QUESTO DIBATTITO INUTILE

QUESTO DIBATTITO INUTILE LA PENA DI MORTE QUESTO DIBATTITO INUTILE E, davvero incredibile che dopo le dichiarazioni infelici e inopportune, anche se umanamente comprensibili, dell'on. Forlani, si sia scatenato per l'ennesima volta nel nostro Paese il dibattito sulla pena di morte, in cui si vanno ripetendo da una parte e dall'altra sempre gli stessi argomenti prò e contro, come se il tema non fosse già stato sviscerato in centinaia di congressi, trattato in centinaia di libri, discusso e ridiscusso in innumerevoli e ormai persino stucchevoli tavole rotonde. Ho detto «umanamente comprensibili», perché di fronte a uno dei delitti più abietti, il sequestro di persona a scopo di estorsione, che richiede una preparazione meticolosa per rendere possibile il sequestro, e quindi una lunga e testarda premeditazione, e dopo il sequestro l'esercizio di una violenza continuata per mesi ed anni sulla vittima, e quindi una totale insensibilità di fronte alla sofferenza altrui, un delitto che può essere compiuto solo dai più spregevoli fra gli uomini, in cui anche l'ultima scintilla di umanità sia ormai spenta, può capitare a tutti di avere una reazione emotiva che induca a esclamare: «Uccideteli!». Non lo nascondo, l'ho avuta anch'io, che ho esposto più volte pubblicamente la mia opinione storicamente e razionalmente documentata contro la pena di morte. Apparentemente la reazione emotiva comune viene giustificata con l'argomento, a dire il vero discutibile, che la pena di morte abbia un valore intimidatorio maggiore che una lunga pena detentiva. In realtà, la motivazione reale è ben più profonda ed eticamente forte che non quella utilitaristica della dissuasione. Questa ragione profonda sta nel principio retributivo, secondo cui chi uccide, specie poi quando l'ufccisione è premeditata e crudele, ha perso il diritto di continuare a vivere nel consorzio degli uomini. Il diritto alla vita non è un diritto gratuito: occorre meritarselo. Il principio generale «Non uccidere» vien meno in questi casi estremi perché, secondo la teoria retributiva, l'uccisione di un omicida efferato non è più l'uccisione di un uomo, ma di un essere che ha rinunciato di sua volontà a essere trattato da uomo. Tra l'altro, in questa visione della pena lo Stato non c'entra nulla. La pena di morte sarebbe richiesta non dallo Stato ma dalla società nel suo complesso. Siamo noi membri di quel corpo organico, che è la società di persone destinate a vivere insieme, a richiedere la eliminazione anche cruenta di un membro infetto. Così non c'entra niente il rispetto dello Stato di diritto, come mi è accaduto di ascoltare più volte in questi giorni d'incredibile confusione d'idee e di concetti: lo Stato di diritto verrebbe messo in questione se qualcuno chiedesse l'uccisione del delinquente senza processo. Lo Stato di diritto ha a che fare con le modalità con cui viene comminata la pena, non con la natura della pena. Fatte queste osservazioni per spiegare perché, nonostan- Norberto Bobbio CONTINUA A PAGÌNA 2 PRIMA COLONNA

Persone citate: Forlani, Norberto Bobbio