«S. Paolo all'asta per pagare i Mondiali» di Fulvio Milone

«S. Paolo all'asta per pagare i Mondiali» Provocatoria proposta di un assessore: solo così potremo finanziare la ristrutturazione dello stadio «S. Paolo all'asta per pagare i Mondiali» // Comune di Napoli è indebitato e non può contrarre mutui Ma i lavori di Italia '90 richiedono subito 140 miliardi NAPOLI. Succede proprio come in quegli antichi casati decaduti, dove il rampollo «degenere» finisce col vendere quadri e terreni per arginare 1 assalto dei creditori. Questa volta le «peco- • re nere» abitano nel Palazzo San Giacomo, sede del Municipio. Il loro portavoce è Salvatore Scognamiglio, 44 anni, repubblicano, assessore al Provveditorato Generale. Tra il serio e il faceto lancia la sua proposta: «Il Comune affoga nei debiti: qui mancano : soldi per pagare luce, acqua e telefono, figuriamoci i lavori per i Mondiali di calcio. A questo punto vendiamoci il patrimonio pubblico, e non ne parliamo più. Abbiamo tante caso, terreni, chiese sconsacrate... Anzi, direi che Napoli, per pagarsi la sua razione di Italia '90, potrebbe cominciare a mettere all'asta proprio lo stadio San Paolo». Sembra una provocazione, e forse lo è, almeno in parte. «Ma a pensarci bene non sarebbe il peggiore dei modi per mettere la parola fine a quell'autentico psico-dramma intitolato ai Mondiali e, più in generale, alle finanze municipali», commenta l'assessore. A sei mesi dall'inizio della kermesse calcistica, non si sa ancora come e quando saranno completati i lavori dentro e fuori dallo stadio. Le casse del Comune sono completamente a secco. Come se non bastasse, l'amministrazione non può più contrarre mutui: la Cassa depo¬ siti e prestiti le ha chiuso la porta in faccia, sostenendo che l'ente locale ha già toccato il tetto massimo dell'indebitamento, fissato in 180 miliardi. Il costo per la ristrutturazione interna ed esterna al San Paolo è di 140 miliardi. Altri 250 ne occorrono per realizzare la linea tranviaria rapida, che dovrebbe collegare U centro della città con lo stadio: un'opera troppo spesso celebrata, ma sulla cui realizzazione pochi oggi sono disposti a scommettere. A cominciare dal sindacato, che comincia a fare la voce grossa. «L'interruzione dei finanziamenti sarebbe un dramma per i lavoratori e per la città — avverte Ciro Crescentini, della Cgil —. Non vorrei che Napoli vivesse altri momenti di tensione, con l'eventuale licenziamento di centinaia di edili». Salvatore Varriale, assessore de alle finanze, è costretto ad assumere il ruolo scomodo del pendolare: da una settimana va e viene da Roma nella speranza, come egli stesso dice, «di individuare con la collaborazione dei responsabili della Cassa depositi e prestiti una soluzione tecnica del problema». L'ultima riunione risale a ieri mattina. Altri incontri si svolgono in queste ore nell'ufficio del prefetto di Napoli Angelo Finocchiaro. Se dovessero risolversi in un nulla di fatto? Varriale allarga le braccia: «Spero di avere una risposta positiva, altrimenti finiremmo davvero nei guai. La sola alternativa sarebbe un decreto legge del governo, per ottenere una deroga ài famoso tetto dei cent ottanta miliardi. Confidiamo nella buona volontà di qualche ministro disposto a darci una mano». Ma, assessore, com'è possibile che solo oggi il Comune si accorga dell'eventualità che Italia '90 non passi per Napoli? «Non lo chieda a me: sono in carica da appena due settimane». Tra i più preoccupati sul futuro dei Mondiali rimane Salvatore Scognamiglio, altro esponente di una giunta pentapartito da sempre sull'orlo della crisi politica, e convinto fautore della vendita dei «beni di famiglia». «Andiamoci piano — dice —: io non sono scettico sul futuro di Italia '90 a Napoli: certamente si troverà ima soluzione. Diciamo piuttosto che ritengo sbagliata la strada imboccata dai miei colleghi in cerca dell'ennesimo prestito. Accendere nuovi mutui, ammesso che ciò sia possibile, significherebbe dover far fronte ad altri creditori, come se non bastassero quelli che già abbiamo». Scognamiglio dice che la storia infinita dei finanziamenti per i Mondiali ha fatto passare in secondo piano problemi gravi e della massima urgenza. «Dovremmo pensare anche all'ordinaria amministrazione, che in questa città è un puro miraggio», dice, e snocciola le cifre di un crack finanziario che sarebbe spaventoso, se riguar- dasse un'industria privata. I debiti fuori bilancio accumulati l'anno scorso dal Comune ammontano a 365 miliardi; per quest'anno è previsto un buco di 600 miliardi. Le municipalizzate sono pozzi senza fondo: l'Atan, l'azienda dei trasporti pubblici, prevede un deficit di 130 miliardi. «Lo stesso stadio San Paolo ci costa l'ira di Dio — aggiunge Scognamiglio —, perché la società Calcio Napoli non paga il fitto: Ferlaino do¬ vrebbe darci dieci miliardi. Intanto l'amministrazione non è in grado di acquistare cibo per gli ospizi, o di pagare le bollette dell'Enel e della Sip». L'assessore avverte: occorrono interventi drastici, se il Municipio non vuole fallire. «Potremmo chiedere ancora una volta l'elemosina al governo, o racimolare un po' di spiccioli stanando gli evasori fiscali, ma non risolveremmo niente. L'unica alternativa è attingere al patrimonio comunale. Dovremmo cominciare con la vendita dei beni degli enti disciolti, o liberandoci dei lasciti: una quantità di palazzi e terreni, alcuni dei quali in Calabria e in Puglia. Allora sì che faremmo un bei po' di soldi». Quanti? «Nessuno può dirlo: che io sappia al Palazzo San Giacomo non è mai esistito un inventario completo dei beni del Comune». Fulvio Milone Lo stadio partenopeo che rischia di essere venduto per finanziare i lavori di ristrutturazione

Persone citate: Angelo Finocchiaro, Ciro Crescentini, Ferlaino, Salvatore Scognamiglio, Salvatore Varriale, Scognamiglio, Varriale