La «via baltica» di Gorbaciov

La «via baltica» di Gorbaciov Democratizzazione avanzata e fìtti scambi con i vicini: Lituania, Estonia e Lettonia possono diventare un modello La «via baltica» di Gorbaciov Le tre Repubbliche sono un test della perestrojka HELSINKI NOSTRO SERVIZIO Da una parte e dall'altra del Baltico i giudizi concordano: è stata proprio la politica di apertura di Michail Gorbaciov a permettere alle Repubbliche baltiche, incorporate a forza nell'Unione sovietica nel 1940, di riannodare negli ultimi due anni i legami con la Finlandia, la Svezia e la Danimarca. Per secoli, questi Paesi hanno spesso diviso la medesima storia, la medesima cultura, '.e medesime tradizioni. Poi c'è dato quello che ora viene definito il «periodo di stagnazione», cinquantanni di silenzio imposti dalla seconda guerra mondiale, Stalin e i suoi successori. Un'assenza di contatti quasi totale alla quale svedesi e finlandesi si erano rassegnati per paura di suscitare la diffidenza del Cremlino. Ed ecco che dopo questa lunga parentesi — la «sindrome baltica» — è arrivato il momento in cui i «cugini» possono riabbracciarsi. Sovietici e scandinavi rilasciano visti a migliaia — e senza difficoltà. Le domande sono tante che la Svezia, seguendo l'esempio della Finlandia, all'inizio dello scorso dicembre ha aperto a Tallin, capitale dell'Estonia, una succursale del consolato generale di Leningrado, travolto dal lavoro. E presto faranno la stessa cosa a Riga, in Lettonia, quindi a Vilnius in Lituania. Nel 1989 circa trentamila baltici, soprattutto estoni, sono andati in Finlandia: dieci volte più dell'anno precedente! Forniti di un invito, facile da ottenere, hanno soggiornato là due o tre settimane. Per la maggior parte di loro era il primo viaggio all'estero. Arrivano comunque in un Paese che in qualche modo già conoscono, perché nel «periodo della stagnazione» guardavano ogni giorno la televisione finlandese — le due lingue sono simili — e vedevano il livello di vita dei loro vicini aumentare regolarmente mentre il loro regrediva — e continua a regredire. Questa brusca «invasione» non piace però a tutti i finlandesi, soprattutto alla polizia: negli ultimi mesi molte case sono state svaligiate — e in questo aumento di furti sono implicati alcuni estoni. Attualmente ogni settimana molte delegazioni delle Repubbliche baltiche sbarcano a Helsinki, Stoccolma e Copenaghen. E' chiaro che per l'Estonia, la Lettonia e la Lituania, che cercano più o meno coraggiosamente di sbarazzarsi del giogo economico e politico sovietico, Scandinavia e Finlandia rappresentano la «prima porta» occidentale. I Paesi baltici contano di vincere la sfida di questa famosa «autonomia finanziaria» accordata da Mosca a partire dal 1990 innanzitutto attraverso una cooperazione regionale con queste nazioni a forte tradizione socialdemocratica, ma sostanzialmente capitaliste. Le delegazioni vanno a proporre nuovi scambi culturali, la creazione di società miste, perfino un sostegno politico alle loro rivendicazioni indipendentiste. I baltici hanno sete di contatti. A Stoccolma e a Helsinki, difatti, di fronte a tanto entusiasmo sembra prevalere la Realpolitik. Il calcolo è semplice: la creazione di rapporti politici troppo stretti con le Repubbliche baltiche potrebbe, nell'eventualità di un ritorno del bastone al Cremlino, ritorcersi contro la Svezia e la Finlandia, sospettate allora di aver voluto aiutare i loro vicini a uscire dalla federazione sovietica. La loro neutralità riscbierebbe d'essere contestata e né l'una né l'altra desiderano una crisi con Mosca. La recente proposta di Gorbaciov di aprire un dialogo tra il Consiglio nordico (che raggruppa Svezia, Finlandia, Norvegia, Danimarca e Islanda) e il Soviet supremo ha ricevuto un'accoglienza tiepida, così come il progetto di eliminare i visti tra la Finlandia e l'Urss. Anche la proposta di ammettere i baltici all'interno del Consiglio nordico, o di accordare loro lo stato giuridico di osservatori, non manda in visibilio nessuno. «Perché non concedere gli stessi privilegi alla Scozia e allo Schleswig-Holstein? Anche loro sono nostri vicini...» ironizza un diplomatico. Il futuro dei riformatori a Mosca è giudicato incerto e dunque alle grandi dichiarazioni di solidarietà politica si preferiscono i piccoli passi e i progetti concreti Danesi, svedesi e finlandesi, che da una decina d'anni fanno sforzi considerevoli lungo il litorale per limitare gli scarichi tossici nel mare, si rendono conto che questi sforzi sono inutili se «dall'altra parte» si continua a ignorare il proble¬ ma. Sarebbe più saggio, dicono alcuni, investire ad esempio a Riga — una città di un milione di abitanti — che non ha nessun impianto di depurazione delle acque nere! In tutti i campi, i contatti si moltiplicano. Negli ultimi mesi, una trentina di comuni svedesi ha adottato sull'altra riva del Baltico altrettante città estoni e lettoni. Attraverso questi gemellaggi «interessati» sperano di aiutare le loro società a trovare spazio su questi «nuovi mercati». Per il momento ci si accontenta di organizzare concerti rock, spettacoli di danza popolare e seminari «per conoscersi». Se Mosca si prepara a concedere l'«autonomia finanziaria» alle Repubbliche baltiche e in certo modo dà il via libera per riallacciare i legami con i Paesi scandinavi, ha le sue ragioni, spiega il direttore dell'Istituto baltico, Ivo Iliste: «Gorbaciov ha capito che non si può realizzare la perestrojka nella Transcaucasia, in Asia centrale o in Siberia. Dove può riuscire, se non nei Paesi baltici, dove il processo di democratizzazione è già più avanzato che altrove? Con i loro contatti diretti con l'Occidente e con due Paesi industrializzati e neutrali come la Svezia e la Finlandia, l'Estonia, la Lettonia e la Lituania possono diventare dei modelli di ciò che si dovrebbe fare in Urss». Questa cooperazione ha però i suoi limiti: il sistema economico sovietico è incompatibile con il sistema occidentale, le tecnologie e i metodi di produzione sono superati. Dopo una fase di entusiasmo e di romanticismo, l'abbraccio fra cugini dev'essere concretizzato. Per fare affari, si dice pacatamente nelle capitali scandinave, occorre innanzitutto avere a disposizione una solida infrastruttura, linee di telefono e di telex affidabili, mezzi di trasporto rapidi. E per il momento queste infrastrutture non ci sono. Alain Debove «Le Monde» e per l'Italia «La Stampa» rbaciov t della perestrojka non nei Paesi processo di demè già più avanzCon i loro contl'Occidente e codustrializzati ela Svezia e la Finia, la Lettonipossono diventdi ciò che si dUrss». Questa coopei suoi limiti: il mico sovietico Il classico stile tedesco del centro di Tallinn in Estonia. I Paesi baltici sono il test per le riforme di Gorbaciov

Persone citate: Alain Debove, Gorbaciov, Holstein, Ivo Iliste, Michail Gorbaciov, Stalin