L'Europa scruta i misteri romeni di Guido Rampoldi

L'Europa scruta i misteri romeni Nei prossimi giorni a Bucarest i ministri degli Esteri francese, sovietico, tedesco L'Europa scruta i misteri romeni Gli omissis dei militari BUCAREST DAL NOSTRO INVIATO I ministri degli Esteri delle prime tre potenze del continente" saranno a Bucarest nella prima decade di gennaio, con intenti diversi. Il francese Dumas tenterà di rilanciare il ruolo tradizionale della politica estera transalpina nei Balcani. Il tedesco Genscher porterà l'idea di un'Europa Centrale che, sfondati i confini di Yalta, si proietta fin sulle sponde del Mar Nero. Il sovietico Shevardnadze vorrà concordare le soluzioni più opportune per acquietare la scalpitante minoranza romena in Urss e per evitare che il processo aperto dalla fine della dittatura prenda direzioni sgradite a Mosca. E tutti scruteranno i misteri di questa rivoluzione ambigua, la cui vera storia è ancora da scrivere. Una storia che ieri il capo dello Stato Maggiore romeno, Vasile Ionel, ha rifiutato di raccontare. Viceministro della Difesa e numero due dell'Armata, Ionel ha convocato una conferenza stampa nella quale sono state significative soprattutto le sue omissioni. A distanza di otto giorni dall'esecuzione dei Ceausescu, non ha voluto dire neppure quanti sono i morti, i feriti, gli arrestati, i processati; e quanti sarebbero i terroristi alla macchia. Così i suoi silenzi hanno confermato soprattutto che l'Armata è ancora molto lontana dalla vittoria nella guerra segreta alle bande di Ceausescu sparse per il Paese; e che, anche per questo, la massiccia presenza delle gerarchie militari nel vertice della nuova Romania non è così «transitoria» come prometteva l'impegno del Fronte di salvezza nazionale a indire elezioni in aprile. «Si deciderà in seguito — ha detto per esempio Ionel — per quanto tempo ancora il generale Stanculescu guiderà il ministero dell'Economia». Ora tutto lascia pensare che il governo romeno gradirebbe un espatrio in massa dei giannizzeri di Ceausescu, magari a bordo di quelle navi che, ha detto ieri Ionel, stanno dirigendo verso il porto di Costanza, ufficialmente «per portare aiuti». E' singolare che Bucarest avverta l'Europa occidentale che la Romania non ha più bisogno di soccorsi d'emergenza, e nello stesso tempo accolga nei suoi porti flottiglie di «soccorritori», magari salpate da Paesi musulmani. Altrettanto singolare è la reticenza di Ionel circa le sette unità di pasdaran che, secondo Baghdad, avrebbero accompagnato Ceausescu in Romania, al ritorno da Teheran il 19 dicembre. «Non sappiamo nulla, non sappiamo se questo numero (7 unità) sia troppo grande o troppo piccolo», ha risposto Ionel. Quindi ha ammes¬ so che alcuni terroristi uccisi «sembrano stranieri», ma ha aggiunto che l'Armata ne ignora la nazionalità. Misterioso è anche il ruolo svolto dall'Armata nell'esordio della sollevazione. Da un filmato giunto ad un canale della Tv francese, si è ricavata l'ipotesi che alla rivoluzione si sia sovrapposto il piano per un colpo di Stato preparato dall'Esercito e da comunisti emarginati da Ceausescu, e che generali e politici avevano da tempo organizzato il Fronte di salvezza nazionale. In effetti un embrione chiamato con quel nome preesisteva e ne faceva parte anche il generale Milita™, attuale ministro della Difesa. Ma Militari!, spiega Ionel, era in pensione, relegato nella riserva per volontà di Ceausescu. Nessun golpe di pensionati, dunque. Ma la verità potrebbe essere ancora più scomoda per l'Armata. Soprattutto a Timisoara e a Cluj, testi riferiscono che nei primi giorni anche i soldati spararono sulla popolazione. La replica di Ionel è poco convincente: «Malgrado gli ordini di Ceausescu, l'Esercito non sparò a Timisoara; al contrario ripiegò, e costituì cordoni» per evitare che la popolazione venisse massacrata. «Poi si scoprì che nell'Esercito c'erano elementi della Securitate (la polizia segreta) che aprivano il fuoco sulla gente». In realtà è probabile che le gerarchie militari abbiano adottato decisioni difformi, e che solo quando fu chiaro che la sollevazione era generale, l'Armata ritrovò l'unità e passò in blocco con la rivoluzione. Secondo Ionel, adesso «i terroristi sono in fuga, non sono organizzati». Resta il fatto che l'Armata non ritiene di ritirare le truppe, disseminate in tutta la Romania a protezione di città e obiettivi strategici. «Ci ritireremo solo quando non vi saranno più pericoli». Guido Rampoldi Donne spazzine spalano la neve a Bucarest, di fronte al ministero degli Esteri, sede del governo provvisorio