Laboa, un miracolo d'astuzia

Laboa, un miracolo d'astuzia Laboa, un miracolo d'astuzia Come il nunzio ha strappato un sì al dittatore WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Vuole che le suore le lavino le mutande per il resto della sua vita?» Con questa domanda, rivolta — pare — da Monsignor José Sebastian Laboa all'ex dittatore, il «Wall Street Journal» ha incominciato ieri un tragicomico resoconto dei dieci giorni di permanenza di Noriega nella nunziatura apostolica a Città del Panama. Secondo l'austero quotidiano, che titola l'articolo «Diamo il dovuto credito al nunzio pontificio», il generale si è consegnato agli Stati Uniti in seguito alle «torture psicologiche "morbide"» inflittegli dal delegato della Santa Sede. La vera guerra panamense, ha scritto il «Wall Street Journal», è stata quella dei nervi tra il machiavellico diplomatico della Chiesa e l'astuto tiranno, e l'ha vinta il primo. Monsignor Laboa, ha spiegato il giornale, «era l'uomo più adatto all'impresa: sino al 1983, aveva infatti presieduto il tribunale ecclesiastico sui miracoli». Architettò il suo piano nei pochi minuti intercorsi tra la telefonata d'aiuto di Noriega e il suo arrivo alla nunziatura. «Prese subito in consegna il dittatore — ha riferito il «Wall Street Journal» — e lo mise in una stanza afosa senz'aria condizionata. Il locale era spartano, tutto bianco, con un crocefisso e un televisore rotto. Monsignor Laboa gli lasciò bere una birra, ma poi lo privò di tutti gli alcolici, chiuse le armi in cassaforte (teneva un mitra sotto il letto) e gli vietò di aggirarsi all'interno dell'edificio». Il nunzio avrebbe tolto all'ospite anche l'uniforme, lasciandolo in maglietta e calzoni corti, con le famose mutande rosse contro il malocchio indossate al momento dell'invasione Usa. Il quotidiano di Wall Street, che avrebbe ricevuto le sue informazioni dalla nunziatura, ha raccontato inoltre che Monsignor Laboa esercitò forti pressioni su Noriega perché si consegnasse subito agli Stati Uniti. «Se negozia in fretta e bene — gli avrebbe detto — potrà finire in una villa-prigione del Colorado, ma se ritarda troppo la decisione finirà ad Alcatraz», il famigerato penitenziario dell'isola della baia di San Francisco. Il nunzio avrebbe persino mandato alcuni sacerdoti davanti alla porta di Noriega per commentare a voce alta la triste sorte toccata a tiranni del passato, come il nicaraguense Somoza, ucciso con un colpo di bazooka in Paraguay dopo la fuga da Managua. Questo trattamento diventò un incubo per Noriega, che fece dormire la guardia del corpo sull'uscio. Laboa nuovo Torquemada dunque? Niente affatto. La sera di Capodanno, il nunzio, anch'egli spagnolo, invitò Noriega e tutto il suo entourage a mangiare il tacchino con lui, e di¬ scusse di filosofia; in altre circostanze, confortò l'ospite «che sembrava sperduto», ha scritto il «Wall Street Journal». No, l'obiettivo di Monsignor Laboa era indurre Noriega a pentirsi e a regolare il suo conto con la giustizia. Ricordò ai suoi collaboratori la paràbola di Zaccheo, il disonesto esattore delle tasse, persuaso da Gesù a restituire il quadruplo di ciò che aveva rubato. «Se Gesù cenava con un criminale, perché non dovremmo farlo noi?» chiese. Fu così che l'ex dittatore s'indusse alla resa, e rinunciò all'idea di trasferirsi in un Paese terzo. Il generale Thurman, che comanda l'occupazione americana a Panama, ha reso omaggio a Laboa: «Competenza straordinaria, ha fatto un lavoro erculeo». Per il nunzio è una sorta di rivincita dopo le velate accuse di voler proteggere il dittatore, rivoltegli nei giorni scorsi da mass media e ambienti politici Usa. [e. e]