Cresce la rabbia azera

Cresce la rabbia azera UNIONE SOVIETICA Installazioni militari distrutte anche al confine turco Cresce la rabbia azera Lelzvestia: «LasìUtazionein Azerbaigian oraè diventata esplosiva» I nazionalisti chiedono l'abolizione del controlli e l'unione con l'Iran MOSCA. I disordini scoppiati la settimana scorsa al confine tra l'Azerbaigian sovietico e l'Iran si sono estesi alla frontiera con la Turchia: lo ha riferito ieri il quotidiano governativo Izvestia, secondo cui «la situazione è divenuta esplosiva». I disordini erano scoppiati il 31 dicembre, quando migliaia di azeri avevano attaccato e distrutto le strutture frontaliere lungo il confine tra l'Iran e la Repubblica autonoma di Nakhicevan, che fa parte della Repubblica federata dell'Azerbaigian. L'altro ieri, secondo il.giornale, una folla di azeri si è radunata davanti ad un ponte sul fiume Araks, nella stretta fascia di confine che la regione ha in comune con la Turchia, lanciando un ultimatum ai militari: lasciare le posizioni entro 20 minuti. «La situazione è divenuta esplosiva, ed i soldati hanno deciso di lasciar passare (la folla) per evitare un bagno di sangue — scrivono le Izvestia — un minuto più tardi le fortificazioni per circa 200 metri lungo il confine con la Turchia sono state distrutte». Di religione musulmana sciita e di razza e lingua turche, gli azerbaigiani hanno dato vita ad un movimento nazionalistico dopo l'apertura del conflitto etnico con gli armeni, di antica tradizione cristiana. Nel febbraio del 1988, infatti, nella regione del Nagorny-Karabakh, abitata all'80 per cento da armeni, iniziò un'ondata di protesta per chiedere il ritorno dell'enclave alla Repubblica armena, dalla quale il Karabakh era stato separato nel 1923. Nei giorni tra il 31 dicembre ed il 3 gennaio praticamente tutte le strutture di frontiera tra la Repubblica autonoma di Nakhicevan e l'Iran erano state distrutte, e solo la ristretta fascia di confine con la Turchia era rimasta intatta. «Ora, di fatto, tutte le fortificazioni sul territorio della Repubblica di Nakhicevan sono state distrutte», scrive il quotidiano. Nei comizi tenuti a Bakù, la capitale azera, negli ultimi giorni dell'anno passato, quella dal primo al 7 gennaio era stata definita «la settimana della frontiera». Gli azerbaigiani chiedono l'abolizione dei controlli e l'unificazione con l'Azerbaigian iraniano. In Iran, infatti, vivono oltre cinque milioni di azeri, che tuttavia non vedono riconosciuta la propria identità nazionale. L'attacco alle frontiere ha provocato una differenziazione delle posizioni all'interno del Fronte popolare dell'Azerbaigian, l'organizzazione che da un anno guida la protesta degli azeri e la lotta per la sovranità nazionale. L'ala democratica del fronte, infatti, ha condannato l'azione come «provocatoria». Bakù, intanto, è stata chiusa agli stranieri, in particolare ai corrispondenti accreditati a Mosca. La settimana scorsa il telegiornale nazionale sovietico Vremia aveva mostrato decine di chilometri di reti metalliche distrutte lungo la frontiera con l'Iran e numerose torrette di avvistamento bruciate. «La frontiera continua ad essere una zona di conflitto», concludono le Izvestia. {Ansa]