La bustarella filmata dai carabinieri

E il malaffare diventa uno show E il malaffare diventa uno show MALA Roma. Quattrini nascosti nelle mutande e mazzette che volano dalle finestre. E soprannomi politici fulminanti, buffe intercettazioni, truffe amministrative da commedia all'italiana, corruzione al femminile, arresti in diretta tv. Sarà un caso, anzi due, ma intanto i politici si azzuffano sulla discarica di «Malagrotta» e sull'area (edificabile?) di «Malafede». Incerti se i mezzi pubblici debbano o no raggiungere il «Pantano». Mala Roma. Ridere per non piangere. Adesso, forse, c'è anche una colonna sonora. Che per una strana interferenza nei microfoni risuoria l'altro giorno nell'aula dove si svolge il processo detto «delle mutande col pizzo». O «stecca», «bustarella». E' il Christus vincit, sigla della Radio Vaticana, che per un attimo aggiunge - se ce ne fosse ancora bisogno - un tocco di colore all'entrata in scena dell'imputato e primo attore Sergio Iadeluca, consigliere circoscrizionale de. Quello beccato appunto con i soldi di un aspirante barista sotto i pantaloni. Adesso Iadeluca, che vorrebbe tanto non finire al gobbio, stringe la mano alla vittima, nel frattempo promosso neopresidente di associazione «anti-racket», e chiarisce che «se fosse successo a me mi sarei incazzato ancora di più». Ed è un recupero per certi versi incredibile, un rovesciamento assoluto di senso che sfugge alla logica. Sarà una congiunzione astrale negativa, l'imminenza delle elezioni, lo sgretolamento ideologico dei partiti di massa. Saranno gli effetti della presa di potere di una novissima classe di politici e tecnici comunali voraci e impudenti oppure i risultati di un giro di vite da parte delle autorità di vigilanza. Fatto sta che a Roma non passa settimana senza una qualche vicenda scandalosa. Quel che colpisce però, oltre alla quantità degli episodi, è l'atmosfera - tutta romana - che li accompagna. Un che di sfrontato, di farsesco, uno «strano ma vero» che rende sia i ladroni che i rubagalline del teatrino municipale dei personaggi a loro modo fuori dell'ordinario. Ammalata di scetticismo, per credere e appassionarsi alle sue storie di straordinaria corruzione, la capitale ha bisogno di vedere, di sentire. Dove mai l'arresto di due tecnici comunali, che pretendevano 5 «merluzzi» 5 per trasferire un ristorante, è entrato nelle case dei concittadini grazie ai servizi, appunto, di Teleservicel E quale romano non ha avvertito una scintilla, una sensazione di verità di fronte ai nastri che documentavano con pause, ammiccamenti, gergo e technicalities le provvidenze richieste dall'assessore «Gasparo-' ne» (il de Arnaldo Lucari) a un paio di imprenditori per ungere le ruote: «E' il dieci per cento», «Il dieci?», «L'hai detto tu...?». Il tutto, guarda un po' i casi, per una questione di lavori di pulizia. Peccato non ci fossero bobine né riprese tv per quell'altra storia paradossale, scivolata via senza troppi clamori. Eppure c'era una vera e propria orga¬ nizzazione che intascava tangenti e prometteva appalti (strade e arredo stradale) millantando forti agganci politici. E come in un film di Albertone il «cliente» che tentennava veniva portato la sera tardi negli uffici della regione, oppure nella sede di «un partito di governo» (così le pudiche cronache), e si convinceva. Truffa di conio tangenzialpartitocratico all'insegna del verosimile che ha fruttato una ventina di miliardi (altrimenti detti «fischioni»). In compenso, sempre negli ultimi quattro mesi, e forse solo per. ragioni che anche qui hanno a che fare con l'irragionevole, è risultata piuttosto appetibile la vicenda del «totocalcio dalla finestra». In breve: un bel giorno Adriana Adriani, proprio così, moglie di Gianfranco Rosei, garante Usi per la de, si secca e butta giù per la strada 13 milioni di sospetta (per lei) provenienza. Per maggior sicurezza, altri 90 li consegna direttamente ai carabinieri. Minor risonanza, purtroppo, ha invece il caso giudiziario dell'hotel Roma, che pure offre parecchi spunti di eccentricità amministrativa. Germogliato nel posto sbagliato e con i tempi sbagliati, l'albergo Roma, metafora di un ceto politico cresciuto all'ombra e quasi schiacciato dal vero potere, vede oggi un amministratore del psdi nel duplice ruolo di inquisito e, in quanto assessore all'Avvocatu¬ ra, inquisitore. Roma ladrona. E pensare che quest'estate tre democristiani della provincia - che cuoricini avevano addirittura querelato Bossi per questo suo slogan. E non era ancora stata attivata la commissione Antimafia, oltretutto da altri de, per certe storielline a proposito della variante di salvaguardia ambientale. Non si conoscevano i risvolti capitolini del dossier Graci. Non erano state arrestate un paio di impiegate dell'ufficio del registro, a inaugurare l'arrivo del genere femminile in tribunale per questioni, diciamo, di ufficio. E, a parte Rosei, Iadeluca e «Gasparone», tutti per carità senza condanna perciò innocenti fino a prova contraria, sulle pagine dei giornali della capitale non aveva ancora trovato ospitalità l'epopea di un de ex garante della Usi Rm 22, che si chiama, ma sul serio, Santino Esigibili. Dalle cui testimonianze giudiziarie si staglia il seguente dialoghetto filosofico, piccola perla di consuetudini amministrative: «Un giorno si presenta al mio negozio il presidente della cooperativa con la valigetta: "Mbè, preside, io me so' rotto li coijoni: sti sordi me li devi dà. Se devo dotte quarcosa te la dò". "Tu nun me devi dà gnente, tu vieni sù, vediamo se se po' fà, io nun posso prenne i sordi e datteliperché c'è tutta na'prassi specifica..."». Mala Roma. «All'età di 15 anni, senza saperlo, fui iscritto da mio cugino alla democrazia cristiana...»: questo il solenne incipit del memoriale di Iadeluca. Quello delle mutande, ma anche della stretta di mano alla vittima. Filippo Cec carelli

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