Washington città chiusa all'Olp di Paolo Passarini

Washington città chiusa all'Olp Negato il visto ai consiglieri dei palestinesi per la fase 2 della Conferenza Washington città chiusa all'Olp Atteso per oggi il sì di Israele e Siria Gli ultra: «Shamir burattino Usa» WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Il momento della verità è arrivato per la prosecuzione dei colloqui di pace sul Medio Oriente, che gli Usa hanno proposto riprendano a Washington il 4 dicembre. Il Dipartimento di Stato ha annunciato ieri che non concederà il visto di ingresso ai consiglieri dell'Olp, che a Madrid avevano coordinato dietro le quinte i movimenti della delegazione formata da palestinesi dei territori. E i palestinesi, che finora non hanno accettato l'invito ufficialmente, ma sembravano favorevolmente disposti, potrebbero cambiare idea. Sul versante opposto, gli israeliani, già irritati perché gli americani avevano comunicato la scelta di Washington prima ai palestinesi, sono stati ulteriormente urtati dai contenuto di un piano di pace che gli Stati Uniti hanno inviato assieme all'invito. «La nostra proposta è nota, noi non accettiamo condizioni», ha dichiarato ieri Margaret Tutwiler, portavoce del Dipartimento di Stato, quando le è stato chiesto se i consiglieri dell'Olp potranno ottenere il visto. «La nostra politica è quella di concedere visti a membri dell'Olp solo per ragioni umanitarie, se qualche parente qui sta.male, se un membro della famiglia sta morendo. Secondo il mio punto di vista, una negoziazione bilatera¬ le non è un caso umanitario». Nei giorni scorsi, sia esponenti dell'Olp sia Hanan Ashrawi, palestinese dei territori occupati che aveva partecipato alla Conferenza di Madrid, avevano chiesto che, a Washington, i consiglieri dell'Olp potessero godere delle stesse facilitazioni di cui avevano goduto nella capitale spagnola. Israele, che aveva escluso la possibilità di intrattenere colloqui diretti con esponenti dell'Olp, a Madrid aveva accettato di incontrarsi esclusivamente con palestinesi dei territori compresi in una delegazione giordano-palestinese. E aveva chiuso un occhio sul fatto che anche i palestinesi dei territori appartengono all'Olp, evitando di irrigidirsi sulla presenza a Madrid di un gruppo di consiglieri dell'Olp dietro le quinte. Una soluzione del genere potrebbe in teoria essere stata adottata anche per i colloqui di Washington, ma gli Usa hanno assunto una posizione rigida, che ha suscitato sorpresa e potrebbe far saltare tutto. La spiegazione più diffusa è che gli americani hanno voluto compiere un gesto di distensione verso Israele, molto irritata per il contenuto del piano di pace. Il piano non è stato reso pubblico, ma se ne conoscono alcuni punti. Gli Usa, innanzitutto, propongono che Israele e Siria comincino a discutere delle alture del Golan, sulla base di un disponbilità israeliana a restituirne subito almeno una parte, in cambio di una disponibilità alla pace da parte siriana. Questa proposta è stata sicuramente avanzata dagli Usa per ottenere il «sì» della Siria ai colloqui di Washington. Il piano, inoltre, suggerisce che Israele cominci a ritirare le truppe dalla «fascia di sicurezza» nel Libano meridionale, almeno dalla città di Jezzine, zona di ripetuti incidenti dove anche ieri sono stati feriti due soldati israeliani. E, inoltre, nelle sei pagine in cui è racchiusa la loro proposta, gli Usa specificano alcune idee su come dovrebbe es¬ sere stabilito l'autogoverno palestinese nei territori occupati. Il governo israeliano, incalzato anche dalla contestazione dei partiti religiosi ultra che minacciano la crisi criticando eccessivi cedimenti agli Stati Uniti, si sente pressato da Bush, che molti a Tel Aviv accusano di non comportarsi da «onesto mediatore». Con la mossa di ieri, il Dipartimento di Stato ha tentato probabilmente di riequilibrare la situazione. D'altra parte, Bush e Baker sperano evidentemente che i palestinesi, già orientati a mandare a Washington la stessa delegazione di Madrid, non si irrigidiscano facendo saltare tutto, soprattutto alla luce del fatto che il piano americano contiene delle idee più vicine al punto di vista arabo che a quello israeliano. Agendo così gli Usa hanno preso un rischio, dal momento che solo Giordania e Libano hanno ufficialmente assicurato la loro presenza a Washington. «La palla è nel loro campo», ha detto ieri Tutwiler, riferendosi a tutte le parti, facendo capire che una diplomazia senza strappi ha ormai esaurito la sua funzione. Paolo Passarini Il consigliere palestinese Saeb Erekat indossa provocatoriamente una keffiah ai colloqui di pace di Madrid [FOTOAP)

Persone citate: Baker, Bush, Golan, Hanan Ashrawi, Margaret Tutwiler, Saeb Erekat, Shamir, Tutwiler