Vince Giorgio Lamberti a stile libero di Gian Paolo Ormezzano
Vince Giorgio Lamberti, a stile libero e' il primo nuotatore a conquistare il successo nel nostro referendum sull'«Atìeta dell'anno» Vince Giorgio Lamberti, a stile libero Franco Baresi e Andrea Lucchetta finiti ai posti d'onore Giorgio Lamberti è il primo nuotatore che vince il nostro referendum per l'atleta italiano dell'anno. Prima di lui ci sono stati cinque dell'atletica (e fra essi l'unica donna sinora premiata, Sara Simeoni), tre del ciclismo, uno del calcio e una coppia dei canottaggio. Pensiamo che sia stato, sinora, più in ritardo il nuoto che non le nostre giurie. Nel senso che non riteniamo siano esistite, nel passato, grandi ingiustizie nei riguardi di trascurati Lamberti. La designazione di Lamberti è stata battagliata: l'exploit dei pallavolisti europei, rappresentati dal loro capitano Andrea Lucchetta, e quello continuo di Franco Baresi nel football hanno avuto una grossa presa presso i giurati: dei quali da quest'anno facciamo parte anche noi della redazione sportiva de «La Stampa» accanto al consueto stuolo di personaggi già interpellati nel passato, in qualche modo qualificati a esprimere, nello sport dell'anno, le loro sentenze, o semplicemente a comunicare, in modo che diventino un voto, i loro divertenti, divertiti e sempre interessanti pareri. Lamberti ha vinto con pieno merito, è stato l'Italia del nuoto che avanza, ma è stato anche un ragazzo che dentro di sé, e dopo travagli psicofisici enormi, con implicanze chimiche (l'autoemoperfusione coraggio¬ samente confessata), ha risolto problemi serrati, intensi, sufficienti a sconvolgere e stravolgere un uomo fatto. Davvero Lamberti ha galleggiato bene su un mare in burrasca: spiacenti del paragone troppo semplice, ma è chiaro e non possiamo né vogliamo farci niente. Le sue affermazioni a Bonn hanno trascinato anche la staffetta a un oro in più, hanno acceso luci su tutto l'ambiente delle piscine, in pratica hanno consegnato all'Italia, al gusto italiano, uno sport intero, da amare e non più, come prima, soltanto da rispettare e — per chi lo praticava — quasi soltanto da soffrire. Adesso si parla del nuoto con familiarità, proprio come se fossero «naturali» per noi le migliaia di coste che circondano il Bel Paese. Ecco, è come se Lamberti ci avesse permesso una conquista geografica, dando a ogni italiano un atomo di acquaticità in più. Poi ci sono altri risvolti nelle sue vittorie, nei suoi primati, conquistati nello stile libero, che è il guazzare in acqua di chiunque. C'è l'America portata nelle nostre piscine, c'è l'apertura di uno sport al denaro, che se usato bene è persino una bella cosa (pare che siano vastissime, nel nuoto, le opportunità di sponsorizzazione, perché l'atleta terminale quasi nudo, sul blocco di partenza, è prima vesito di accappatoi e tute, prov¬ visto di zoccoli e berretti, dotato di asciugamani e saponi, visitato da creme e colliri). C'è il risvolto sociale di una pratica che, se di massa, fa bene alla salute, evita annegamenti, permette di godere meglio le vacanze, fa crescere dentro il bipede, nel rigore e nella solitudine di un primissimo approccio sportivo, il senso di sacrificio e di godimento della fatica. Tutte buone belle cose, intitolabili a questo ragazzone di Brescia, poco incline, pare e speriamo, all'estasi da successo, dunque capace di darci ancora altro. Ma è doveroso dire subito che, comunque vadano le cose, adesso, a Giorgio Lamberti, lui è già a posto, è definitivamente un bravo grande figliolo per il mondo dello sport italiano. Senza retorica, con tanto ammirato rispetto per quelli battuti da lui nel nostro referendum ma premiati dai colossali risultati del loro 1989. Lucchetta e Baresi sono, come suol dirsi, due esempi didascalici, persino didattici. Lamberti li ha battuti, evviva lui ed evviva loro, per lui la spinta di Archimede, per loro quella di squadre importanti, che si chiamano Italia (oltre che Milan, superMilan per Baresi): e una delle due Italie, quella calcistica, nel 1990 ha davvero molto da fare. Gian Paolo Ormezzano DM
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