Romantico e borghese l'Ottocento tiene banco di Angelo Dragone
Romantico e borghese l'Ottocento tiene banco Racconta la sua storia in gallerie e negozi d'antiquariato Romantico e borghese l'Ottocento tiene banco L'Ottocento - anticipato dalla Rivoluzione francese, spingendosi in certe aree fino alla Grande Guerra - potrebbe sembrare un secolo straripante. In realtà già col simbolismo e, subito dopo, l'espressionismo e il cubismo uno e trino (analitico, sintetico, orfico), il capo di fine secolo viene doppiato e quel che di ottocentesco si ritrova di lì in avanti, sopravvive soltanto. Sarà quindi opportuno ricordarsene: ed è come dire imparare a distinguere l'autentico Ottocento, poco contando il resto. Si comprende, quindi, come sull'800 si sia ormai preso a fare storia. Anche storia antiquariale : poiché mentre si assiste a uno slittamento per il quale la galleria un tempo specializzata nell'arte del secolo scorso apre anche al contemporaneo, l'Ottocento, un tempo schivato dagli antiquari come dai cattedratici, incomincia ad attrarre non foss'altro che come testimonianza di un'epoca e di un gusto. Così mentre continua a tener banco dai Fogliato e da Aversa (via Carlo Alberto 24, fino al 24 dicembre) che propone «Pittura in Piemonte, tra 800 e '900», a volte lascia i muri asettici delle gallerie per trovar posto, come sta accadendo da Palbert-Antichità (corso Vittorio Emanuele 28, fino al 15 dicembre), accanto al mobile coevo, tra una stoffa e un prezioso servizio di piatti. Una differenza s'avverte, tuttavia, sul piano del gusto. Nelle «gallerie» più facilmente si rac- comandano Avondo e Delleani, con lo spiegato loro paesaggio, che può anche essere l'angolo d'una casa, o il bel «Cortile rustico con capra» di Reycend (non senza fughe verso Felice Carena o qualche Da Milano degli Anni 30 e 40. Da Palbert, con alcuni scorci di Forno Alpi Graie di Sobrile, o quella lama di luce che anima una tavoletta di Giovanni Giani, è l'Ottocento romantico a farla da padrone; con le attardate scene pompeiane di Crosio dove s'avverte l'eco d'una visione che poteva intonarsi allo Stile Impero di napoleoniche ascendenze, mentre in «Per la festa dell'indomani» il conte Federico Pastoris annunciava il senso del mondo borghese, con le sue concretezze, ma con propri miti e riti. Se ne hanno i documenti negli stessi cataloghi e negli album della Società Promotrice delle Belle Arti, dove si ritrovano pubblicati proprio alcuni dei dipinti esposti, e si ha quindi anche il saggio illustrativo che gli si poteva accompagnare, dovuto allo scrittore d'arte in attesa che si pensasse ad un vero esercizio critico. Angelo Dragone «Per la festa dell'indomani» di Federico Pastoris
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