L'UTOPIA DIETRO LE SPALLE

L'UTOPIA DIETRO LE SPALLE DALLA PRIMA PAGINA L'UTOPIA DIETRO LE SPALLE più rigida dell'apparato staliniano con cui reprimere il dissenso e sventare gli intrighi sovietici all'interno. Poi, prenderà da Tito la diplomazia del non allineamento, da Kim II Sung l'addestramento tecnico della Securitate, da Mao il pathos della «rivoluzione culturale» con cui cercherà di esaltare le origini non slave della Romania, da Enver Hodja la simbiosi tutta balcanica del potere leninista con il clan tribale e il nepotismo. Dunque: Ceausescu era soltanto un mostro d'eccezione, un meteorite estraneo piovuto dalle stelle nel grembo del comunismo, oppure usciva lui stesso da quel grembo e ne era un prodotto naturale? Se pensiamo ad altre figure «anomale» del comunismo internazionale, a Stalin, a Mao, alla «banda dei quattro», a Poi Pot, a Castro, a Hodja, a Kim Il Sung, si direbbe che Ceausescu più che la variabile, rappresentasse la costante impazzita del sistema: neppure la peggiore. Quando, dopo tutto ciò che al comunismo è successo in settant'anni di storia e dopo l'ultimo 1989 che ne ha visto la disfatta se non il crollo, si vorrà alfine ammettere che la follia è nel sistema, non nei folli che esso inevitabilmente produce? Non sarà certo un caso che il comunismo, che in Occidente, dove non ha mai comandato, può permettersi tante omissioni, sia oggi odiato in Romania, ignorato in Ungheria, disprezzato in Cecoslovacchia, deriso in Jugoslavia, superato in Polonia, contestato in Bulgaria, scavalcato col Muro in Germania Orientale. Non è la plastica facciale che in tutti questi Paesi, dopo un fallimento ininterrotto durato oltre quarant'anni, la gente chiede ai comunisti e ai loro partiti: gli chiede semplicemente di scomparire. Non è stato Dubcek, il comunista dal «volto umano», a diventare il Presidente della nuova Repubblica cecoslovacca, ma Havel, lo scrittore liberale che sul tavolo di lavoro tiene bene in vista il ritratto del suo grande predecessore d'anteguerra, il filosofo Masaryk. All'Est non interessano più le revisioni o le rivisitazioni umanitarie del comunismo; s'è capito che esso non si può cambiare ma solo spezzare; ecco perché, nel pendolo fra restaurazione democratica e riforma comunista, è la prima e la più chiara che gode il netto favore delle masse. Si restaura tutto: la corona sulle bandiere, la memoria dei politici borghesi, la libertà individuale, la proprietà privata, l'autonomia contadina, la lotta sindacale, il potere della stampa e dell'opinione pubblica. L'utopia non più all'orizzonte ma alle spalle: un bene, come dire, rovesciato, di cui perfino gli opachi bulgari si stanno riappropriando con lo slancio popolare che ogni sera possiamo rivedere in televisione. E' la rifondazione della de mocrazia, non del comunismo, che urge nella stessa Russia la quale, prima del bolscevismo, conobbe uno splendido anche se breve periodo liberale che pochi in Occidente conoscono Basterà un nome, Stolypin, il Masaryk russo, ormai rivalutato dagli storici sovietici nei confronti dello stesso Lenin. Ai comunisti più ostinati e più furbi cosa resta fra le mani, dopo che la teoria non ha trovato da nessuna parte una buona applicazione nella pratica? Gli resta la teoria pura senza l'applicazione: l'utopia all'orizzonte, una volta di più. Enzo Betti za

Luoghi citati: Bulgaria, Cecoslovacchia, Germania Orientale, Jugoslavia, Polonia, Romania, Russia, Ungheria