«La mafia minaccia i parroci» di Enzo Laganà

«La mafia minaccia i parroci» Il Consiglio presbiteriale di Reggio Calabria denuncia: vogliono farci tacere «La mafia minaccia i parroci» Auto bruciate e intimidazioni dopo le prediche REGGIO CALABRIA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Negli ultimi mesi i sacerdoti reggini sono bersaglio di precise intimidazioni mafiose. Al contrario però del don Abbondio manzoniano, i sacerdoti di Reggio Calabria hanno denunciato immediatamente l'accaduto attraverso il loro consiglio presbiteriale dell'arcidiocesi, specificando anche che s'è trattato di «episodi di intimidazione e di violenza di chiara matrice mafiosa». L'unica prudenza usata è riscontrabile nell'aggettivo che ha definito gli episodi «incresciosi», e che invece, a quanto si è potuto apprendere, sarebbero ben più gravi e qualificabili ma anche preoccupanti perché non poco è quel che sembra. La minaccia più «prudente», infatti, è quella rivolta nei giorni scorsi ad un parroco di periferia che durante la celebrazione delle esequie di uno dei tanti morti ammazzati ha usato espressioni di dura condanna per «tutte quelle violenze che possono re¬ stare impunite dalla giustizia terrena ma non da quella divina». La sera stessa, per telefono, una voce anonima gli ha intimato: «Dovete finirla di parlare in questa maniera, ricordatevi che voi dovete fare solo il prete». Ben più gravi invece le intimidazioni ricevute nei mesi scorsi da don Antonio Iachino, responsabile della «Charitas diocesana» e parroco di Santa Maria del Lume al rione Pellaro. Da anni in prima linea nelle prese di posizione contro la mafia — è stato lui che ha parlato, a nome della Chiesa reggina, durante l'ultima manifestazione delle organizzazioni sindacali contro la delinquenza organizzata — gli hanno «rimproverato» non soltanto le sue prediche alle messe domenicali, ma anche alcuni scritti apparsi sul bollettino parrocchiale. Siccome don Iachino non ha dato molto ascolto ai tanti «consigli» di parrocchiani ed «amici», qualcuno a fine novembre ha pensato bene di sforacchiargli a fucilate la sua automobile, una Opel. Più recentemente è stata la volta di don Rosario Mangeruca, titolare della chiesa del Carmine ad Archi, uno dei rioni più «caldi» e pericolosi della città. Qualche settimana addietro gli è stata incendiata l'automobile, parcheggiata dentro il garage. Prima di lui «attenzioni» analoghe avevano avuto anche don Domenico Giacobbe e don Cosimo Latella, parroci rispettivamente a San Roberto, piccolo centro dell'entroterra a pochi chilometri dal capoluogo, ed a Favazzina, una frazione di Scilla. La lista forse è ancora più lunga ma in Curia non si sono voluti ricordare i singoli episodi («che sono stati comunque tutti denunciati» è stato specificato) e s'è posto invece l'accento sulla loro ripetitività che è stata collegata anche all'azione che la Chiesa del capoluogo sta portando avanti in questi ultimi anni con denunce, manifestazioni, iniziative clamorose come la messa solenne di riconciliazione di due anni addietro in cattedrale o la cosiddetta «tregua di Dio». Il Consiglio presbiteriale reggino (che rappresenta 135 sacerdoti) ha confermato questo suo «impegno in piena comunione con l'arcivescovo di continuare nell'azione pastorale già tracciata», ed ha intanto invocato «una mobilitazione delle coscienze perché siano recuperati i valori morali e sia instaurato un clima di serenità e di pace». Ma nello stesso tempo i sacerdoti di Reggio Calabria non hanno dimenticato di richiamare gli organi dello Stato al proprio dovere sollecitando «interventi decisi e concreti affinché il triste fenomeno mafioso sia stroncato alle radici». «Solo così nelle chiese di Pellaro il prete potrà predicare liberamente ed in quelle di Archi potrà opporsi a matrimoni clandestini di latitanti», ha commentato uno dei minacciati. Ma i tempi sembrano ancora lontani. Enzo Laganà

Persone citate: Antonio Iachino, Cosimo Latella, Domenico Giacobbe, Iachino, Rosario Mangeruca

Luoghi citati: Archi, Reggio Calabria, San Roberto