«L'Azerbaigian è affare nostro» di E. St.

«L'Azerbaigian è affare nostro» Il Cremlino teme lìntemazionali22azione dei disordini ai confini con l'Iran «L'Azerbaigian è affare nostro» Gherasimov: non vi sono manifestazioni di Ma per i giornali di Teheran la gente grida: integralismo «Allah è grande» MOSCA DALLA REDAZIONE Il Cremlino smorza, e attraverso una dichiarazione del portavoce Gherasimov vuole evitare ogni possibilità di internazionalizzazione della crisi alla frontiera con l'Iran. Quattro giorni di disordini e incidenti fra dimostranti e guardie di confine, un morto, danni per cinque milioni di rubli, diceva ieri Gherasimov, sono un affare eslusivamente interno all'Urss. Teheran e il resto del mondo islamico non c'entrano, e non è vero neppure che dietro la nuova crisi aperta dai nazionalisti azeri ci siano tentazioni integraliste. Gherasimov è stato pronto a replicare alla versione iraniana degli incidenti, e la sua è stata anche una messa in guardia: secondo i giornali di Teheran, i manifestanti che per quattro giorni si sono ammassati lungo il confine fra Azerbaigian e Iran scandivano slogan filo islamici come «Allah è grande». Ma non c'è dubbio che, quale sia stata la parte giocata dall'Iran nell'esplosione della crisi, le versioni più caute sulla sua origine sembrano smentite dall'ampiezza stessa dei disordini, documentati dai giornali di Mosca. Sono state le «Izvestia» a scrivere che dopo l'avvio delle proteste nel Nakhichevan, la Repubblica autonoma controllata dall'Azerbaigian, la tensio¬ ne si è estesa lungo tutto il confine fra Azerbaigian e Iran. E' possibile, naturalmente, che come ogni crisi etnica anche questa abbia un'origine multipla, e che alla scintilla iniziale si siano sovrapposte aspirazioni e tensioni contrastanti. Ma se tutto è davvero cominciato con la rivendicazione di una fascia di terreno agricolo sottratta alla coltivazione dagli sbarramenti di confine, come dichiaravano funzionari locali del partito, sembra altrettanto certo che la protesta ha poi assunto altri connotati, più inquietanti e più vasti. Confermava il capo delle truppe di frontiera nel Caucaso: «Già il 4 dicembre i nazionalisti si erano riuniti al confine e coi megafoni avevano chiesto l'unione dell'Azerbaigian del Nord, in Unione Sovietica, con quello meridionale, in Iran». Azerbaigian e Iran sono abitati in maggioranza da sciiti, e fino al 1920, le regioni meridionali dell'Azerbaigian erano iraniane. Dopo i rinforzi dell'esercito, Mosca ha inviato ieri una commissione d'alto livello guidata da un segretario del Comitato centrale, Andrei Girenko, e dal presidente di una delle due Camere del Parlamento, l'uzbeko Raiik Nishanov. Ma nonostante le smentite dei funzionari locali del partito e le cautele degli attivisti del Fronte popolare, la crisi sembra essere fra le più serie mai esplose nella regione, già segnata da ricorrenti vampate di tensione per il controllo del Nagorny Karabakh, la regione autonoma a maggioranza armena ma sotto giurisdizione azera, e per il crescente peso del Fronte e delle sue rivendicazioni autonomistiche. Questa volta, per Gorbaciov c'è un'inquietudine in più. La crisi alla frontiera con l'Iran sembra infatti un segno del progressivo «espansionismo nazionale» azero, e il richiamo potrebbe essere suggestivo per altri gruppi nazionali in fermento, dalla Transcaucasia al. l'Asia Centrale. UNA TERRA DI CONQUISTA CONTESA DA DUE GRANDI Nel secolo scorso la Russia zarista conquistò la zona Nord dell'Azerbaigian. La comunità azera venne così divisa: 7 milioni in Russia e 5 milioni in Iran. La loro terra era stata per secoli teatro di battaglie tra tribù contrapposte, assoggettate, oltre che dai persiani, dagli arabi, dai mongoli e dai turchi. Il Nord dell Azerbaigian divenne indipendente nel maggio del 1918, ma due anni dopo l'Armata Rossa lo riportò in seno all'Urss. Da allora la terra degli azeri è divisa in metà: 33 mila chilometri quadrati all'Urss e 41 mila chilometri quadrati all'Iran. Il confine tra i due Paesi fu al centro di tensioni internazionali alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel 1941, Stalin inviò le sue truppe nel Nord dell'Iran e si rifiutò di ritirarle a conflitto concluso. L'Armata Rossa lasciò l'Iran solamente negli ultimi mesi del 1946. Nei decenni successivi, i rapporti di confine tra i due Paesi si normalizzarono, fino alla rivoluzione che depose lo scià nel '79. Con l'aiuto di infiammanti programmi radiofonici, il clero iraniano cominciò a fare proseliti tra gli sciiti azeri e tra gli altri musulmani dell'Urss meri¬ dionale. Due anni fa, però, tutto è cambiato. I rapporti tra Iran e Urss sono molto migliorati. Mosca è stata la prima capitale straniera ad essere visitata da Rafsanjani dopo la morte di Khomeini, in giugno. Gorbaciov voleva dimostrare il suo appoggio all'hoyatoleslam in vista della sua elezione a presidente dell'Iran. I rapporti commerciali sono ripresi in grande stile, con un contratto che prevede lo scambio di gas naturale iraniano con forniture industriali e grandi opere sovietiche: un giro d'affari di 6 miliardi di dollari. [e. st.]

Persone citate: Gherasimov, Gorbaciov, Khomeini, Rafsanjani, Stalin