Morto Brighenti, il «pilota» di Tornese di Angelo Conti

Morto Brighenti, il «pilota» di Tornese Aveva 68 anni e sino all'87 aveva gareggiato nelle piste di tutto il mondo: poi una coraggiosa denuncia sul «marcio» dell'ippodromo di San Siro Morto Brighenti, il «pilota» di Tornese //più amato driver del trotto si era imposto in 5115 corse E' morto il «pilota». Sergio Brighenti, il più popolare e carismatico driver del trotto italiano, si è spento giovedì pomeriggio a Milano per collasso cardiocircolatorio, al termine di una lunghissima malattia. Aveva vinto 5115 corse, su tutte le piste del mondo, ed ottenutoci mila piazzamenti. Le sue imprese con Tornese e con Delfo sono fra le pagine più intense della nostra ìppica. Brighenti era nato a Castelnuovo Sotto (Reggio Emilia) il 25 maggio 1921. Sposato con Anna Campodonico, aveva due figli, Maurizio ed Elisabetta. La salma sarà tumulata a Roma, la grossima settimana, nella toma di famiglia. La sua carriera di guidatore cominciò prestissimo, nel 1939, a 18 anni. La passione per i cavalli lo aveva assalito qualche anno prima quando sua madre, rimasta vedova, si risposò con Paolo Jemmi, allenatore e gui¬ datore bolognese. A 16 anni arrivò a San Siro, a 18 esordì. Alla fino della guerra riprese l'attività e nel 1948 si piazzò secondo nella classifica nazionale driver, tra Ugo Bottoni e Romolo Ossani. Fu l'inizio di un periodo eccezionale: nel '50 con Altissimo vinse Derby, Nazionale e Giovanardi. Nel '55 arrivò allo scudetto dei driver, anche grazie ai successi di Oriolo ed Assisi. Nel 1957, dopo il «divorzio» con la fiorentina scuderia Kyra, cominciò a guidare Tornese. Negli anni successivi fece incetta di gran premi. E il primo gennaio del 1963, sotto la neve, Milano festeggiò l'abbandono dalle corse del mitico sauro con una cerimonia indimenticabile: Brighenti e Tornese sfilarono per le vie del centro, applauditi da una folla incredibile. Prima di arrivare al 1987, anno del definitivo ritiro dalle corse (ma già dall'80 ave¬ va molto diradato i suoi impegni), altre vittorie celebrarono il driver emiliano, fra queste le imprese di Behave, Pack Hanover, Freddy e Delfo. Uomo burbero, di poche e rauche parole, Brighenti era un uomo singolare: amatissimo dalle folle e dagli uomini di scuderia, invidiato e talvolta criticato dai colleghi, aveva il pregio unico di saper trasformare i cavalli. Le sue mani ruvide e soprattutto la sua voce erano in grado di mettere le ali anche al più pigro dei trottatori. Non amava le interviste («perché non voglio raccontare balle» spiegava agli amici) ma quando si decise a parlare, cinque anni fa, mise a nudo tutti i difetti dell'ambiente, denunciando le infiltrazioni della malavita a San Siro. Non aveva paura, di niente e di nessuno: mandava a quel paese i più facoltosi proprietari ed i più austeri presidenti di giuria. Ha amato pochi cavalli: intensamente Tornese (che gli diede la notorietà mondiale) e passionalmente Delfo (che riteneva il più forte). Ha scritto pagine stupende, ma' è arrivato alla commozione solo due volte: quando s'impose, nel '59, nel «Nazioni» con Tornese battendo l'asso francese Jamin e nel '77 a New York quando, dopo aver vinto con Delfo l'International Trot, venne portato in trionfo dai nostri immigrati. Ha vinto molto, quasi tutto, ma è stato troppo presto considerato «superato». Le sue braccia, le sue mani, la sua voce hanno dovuto cedere, oltre che all'avanzare degli anni, anche alle metodiche di allenamento «svedesi», ai nuovi criteri di alimentazione, all'uso frenetico degli anabolizzantì. Lui lo ha capito e si è tirato da parte. Ma è rimasto il più amato. Angelo Conti Sergio Brighenti con Delfo, il cavallo ritenuto più forte, dopo la vittoria nell ' International Trot del 1977 a New York

Luoghi citati: Assisi, Castelnuovo, Milano, New York, Oriolo, Reggio Emilia, Roma