VIL MARRANO, FIGLIO DI UN DIO MINORE

VIL MARRANO, FIGLIO DI UN DIO MINORE VIL MARRANO, FIGLIO DI UN DIO MINORE MUORI, vii marrano!». Quante volte abbiamo letto questa feroce imprecazione nei romanzi d'avventure, senza renderci ben conto di cosa volesse effettivamente dire? Non era certo un complimento. Il termine equivaleva, in spagnolo, a «maiali» e fu applicato dalla plebaglia cristiana ai conversos, ossia agli ebrei «convertiti» più o meno spontaneamente al cristianesimo allora dominante, almeno in Europa. «Un marrano - scrive Paul Johnson nella sua Storia degli Ebrei era molto più sgradito di un ebreo praticante, perché era un intruso e un concorrente pericoloso nel commercio e nell'artigianato; e poiché probabilmente continuava di nascosto a essere un ebreo, era anche un ipocrita e un sovversivo». Alla storia di questa persecuzione ha dedicato - nel lontano 1932 - uno studio specifico lo storico inglese Cecil Roth (18991970), che viene ora presentato nella traduzione di Anna Marcella Tedeschi Falco da Serra e Riva Editori, col titolo Storia dei marrani. Vi si apprende anzitutto che il fenomeno del cosiddetto «criptogiudaismo» non si limitò affatto al mondo cristiano, come si potrebbe pensare. Il Roth cita infatti l'esempio delle numerose comunità criptogiudaiche sparse nel mondo musulmano, dai Daggatun del Sahara ai Donmé di Salonicco, discendenti dal «messia» Shabbetai Zevì, che avevano seguito nella sua apostasia. E ancora: «Le persecuzioni religiose condotte in Persia nel diciassettesimo secolo e oltre lasciarono nel paese, e in special modo a Meshed, molte famiglie particolarmente scrupolose nell'osseivanza dell'ebraismo in privato, mentre all'esterno apparivano devote seguaci della fede dominante. «Molti sono fuggiti in Afghanistan, nel Turkestan e soprattutto in Palestina: ma ne resta ancora un certo numero (alcune centinaia di famiglie) noti come Jedidim. Portano nomi musulmani, ma la loro vera identità non è un segreto: corrompendo regolarmente i funzionari statali si garantiscono il diritto a non essere molestati». Ricordiamo che il Roth scriveva - e col tono tipicamente colonialista dell'epoca - nel 1932. Oggi non sapremmo dire che fine abbiano fatto le sopravvivenze di cui parla: la cosa non ha importanza dal punto di vista dell'assunto. «Ma la terra classica del criptogiudaismo è la Spagna», soggiunge Roth, documentando come fin dal quinto secolo, nell'isola di Minorca, si verificasse un famoso caso di conversione spontanea di massa. In seguito, gli episodi analoghi si moltiplicarono, fino a diventare una politica ufficiale e di massa, duramente perseguita dalla coppia dei cosiddetti «re cattolici» Ferdinando e Isabella: non è soltanto il quinto centenario della «scoperta» dell'America, quello che ci si appresta a celebrare, con la dovuta perplessità, l'anno venturo. Ma il vero inizio del « marranesimo» risale a un secolo prima, e alla ferrea volontà di un frate fanatico assurto a improvvisa autorità quale confessore della regina madre Leonora, reg¬ gente la corona in nome del figlio minore Enrico III di Castiglia, salito al trono alla morte del padre Giovanni I, nel 1390. Ed ecco che cosa accadde in seguito agl'infiammati sermoni quaresimali di questo allarmante individuo, di nome Ferrand Martinez, arcidiacono di Ecija: «Il Mercoledì delle Ceneri (15 marzo) del 1391 una folla turbolenta irruppe nel quartiere ebraico di Siviglia... mentre dal pulpito Martinez insisteva nelle sue invettive... Il 4 giugno 1391 non fu più possibile trattenere la plebaglia: la città fu travolta da un'orgia di carneficina... La furia dilagò durante l'estate e l'autunno per tutta la penisola iberica, dai Pirenei allo Stretto di Gibilterra. A Ecija e Cannona venne sterminata l'intera comunità. A Cordova, tutta la juderia venne ridotta in cenere; Toledo fu teatro di uno spaventoso massacro nel giorno del digiuno del 17 di Tammuz. Analoghe sommosse si verificarono in altre settanta città della Castiglia... Nel regno ali Valenza... non rimase in vita nemmeno un ebreo professante. A Barcellona... venne spazzata via tutta la comunità. Dalla Catalogna la follia si propagò alle isole Baleari, dove il 2 agosto, a Palma, fu compiuto un massacro. Alcune importanti comunità, da quel momento in poi non risorsero più». Autorizzati ufficialmente dai loro rabbini, cospicui gruppi di ebrei accettarono il battesimo in massa per sfuggire alla morte. Come si vede, ancor prima di quello del 1492 c'è un altro centenario - quello del 1391 - da «celebrare», per chi voglia farlo... Nella prefazione al libro di Cecil Roth, il professor Herman P. Salomon ricorda, tra i più eminenti marrani, i fratelli Cardoso. E proprio al marrano Jizhaq (Isaac) Cardoso, fratello del mistico sabbatiano Abraham Cardoso ben studiato a sua volta da Gershom Scholem e dai suoi discepoli, dedica un denso volume lo storico Yosef Hayim Yerushalmi [Dalla corte al ghetto, Garzanti, pp. 452, L. 52.000), tradotto in italiano da Maria Sumbulovich. Vi si narrano le gesta di questo erudito «cristiano» brillante e versatile, docente universitario di medicina, autore di saggi scientifici e volumi di successo, frequentatore della migliore società madrilena, e poi medico dei poveri confinato nel ghetto di Verona, tenace apologeta di una religione ritrovata e autore di ponderosi trattati di argomento filosofico e teologico. Da questo studio fondamentale, che rappresenta l'ingrandimento e la minuziosa dissezione d'uno dei tanti casi occorsi ai marrani in tutta Europa, basterà citare un dettaglio che la dice lunga circa la perdita di coscienza morale e di onore civile dei persecutori: «In una Spagna ossessionata dalla purezza del san¬ gue, abituata al sangue dell'arena e ai cosiddetti disciplinantes de sanare, che durante le processioni del Venerdì Santo si flagellavano fino a che le loro vesti fossero intrise di sangue (avviene anche in Italia, ai nostri giorni, n. d. r.), vi era forse una predisposizione psicologica sufficiente per ogni fenomeno in cui comparisse il sangue. Inoltre, la credenza nei miracoli era diffusissima e praticamente senza limiti. Se l'immagine flagellata di calle de las Infantas poteva sanguinare e piangere, non era ugualmente plausibile che i maschi ebrei sanguinassero come punizione per la morte di Colui che queste immagini rappresentavano?». L'ultima, brillante accusa cristiana contro gli odiati ebrei era infatti questa: che ogni mese molti di loro subissero un flusso di sangue dàlie parti posteriori, come marchio indelebile di ignominia e di obbrobrio... Storie meno drammatiche anzi, in certi casi, se non si pon mente alle dure condanne, quasi gioconde - sui marrani veneziani le ha spigolate nei resoconti dei processi del Sant'Uffizio contro ebrei e giudaizzanti l'appassionato e appassionante narratore di fatti ebraici Riccardo Calimani (Storie di marrani a Venezia, Rusconi, pp. 200, L. 28.000) Dall'ingente massa di documenti per la prima volta scoperti e stampati da Pier Cesare Ioly Zorattini, l'autore trasceglie con divertita sapienza narrativa un'antologia di casi umani sottilmente paradossali, come indicano i titoli da novellino preposti ad alcuni di essi: «Aaron, battezzato quattro volte»; «Mi sono circonciso per viaggiare sicuro»; «Dell'acqua sulla testa in tono di burla». Sono, dice Calimani, «in ogni caso vivaci testimonianze su individui marginali (...), uomini e donne passati alla storia per aver vissuto, magari solo alcuni giorni, in modo non conformista in un mondo poco disposto ad accettare devianze o comportamenti ambigui». Il Tribunale ecclesiastico interroga e ascolta paterno, poi in genere condanna «a servire al remo delle galere della Serenissima», serenamente. Michele L. Straniero Cecil Roth Storia dei marrani Serra e Riva pp. 346. L. 30.000