Le contraddizioni del servizio sociale di Francesco Grignetti

Le contraddizioni del servizio sociale Le contraddizioni del servizio sociale In affidamento migliaia di detenuti mancano gli assistenti per seguirli ROMA. Nel 1987, il 10% della popolazione carceraria ( 1684 detenuti su 11.617 condannati presenti negli istituti di pena) ha ottenuto dai tribunali di sorveglianza di essere affidato al servizio sociale. Altri 3050 detenuti, invece, hanno visto rifiutata la loro richiesta. In base al regolamento carcerario, la cosiddetta «legge Gozzini», potevano beneficiare dell'affidamento agli assistenti sociali tutti i detenuti condannati a meno di tre anni di detenzione, purché avessero scontato almeno un mese di carcere in buona condotta. Il regolamento carcerario, in vigore da tre anni, infatti, ha ampliato di molto la possibilità per i detenuti di ottenere permessi-premio e «pene alternative» alla galera su cui decidono i tribunali di sorveglianza. Sono questi particolari collegi di giudici, infatti, a decidere sulle domande di affidamento al servizio sociale, di arresti domiciliari, di semilibertà, di liberazione anticipata o condizionale. Ma è vero che i giudici di sor¬ veglianza sono di manica larga? Nel 1987, oltre al migliaio di affidati al servizio sociale di cui s'è già detto, i tribunali di sorveglianza hanno deciso gli arresti domiciliari per 378 detenuti (869 le domande rifiutate); la semilibertà per 3415 (le richieste negate, 3222); e liberazione anticipata per 14.460 (quelle rigettate, 5829). Da oggi, poi, dopo il pronunciamento della Consulta che ha esteso i benefici della «Gozzini» anche a chi non è mai stato in carcere, saranno molti di più quelli che potranno scampare la prigione. Scorrendo la relazione del procuratore generale della Cassazione, Vittorio Sgroi, infatti, si desume che potrebbero beneficiare dell'affidamento al servizio sociale migliaia di condannati presenti negli istituti, e anche 46.226 condannati con sentenza definitiva (su un totale di 50.136). L'affidamento al servizio sociale dovrebbe servire, nelle intenzioni del legislatore, a «controllare la condotta del soggetto e aiutarlo a superare le diffi- colta di adattamento alla vita sociale, anche mettendosi in relazione con la sua famiglia e con gli altri suoi ambienti di vita». E tocca agli assistenti sociali dei penitenziari, insieme a quelli degli enti locali, vigilare sui condannati non più detenuti. Periodicamente devono presentare relazioni al magistrato di sorveglianza e quest'ultimo può revocare il provvedimento qualora il comportamento dell'affidato «appaia incompatibile con la prosecuzione della prova». Ma in pratica, gli assistenti sociali sono pochi e l'affidamento si trasforma spesso in un soggiorno dorato nella propria abitazione. Esiste poi una sorta di affidamento speciale per i detenuti tossicodipendenti e alcolisti, che possono decidere di sottoporsi a un programma disintossicante e chiedere ai giudici di essere scarcerati. Nel 1987, sono stati 303 i detenuti tossicodipendenti affidati agli assistenti sociali per consentire lo¬ ro di sottoporsi alle terapie disintossicanti e 176 quelli cui è stato negato il provvedimento. Per convincere i giudici, i richiedenti hanno dovuto allegare alla domanda il certificato di una struttura sanitaria pubblica che attestasse lo stato di tossicodipendenza e il programma delle terapie concordate con una Usi o con una delle tante associazioni specializzate. Anticipando la decisione della Consulta, per molti di questi detenuti non è stato necessario il periodo di «osservazione» in carcere che veniva richiesto a tutti gli altri. La legge, infatti, prevede che la domanda può essere presentata dal detenuto tossicodipendente in qualsiasi momento della carcerazione e che il pubblico ministero può anche decidere la scarcerazione in attesa delle decisioni del tribunale di sorveglianza. Spetterà poi al tribunale fissare l'udienza, nominare un avvocato d'ufficio quando il condannato ne sia privo e decidere. Francesco Grignetti

Persone citate: Gozzini, Vittorio Sgroi

Luoghi citati: Roma