«Emmanuela Dalla Chiesa doveva morire»
«Emmanuela Dalla Chiesa doveva morire» Marineria racconta i retroscena della strage e rivela: voluta dai palermitani, i catanesi non c'erano «Emmanuela Dalla Chiesa doveva morire» II pentito: «Massacrata perché aveva sposato il generale» PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Carlo Alberto Dalla Chiesa? «Era un rompiballe, conduceva un lavoro impegnativo contro Cosa Nostra e stava sulle scatole a tutti, ma Nitto Santapaola non c'entra con la sua uccisione». All'appello del primo maxi-processo la deposizione-fiume di Francesco Marino Mannoia ha sorpreso tutti. Nell'aula bunker il pentito delle cosche vincenti ha detto che il delitto Dalla Chiesa (3 settembre '82) fu deciso «con spavalderia» dalla «cupola» e ha sostenuto che l'agguato fu opera del gruppo di fuoco della borgata Ciaculli, dominio di Michele Greco il «papa». Il prefetto, nei suoi cento giorni trascorsi a Palermo, aveva messo i bastoni tra le ruote all'organizzazione criminale, promuovendo una seria azione nella quale aveva coinvolto tutte le forze dell'ordine. Quindi, smentendo le conclu¬ sioni raggiunte due anni fa nel primo processo per l'omicidio Dalla Chiesa, il cui verdetto condannò all'ergastolo anche il boss numero uno di Catania, l'imprendibile «Nitto» Santapaola, Marino Mannoia ha escluso che all'agguato abbiano partecipato tiratori scelti inviati dai clan catanesi. «Non vedo perché i catanesi dovessero venire a Palermo/ per questo delitto il loro aiuto non era necessario», ha ribadito. L'aula-bunker è sprofondata nel silenzio. «Le cose che dico possono apparire fantascientifiche ma sono la pura verità», aveva premesso il pentito, al quale è già stata sterminata la famiglia, prima di cominciare il suo racconto. Ma le sue parole hanno superato ogni attesa. Marino Mannoia ha confermato che nella nona sezione del carcere dell'Ucciardone, dove lui era detenuto, i boss brindarono quando arrivò la notizia della morte del prefetto-generale. «Qualcuno ha detto: ubriachiamoci alla faccia di Dalla Chiesa. Io non sono uno stinco di santo, ma non ho mai gioito per un delitto». E, dicendosi «molto turbato, ma abbastanza lucido e senza riserve mentali», Mannoia ha spiegato anche l'uccisione di Emmanuela Setti Carraro, la giovane sposa di Dalla Chiesa assassinata con il marito e con l'unico agente della scorta, Domenico Russo. «Non fu uccisa per caso, anche la sua morte era stata voluta e progettata dalla mafia. E' stata sforacchiata più di lui, è stata massacrata perché era una p... che si era sposata con il generale Dalla Chiesa. Se non si pensa come il demone che c'è in Cosa nostra non si può capire». «Non sono parole mie — ha precisato riferendosi all'epiteto rivolto alla vittima — e mi scuso con la corte e con la memoria della donna». Antonio Ravidà ALTRO SERVIZIO A PAGINA 11 Il generale Dalla Chiesa con la moglie Emmanuela Setti Carraro
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