladstaetter

Luoghi citati: Australia, Ladstaetter, Valdaora