Nerone o Gorbaciov a scuola? di Maria Grazia Bruzzone
Nerone o Gorbaciov a scuola? Dal prossimo anno inizia l'esperimento per i nuovi programmi: divisi gli esperti Nerone o Gorbaciov a scuola? Riesplode Ialite-Storia per il biennio superiore ROMA. Preistoria o Ottocento, la Grecia classica o il Risorgimento, Roma imperiale o il Vietnam? Insomma: storia antica o contemporanea, storia moderna per tutti o solo per chi interromperà gli studi? A tre anni dalla polemica rovente scatenata quando il ministro della Pubblica Istruzione era Franca Falcucci, la lite sull'insegnamento della storia torna d'attualità. I nuovi programmi per il biennio delle superiori verranno infatti sperimentati già dal prossimo anno scolastico. Ad annunciarlo è il sottosegretario alla Pubblica Istruzione Beniamino Brocca che presiede la commissione di esperti detta «dei quaranta» che ha messo a punto i nuovi programmi di studio. Quelli che dovranno sostituire i programmi di Giovanni Gentile, vecchi di cinquant'anni. Per la commissione, il dilemma sulla storia antica o moderna è il più spinoso. Delle materie comuni al nuovo biennio infatti, la storia è l'unica a correre su un doppio binario. Dopo aver chiarito che i nuovi programmi faranno piazza pulita del vecchio nozionismo storico, delle date e delle battaglie incubo di generazioni di studenti, il testo preparato dalla commissione si divide in due tronconi: un programma di storia antica e altomedievale che dalla preistoria arriva alla riforma della Chiesa nel secolo XI. E un programma di storia contemporanea che dalla caduta di Napoleone dovrebbe condurre gli adolescenti fino ai giorni nostri, coprendo in due anni gli ultimi due secoli di storia non solo nazionale, ma planetaria. In pratica, uscito dalla scuola media, lo studente che si troverà a seguire il primo corso del biennio ricomincerà ancora una volta (la terza, dopo elementari e medie) dall'uomo del paleolitico. Ripercorrerà le tappe del formarsi delle prime civiltà mediorientali, si immergerà nella Grecia di Omero e in quella di Pericle, nella Roma di Catilina e Cicerone e in quella di Cesare, Augusto e Nerone, delle invasioni barbaiiche e della chiesa di Ambrogio e Agostino. Tutto il resto verrà rinviato all'eventuale, successivo trienno di studi. Nella seconda ipotesi, invece, 10 studente si troverebbe invece proiettato di colpo nell'Europa della Restaurazione che, nella prima metà dell'800, seguì alle scosse della rivoluzione francese e all'impero di Napoleone. Nel giro di un anno arriverebbe alla prima guerra mondiale, esplorando la nuova frontiera americana, la rivoluzione industriale, la graduale unificazione dei mercati e la rivoluzione d'ottobre. Il secondo anno, dopo aver attraversato il secondo conflitto e il mondo del dopo Yalta, si fermerebbe probabilmente a Gorbaciov, sotto 11 muro di Berlino che si sgretola. Difficile dire quale dei due programmi sarà il preferito. Due sono infatti le scuole di pensiero che si fronteggiano. La prima ha come punto di riferimento l'Istituto Nazionale per la storia della liberazione d'Italia, di ispiraziono marxista, e insiste perché nei primi due anni delle superiori si studi comunque e ovunque la storia più recente. «Nel biennio destinato a diventare obbligatorio, la storia non può che essere uguale per tutti — sostiene Maurizio Gusso, della filiale milanese dell'Istituto —. Come immaginare allora che si possa concludere la scuola dell'obbligo sapendo tutto di Tutankamon e Alessandro Magno, di Pericle e delle guerre puniche e nulla più? La soluzione è solo una: storia contemporanea per tutti». «Perché confondere la testa ai ragazzi con un doppio salto mortale quando si può prendere una strada diritta?» replica Marta Sordi, docente di Storia Antica all'Università Cattolica di Milano, rappresentante del secondo schieramento che fa capo aH'Ucim, l'unione degli insegnanti cattolici. «Nulla da obiettare su un programma di storia contemporanea destinato agli studenti che a sedici anni smetteranno di studiare — insiste la professoressa Sordi —. Ma gli altri? Perché costringere chi continuerà gli studi a un pasticciaccio del genere? Perché farli cominciare dalla fine per tornare di nuovo all'inizio?». Così la questione è aperta. Una soluzione si dovrà trovare e «se non si raggiungerà un accordo alla fine deciderà il ministro» annuncia il sottosegretario Brocca, confermando che la sperimentazione si farà comunque subito, nel prossimo anno scolastico, indipendentemente dalie sorti della riforma del biennio obbligatorio, la cui discussione dovrebbe cominciare a fine gennaio al Senato. Che la scelta sia ormai un fatto politico, più che culturale, lo conferma Girolamo Arnaldi, medievalista, presidente del gruppo di storici che ha elaborato i nuovi programmi. «Il nostro lavoro noi studiosi lo abbiamo fatto. Ora tocca ai politici stabilire come sarà il futuro biennio dell'obbligo». Maria Grazia Bruzzone Sergio Mattarella, ministro della Pubblica Istruzione
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