«Alla Romania chiedo stabilità» di Guido Rampoldi

«Alla Romania chiedo stabilità» Ma Shevardnadze ha lasciato il Fronte libero sulla formula: mono o pluripartitismo «Alla Romania chiedo stabilità» In cambio, forse, aiuti economici Frontiera aperta con la Moldavia BUCAREST DAL NOSTRO INVIATO Mosca saluta la fine della dittatura di Ceausescu con un entusiasmo che rivela quanto il nuovo gruppo dirìgente romeno, espresso dal Fronte di salvezza nazionale, sia gradito ai sovietici. «Ogni volta che parlavo con Ceausescu tornavo con sentimenti sgradevoli», racconta ai giornalisti il ministro degli Esten sovietico, Editarci Shevardnadze, in visita a Bucarest. Ed elogia questa «sollevazione spontanea» che ha tolto di mezzo, con il Conducator, una mina vagante nel Patto di Varsavia e un intralcio nei fori internazionali alla politica della «casa comune». Quanto poi all'assetto istituzionale che la Romania si darà, ufficialmente l'Urss non ha preclusioni: « Monopartitismo o pluripartitismo, la questione attiene al popolo romeno. Ne rispetteremo le decisioni». Però ciò che a Mosca preme è la stabilità politica. Da qui un consiglio che probabilmente è anche una condizione: «Le elezioni — dice Shevardnadze — dovranno assicurare - le basi della stabilità per il regime democratico e per lo sviluppo del Paese». La decisione del Fronte di presentarsi alle consultazioni, essendo nella situazione ideale per stravincerle, sembra già una risposta alla richiesta sovietica. Quella soluzione sta sollevando perplessità in Occidente, le proteste dei neonati partitini romeni, che entro aprile non avranno il tempo di organizzarsi e di contrastare realmente il Fronte, e adesso anche un interrogativo: è stata una scelta concordata con Mosca? Dopo la caduta di Ceausescu vi sono stati incontri tra diplomatici dell'ambasciata sovietica e il Fronte, il cui nucleo è composto da generali dell'Armata e da comunisti di matrice «moscovita» emarginati da Ceausescu. Shevardnadze tiene però a respingere il sospetto di una regia sovietica, più volte adombrata in questi giorni. Adesso l'aiuto sovietico alla disastrata economia romena sembra legato a quella «stabilità» che Mosca richiede. Non è chiaro se nei colloqui di ieri con il presidente del Fronte, Ion Iliescu, e con il capo del governo, Roman, Shevardnadze abbia accolto la pressante richiesta di aumentare le forniture di gas, energia elettrica e petrolio. Bucarest però ha ottenuto di rifornì ulare lo scambio commerciale: non pagherà più Mosca in derrate alimentari, necessarie al Fronte per sfamare i romeni dopo gli anni di restrizioni imposte da Ceaucescu. Inoltre la stabilità preme ai sovietici anche in relazione all'esplosiva questione della minoranza di etnia romena nella Repubblica sovietica della Moldavia, una popolazione che negli ultimi mesi ha richiesto in grandi manifestazioni il rispetto della propria autonomia. Nei giorni della rivoluzione, di qua e di là dalla frontiera, sarebbe nato un movimento per chiedere la riunificazione dei romeni e del loro territorio storico, inclusa quella parte inglobata dall'Urss dopo l'ultima guerra mondiale. Shevardnadze in proposito ha.escluso una retti¬ fica dei confini, ma non la possibilità di creare un sistema di «frontiera aperta». La tempestiva visita di Shevardnadze e il clima amichevole in cui si è svolta ha chiuso il periodo del gelo tra Mosca e Bucarest e avviato una nuova fase nella quale, ha detto il ministro degli Esteri sovietico, si tratta di ripensare tutti i rapporti tra i due alleati. L'Urss si affida al Fronte, che sostituisce il pc nel ruolo d'unico interlo¬ cutore di Mosca. Allo stesso tempo, caduto anche l'ultimo regime che si definiva comunista, nasce il problema di trovare una nuova legittimazione al Patto di Varsavia: non è più l'ideologia, dice Shevardnadze, ma «il contesto geo-politico e gli interessi nazionali». Ma questo implica la necessità, aggiunge Shevardnadze in un'intervista alla tv romena, di ripensare il Patto, nelle intenzioni sovietiche avviato a trasformarsi in un organismo di consultazione politica, o nell'abbozzo di un coordinamento per gestire in Europa Orientale il periodo della transizione post-comunista. In questa dimensione internazionale, la fine di Ceausescu libera da un peso la strategia europea di Mosca. Shevardnadze adesso si attende positivi sviluppi nei fori del dialogo europeo, dove Ceaucescu faceva il sabotatore; «Ora tutti i segnai' sono a favore della Conferenza Europea». Se i rapporti tra la Romania, l'Urss e l'Occidente entrano in una fase nuova, le relazioni tra Bucarest e alcuni interlocutori di Ceaucescu nel Terzo Mondo sono adesso in tensione. Al numero 19 del viale Anna Ipatescu, l'ambasciata libica è da giorni vuota; secondo i vicini, il personale per f*ran parte si è volatilizzato nei giorni della rivoluzione. Il Fronte rifiuta di confermare se tra «i terroristi in apparenza di nazionalità straniera» uccisi negli scontri vi fossero anche libici. I sospetti sulla Libia sono alimentati dagli intensi rapporti che esistevano tra Bucarest e Tripoli. Si racconta tra l'altro di un viaggio di Gheddafi a Bucarest durante il quale sarebbe stato ucciso, ufficialmente in un incidente di caccia, un famigliare del dittatore libico. Guido Rampoldi Ion Iliescu (a sinistra), riceve Shevardnadze (al centro) nei primi colloqui russo-romeni dopo la rivoluzione di Bucarest