Risarcita dopo quarant'anni

Risarcita dopo quarant'anni Il Tar dà ragione a una messinese licenziata dal Comune: avrà mezzo miliardo Risarcita dopo quarant'anni Nel '49 fu rimossa dal posto di impiegata egli amministratori non motivarono la decisione «Ora dovrei essere riassunta, ma ho superato la settantina e molti soldi li dovrò dare alfisco» MESSINA. Dentro il sacco della Befana c'era un assegno da mezzo miliardo. Ma non si è trattato di una vincita alla lotteria. Concetta Alberti, settantuno anni, pensionata di Pace del Mela, piccolo centro della costa tirrenica messinese, quei soldi può ben dire di esserseli sudati. Sono il frutto di una battaglia legale durata quarant'anni che ha visto l'anziana donna opporsi al Comune di Mistrotta che la licenziò ingiustamente nel lontano 1949. La bella notizia è arrivata in casa di Concetta Alberti proprio nel giorno dell'Epifania. Una telefonata dell'avvocato, la realizzazione di una speranza coltivata per tanti anni. In seguito a una sentenza del tribunale amministrativo regionale, confermata dal consiglio di giustizia amministrativa, il Comune di Mistretta dovrà pagare tutti gli emolumenti dovuti alla donna. Stipendi, indennità, danni morali e materiali. In tutto circa 471 milioni, di cui 213 come credito originario e 258 per interessi legali sulla somma riva¬ lutata. In più il Comune dovrà pagare gli oneri previdenziali, pari a un altro centinaio di milioni. Insomma, una vittoria su tutto il fronte per Concetta Alberti che, tuttavia, ha un piccolo rimpianto: quello di non poter tornare al lavoro. Infatti, anche se la sentenza del Tar stabilisce, assieme alle altre cose, la riassunzione dell'impiegata e la ricostruzione della sua carriera, Concetta Alberti ha già abbondantemente superato il limite di età per i dipendenti comunali. E si dovrà accontentare dunque degli stipendi non percepiti. I tempi della giustizia non sempre coincidono con quelli di un'esistenza. «E' davvero un peccato non potere tornare al mio posto di lavoro — si rammarica la donna —. A questa vicenda ho dedicato più di metà della mia vita. Ho dovuto subire umiliazioni, spendere un sacco di suldi per avvocati. E tutto per il capriccio di non so bene chi». La storia di Concetta Alberti si inizia nel 1949. Sono anni difficili, la guerra è finita da poco. Avere un lavoro fisso non è privilegio di molti. La giovane Concetta ha trovato un impiego al municipio di Mistretta, un centro dei monti Nebrodi a un centinaio di chilometri da Messina. Ma un brutto giorno il Consiglio comunale si riunisce e prende la decisione di licenziarla. Dietro il provvedimento non c'è una motivazione precisa. Forse un malinteso, forse la vendetta di qualche superiore. Concetta Alberti comincia la sua battaglia a colpi di carta bollata. Passano 35 anni prima che il Tar di Catania, competente per la Sicilia orientale, emetta una sentenza con la quale si dispone la riassunzione in servizio della dipendente licenziata e il pagamento degli stipendi non corrisposti. Ma il Comune di Mistretta non ne vuol sapere di pagare. La sentenza non viene eseguita. La Regione è costretta a inviare a Mistretta un commissario ad acta. E' il dottor Giuseppe Canto, funzionario della Commis¬ sione provinciale di controllo di Messina. Solo dopo quest'intervento la signora Alberti ottiene il riconoscimento atteso da tanti anni. Il provvedimento viene notificato al sindaco di Mistretta e all'Ufficio di ragioneria del Comune, nonché all'assessorato regionale agli enti locali. Ma, prima che arrivino i soldi, la donna dovrà forse rimuovere ancora qualche ostacolo. Il Comune di Mistretta, infatti, non sa dove prendere tutto questo denaro. E, anche se in base al provvedimento del commissario ad acta i soldi dovranno essere versati immediatamente, sindaco e amministrazione comunale sembrano decisi a chiedere una proroga. Ma le nuove difficoltà non sembrano impensierire Concetta Alberti. «Sapevo che l'avrei spuntata, che le mie ragioni alla fine sarebbero prevalse. Ma nessuno pensi che siano rose e fiori. Ho fatto qualche conto. Molti di quei soldi se li prenderà il fisco». Nino Amante

Persone citate: Concetta Alberti, Nino Amante