Gioacchino Volpe Croce, Gramsci. Chi sono stati i veri «padri»? di Pierluigi Battista

Gioacchino Volpe Croce, Gramsci. Chi sono stati i veri «padri»? Gioacchino Volpe Croce, Gramsci. Chi sono stati i veri «padri»? troverei nettamente in contrasto con chi oggi volesse restituirci un Romeo "nazionalista" come il suo maestro». Anche per Giuseppe Galasso, ad ispirare l'opera di Romeo ha contribuito una triade di maestri: «Benedetto Croce, Gioacchino Volpe e, in un senso molto particolare, Antonio Gramsci sono stati i suoi punti di riferimento». Ma De Felice non è d'accordo: «E' un fatto incontrovertibile che Romeo, come studioso di storia, si sentisse più vicino a Volpe che a Croce e Chabod». E che dire di Gramsci? Non fu negli Anni Cinquanta proprio Gramsci il bersaglio polemico di Risorgimento e capitalismo, l'opera pubblicata da Laterza con cui Romeo fece il suo ingresso tra i grandi della storiografìa contemporanea? Con quell'opera che contestava radicalmente l'interpretazione gramsciana del Risorgimento come rivoluzione agraria mancata e causa prima del non decollo del Mezzogiorno, Romeo inaugurò una lunga stagione di solitudine nel panorama culturale italiano. Nel '68, la cattedra di Romeo fu presa di mira dai giovani del Movimento che interruppero ripetutamente le lezioni di quel «docente reazionario»: ma ogni volta Romeo raccoglieva i suoi appunti e lasciava l'aula occupata^ ^rifiutandosi di discutere con gli ;«invasori». Negli anni successivi lo storico di Giarre renderà sempre più radicale la sua critica agli orien¬ tamenti politici dominanti nell'Italia post '68. Nel '74 inizia la sua collaborazione con il Giornale di Montanelli, gesto che allora suonò nella cultura di sinistra quasi come una «provocazione». Fautore della Repubblica presidenziale, timoroso di uno scivolamento a sinistra nella politica ma anche nella fibra morale dell'Italia, negli anni della «solidarietà nazionale» Romeo rende esplicito il suo dissenso dalle posizioni di Ugo La Malfa. Ma nel 1984 l'autore di Cavour e il suo tempo viene eletto deputato europeo nelle liste repubblicane, anche se l'impegno con il pri non impedì che in Romeo, proprio negli ultimi anni di vita, maturasse un giudizio sempre più pessimistico nei confronti di un Paese che ai suoi occhi sembrava aver perduto ogni traccia di identità nazionale. Colpa del fascismo. Ma anche, come scrisse, colpa di una «democrazia industriale» che ha permesso «andassero perduti istituti e valori» essenziali della nazione italiana. Per questo, secondo De Felice, è improprio racchiudere lo storico scomparso, come ha fatto in un profilo di Romeo lo storico Guido Pescosolido, nella definizione di «liberale di sinistra». Un motivo di più, sostiene De Felice, per riconoscere il legame tra Romeo e il nazionalista Gioacchino Volpe. voglia dire che Romeo considerasse positivamente ciò che Volpe aveva scritto e fatto in altri campi. In parole povere, il suo nazionalismo e il suo fascismo». Ma il filosofo Gennaro Sasso si dice stupito dell'intervento di De Felice: «L'indubbia influenza di Volpe nella formazione di Rosario Romeo mi pare che nessuno l'abbia mai negata, almeno dal 1950. Che poi si possa parlare di un Romeo volpiano, questo è un altro discorso. E certo mi Pierluigi Battista ALE

Luoghi citati: Giarre, Italia