Marchesi e l'ingrato Maradona
Marchesi e l'ingrato Maradona A Udine si ritrovano l'argentino e l'allenatore che lo accolse cinque anni fa in Italia Marchesi e l'ingrato Maradona «Io l'ho smaliziato e ora lui mi farà soffrire» Due partite, due sconfitte esterne dell'Udinese contro Inter e Roma, dopo il cambio della guardia in panchina. Il presidente Pozzo ha scelto il momento sbagliato per il licenziamento di Mazzia? Magari quello giusto, dipende dai punti di vista. Se è stata una scelta di tempo meditata, ha sollevato il nuovo tecnico da responsabilità immediate. Non si poteva pretendere punti contro Trapattoni e lo scatenato Radice di questi tempi. La prossima, è la prima partita in casa dell'Udinese rifondata a livello tecnico. Terzo ostacolo e contro il Napoli: un'altra domenica a rischio. «Il rischio di restare a zero, nella mia gestione ancora agli inizi — dice Rino Marchesi — è pari alla possibilità di fare risultato e muoverci in classifica. Il momento è delicato ma non drammatico, l'ambiente è sereno, il tifoso è serio e capisce il momento. Certo, il Friuli ha avuto annate di fulgore e ora la differenza pesa. Ma non ci rompiamo la testa prima di giocare. Mancheranno Balbo e Garella, acciaccati. Anche De Vitis non è al meglio per un dolore a un piede. Ma la squadra crede in sé, già Mazzia dopo un inizio a zona era tornato al libero fisso e due marcatori. Io seguo le due strade, si può cambiare di partita in partita». Troverete un Napoli senza Careca, un vantaggio. «Non mi illudo, la squadra di Bigon ha dimostrato sinora di fare punti anche in situazioni difficili. Carnevale è un bell'attaccante, dall'84 all'86 la sua carriera ha trovato le basi proprio qui a Udine. Con una sola punta di ruolo, il Napoli avrà un centrocampo più folto e forte, un Maradona più avanzato. A proposito, giovedì Diego s'è allenato una seconda volta, per scelta sua, coi ragazzini: è fatto così, lo conosco bene». Maradona al suo arrivo in Italia, fine estate '84, è stato affidato all'allenatore Marchesi, che ricorda: «E' stata la mia ultima stagione delle quattro sulla panchina del Napoli. Quella delle più belle premesse e della conclusione più triste. Diego arrivò a Napoli portato da Carletto Juliano dopo l'estenuante trattativa durata 40 giorni, con viaggi andata e ritorno con Barcellona, telex, telefonate a getto continuo. Juliano è uomo capace e legato alla società e alla città come nessuno: siamo rimasti in ottimi rapporti. Con Maradona arrivò anche Bagni, insieme ponemmo le basi della squadra che doveva vincere poi lo scudetto. Purtroppo quella difesa era debole, s'era infortunato Marino. Venne rattoppata a novembre con l'arrivo di De Simone. Si migliorava, ma a gennaio Feriamo aveva già deciso: fuori Juliano e Marchesi, dentro Allodi e Bianchi. Malgrado tutto portai a termine la stagione con le ultime 17 partite a media scudetto, ma era tardi. Finimmo ottavi». Amarezze che Marchesi registra, senza rancori. «E' la vita». Aveva guidato il Napoli dall'80 all'82, terzo e quarto posto. Quindi un anno all'Inter, senza squilli. Ferlaino lo richiamò a metà stagione '83-84, dopo aver licenziato Santin. Momenti turbinosi, in meno di due anni sulla panchina azzurra si susseguirono Giacomini, la coppia Rambone-Pesaola, Santin. E il ritorno di Marchesi. «Fu la stagione più bella, la salvezza arrivò "col 12° posto. Poi l'estate di speranze e progetti, Maradona, Bagni e altri arrivi. Sapete come è finita». Maradona avversario, adesso, al Friuli. Come era stato il primo impatto con Diego? «Splendido, arrivava dalle polemiche di Barcellona con molta voglia di fare, di ubbidire, di essere utile. E tutta Napoli, come ricorderete, lo aveva accolto e applaudito proprio come un re». Ma sul campo, sotto il profilo tecnico, tutto semplice? «Abbastanza, solo qualcosa da rettificare. Ha cominciato giocando palla al piede, chiedendola, partendo da fermo per iniziare l'azione. Lo picchiavano molto. L'ho convinto che poteva difendersi col movimento senza pallone, con lo smarcamento, i rientri e gli affondo. Dopo, tutto è diventato più facile anche per lui. Lo aspetto per salutarlo, so che mi farà soffrire. Ma non è la prima volta, ci sono abituato». [b. p.] m Marchesi, da 15 giorni a Udine
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