LUPI MANNARI E UNTORI ECCO LE LEGGENDE DEL 2000

LUPI MANNARI E UNTORI ECCO LE LEGGENDE DEL 2000 LUPI MANNARI E UNTORI ECCO LE LEGGENDE DEL 2000 EORTA RA un vero licantropo e abitava in Abruzzo. Ha chiesto la pensione come lupo mannaro, perché la strana malattia gli era venuta per uno choc in guerra. Ma non ha ottenuto nulla. Per l'Inps, il mal di luna non esiste. Questa è una delle tante storie che racconta Cesare Bermani, studioso di streghe, magie e folklore. Nel suo ultimo libro, Il bambino è servito (Edizioni Dedalo, pp. 398, L. 40.000), classifica decine di leggende metropolitane che si sono diffuse in Italia. Come quelle raccontate da Brunvand (Costa & Nolan '88 e '90). Interrogando persone comuni, bambini («portatori sani di leggende»), sfogliando i giornali, Bermani ha redatto un'enciclopedia di notizie curiose, manie collettive, fatti strani che incuriosiscono e spaventano. Come nell'antichità, voci e pregiudizi passando di bocca in bocca acquistano una dimensione reale. Basta leggere i giornali o ascoltare la tv. Si sente parlare di belve che scorrazzano nelle campagne; le fogne di New York sono invase dagli alligatori; le fanciulle bianche sono rapite e vendute nel deserto; compaiono auto¬ stoppisti fantasma. Una delle storie più diffuse è quella della baby-sitter cannibale. I genitori affidano il piccolo a una bambinaia straniera e quando tornano a casa, prima del previsto, se lo ritrovano imburrato, pronto per essere infilato nel forno. Le versioni sono innumerevoli, tutte false. Affondano le radici addirittura nella mitologia greca: i bambini divorati popolano la nostra fantasia da Crono alle ballate popolari scozzesi. «Il mito e la magia - dice Bermani - si sono installati nel cuore della società industriale e hanno resistito. Le leggende continuano a esprimere paure ancestrali, soprattutto nei confronti del diverso e della morte. Nelle nostre metropoli esiste una propensione a credere a storie incredibili. Lo aveva scoperto già Bloch nel 1921, in un saggio sulle dicerie scatenate dalla guerra. Gli antichi mostri della ragione si adeguano ai tempi, mescolandosi con cinema e romanzi, con fatti di cronaca e pericoli veri». All'inizio degli Anni 80 il campo più fertile era l'Aids. Una malattia nuova e mortale, che si portava dietro la sindrome del contagio. Sono apparse decine di storie su perfidi untori, come ai tempi delle vecchie pestilenze. Va sempre nello stesso modo: un uomo conosce una bellissima fanciulla e dopo una notte d'amore, si trova la scritta «Benvenuto nel mondo dell'Aids». «Ho raccolto numerose versioni di questa storia, dall'America all'Europa - dice Bermani - ma se poi vai a verificare, scopri che si tratta di voci, sentite da amici di amici». Questi racconti agghiaccianti, dimostra lo studioso, ripetono storie di vendette amorose già narrate nel secolo scorso. Il prototipo ottocentesco è forse quello di Irma, l'eroina di Maupassant che, dopo esser stata violentata dai prussiani, amoreggiava con i nemici per tra¬ smetter loro la sifilide. Dopo tanti spot e convegni, l'Aids fa meno paura, è diventato meno leggendario. Secondo Bermani, la fantasia si concentra ora sui trafficanti di organi che rapiscono i bambini e li fanno a pezzi per venderli alle cliniche. «Ho verificato di persona, a Palermo, l'inconsistenza di queste notizie. La centrale degli organi era un negozio di vestiti. Ma erano stupidaggini. Queste leggende sui rapimenti hanno valicato persino il vecchio Muro. In Polonia e Urss, c'era la stessa psicosi. Le mamme del socialismo reale temevano una grossa Lada nera che girava nelle campagne per rapire i piccoli». Tutti falsi, dunque, i casi riportati dai giornali? «Non sono così drastico - afferma Bermani. - In molti casi è però difficile distinguere la realtà dalla fantasia. Spesso i mass-media pubblicano false notizie perché sono assetati di cose curiose. Un esempio è la sindrome per la droga nelle figurine davanti alle scuole. I genitori impazziscono, i presidi convocano consigli su consigli, arrivano i vigilantes. Poi si scopre che nulla è vero. Che è la stessa ansia per le caramelle dello sconosciuto, che avevano le nostre nonne». Cesare Bermani ha 54 anni. E' uno storico dell'oralità, disciplina coltivata nei Paesi anglosassoni e in Francia, ma guardata ancora con sospetto in Italia. «Da molti anni raccolgo testimonianze orali - dice Bermani. - Andavo a registrare le sedute nelle sezioni del pei. Guardavano il mio magnetofono come il demonio perché offriva una versione molto diversa dai verbali ufficiali. Raccogliendo i racconti dei partigiani nella Valsesia sono stato uno dei primi a dimostrare che la Resistenza è stata una guerra civile. Ma gli storici accademici mi guardano con sospetto perché sono fuori dalle loro mafie». La lunga ricerca sulle leggende metropolitane, sostiene Bermani, non è solo un divertìssement: «Mi sento un illuminista e volevo mostrare che la nostra civiltà è ancora impregnata di comportamenti irrazionali. Se non li si conosce nascono falsi aUaiminismi. I mass-media dovrebbero essere più cauti. Ho letto per esempio che ogni anno vengono rapite migliaia di persone per sacrifici satanici. Non ci credo, preferisco essere cautamente ottimista che sfrenatamente pessimista. Anche nel caso dell'uomo, che è una bestia capace delle peggiori turpitudini». Bruno Ventavo!i

Luoghi citati: Abruzzo, America, Europa, Francia, Italia, New York, Palermo, Polonia, Urss