UN BEFFARDO SIMPOSIO

FOLLETTI E CASTAGNE INTORNO AL FOCOLARE FOLLETTI E CASTAGNE INTORNO AL FOCOLARE Fiabe e tradizioni raccolte da Lapucci IL focolare! E quanti di noi ne hanno mai visto uno? Perché non è il caminetto, tanto di moda oggi che siamo disposti a sopportarne l'immancabile fumosità. No; il focolare era una specie di antro pietroso in cui ardeva un fuoco perenne, le cui braci la sera si coprivano con la cenere per risvegliarle al mattino, dove il gatto andava a rannicchiarsi d'inverno e in cui una catena, appesa chissà dove, reggeva il paiolo della zuppa quotidiana. Contro le pareti fumose, sotto formaggi e lembi di carne appesi ad affumicarsi, sedevano i nonni su basse seggioline impagliate, e talvolta tutta la famiglia, a contendersi l'unico calore della fredda casa invernale. D'estate poi, quando il gatto se ne scappava sui tetti, alla famiglia restava l'improbo caldo dell'unico fuoco di casa, e il fumo che la gente si portava addosso per tutta la vita negli abiti e negli occhi. Rimpiangerlo non si può sen¬ za qualche ironia. E' un passato che, se pur rivestito di nostalgia, appare terribilmente scomodo a gente del nostro tempo. Diciamolo francamente: nessuno di noi sopravviverebbe all'era del focolare. E forse proprio per questo tendiamo a farne un mito, rivestendola di leggende, di un'aura di sacralità, in cui affonderebbe le radici una saggezza di vita ormai inimediabilmente perduta, uccisa dalla spregiata tecnologia. Certo: la luce elettrica e la televisione hanno distrutto i lumini a olio delle sere invernali, le ombre e le fantasie di fiabe e leggende. Le abitazioni, divenute più comode, non hanno più spazio per gatti, cani e nonni. La trasformazione della casa è certamente la vera rivoluzione del nostro secolo, quella che ha segnato la decadenza di usi e credenze antichissimi. Questo territorio desueto C. Lapucci esplora nel suo libro, L'era del focolare, ridestandone il fascino indubbio con il suo raccontare di cose che i giovani di oggi non hanno mai vedute. Che ci starebbe a fare accanto a una cascina un pagliaio, oggi che .la paglia viene fuori dalle macchine falciatrici già pressata in balle? Eppure il pagliaio era essenziale alla vita dell'aia, se ne tagliavano fette a mano a mano che la paglia serviva, ci si poteva dormire dentro e costruire un pagliaio era un'arte difficile e necessaria al contadino. E chi costruisce oggi un muro a secco, dal momento che il cemento costa meno della pietra ed è più facile a usarsi? Chi sa dire, guardandolo, l'età di un castagno, chi conosce ancora le provvidenziali erbe dei fossi, i cespugli dei boschi? Quale donna cuoce ancora l'uovo per il tempo di «un'avemaria», chi calcola i «nodi del freddo» per giudicare le stagioni, chi sa ancora perché i giorni più freddi dell'anno si chiamano «i giorni della merla»? E' una cultura che si perde con le circostanze che l'avevano resa necessaria: se la vita cam¬ bia, come possiamo pensare che non cambino tutte le fantasie che l'uomo s'era inventato per aiutarsi a viverla? Quel che rimane sono solo parole, proverbi, modi di dire di cui non si capisce nemmeno più il significato. La seconda parte del libro di Lapucci è dedicata alla sopravvivenza di questa antica cultura nel linguaggio quotidiano, espressioni che acquistano fascino dal loro stesso mistero, come le storie dei folletti, spiritelli e santi domestici, forse depennati dal calendario perché nati dalla fantasia popolare, ma proprio per questo ancor cari a chi ha conosciuto, sia pur di sfuggita, la vita patriarcale del passato e ha mangiato il frutto seduttore della nostalgia. Laura Mancinelli Carlo Lapucci L'era del focolare Ponte alle Grazie pp. 300. L. 45.000

Persone citate: Carlo Lapucci, Lapucci, Laura Mancinelli