Gli herpes della Melato e la diarrea di Aroldo Tieri

Gli herpes della Melato e la diarrea di Aroldo Tieri Gli herpes della Melato e la diarrea di Aroldo Tieri Sopra la Melato, che somatizza A sinistra Poli: «Non ho paura» prima o prendo dei calmanti o non ce la faccio. Una paura da morire: paura di non ricordarmi le battute, i movimenti, paura di impaperarmi. Questo dipende anche dal fatto che le mie prime sono state tutte in spettacoli di Ronconi, quindi lunghi, con molti appuntamenti da rispettare: e sai che in quel momento tocca a te far arrivare al pubblico tutto quello che hai costruito, durante le prove». E per finire, ecco invece uno che non ha paura del lupo cattivo. Figuriamoci, poi, della prima: Paolo Poli. «Sarà che io non sono soltanto attore, ma anche regista e produttore di me stesso: per cui mi preoccupo più dell'andamento dello spettacolo che non di quello che devo fare io. E le ansie, ci sono tutte le sere: giorni fa, per esempio, ho dovuto andare in scena con venti minuti di ritardo perché non arrivava un ballerino ed ero così nervoso che ho perso una scarpa durante il balletto e ho dovuto fare dieci piroette in più per recuperarla. E poi oggi, diciamolo, non esiste più, la sera della prima. Ci sono quelli che fanno la prova generale col pubblico, a porte aperte: quelli che fanno la prima per i dipendenti della ditta di impermeabili, a porte chiuse; quelli che fanno l'anteprima a beneficio dei bambini scrofolosi, a porte semiaperte. Uno dovrebbe farsi venire l'attacco di diarrea tutte le sere». Nella foto grande Gassman: prima del debutto, a luci spente, percorre il palco a grandi falcate. Qui accanto Valeria Monconi: i suoi amuleti sono tre palle di peluche sino i tecnici, ormai tengono in tasca. Poi, ci sono i portafortuna personali, spesso segreti: Anna Proclemer non manca mai di portare con sé una scarpetta, una tartarughina e una lucertola in ottone, doni di amici; Valeria Morieoni tre palle di peluche, rosa carne; Arturo Brachetti deve truccarsi con un certo pennello, sempre lo stesso; Elisabetta Pozzi non debutta senza la sua collezione di Puffi; Riccardo Bini porta sempre con sé un coniglietto azzurro, di peluche; Mariangela D'Abbraccio, un leone di pezza. Giorgio Albertazzi, fortunatamente, usa scaramanzie più voyeuristiche: «L'unica cosa che mi porti bene è un bel paio di gambe, in prima fila». E se non ci sono? «Ci si butta lo stesso, e via». Aroldo Tieri sostiene che la sera della prima segna, ormai, solo i «grandi», intesi come età. «I giovani - dice - sono immuni da questo tipo di paure. Sono talmente arroganti, i giovani, talmente sicuri di sé: certo, non provano più niente». Non è vero. Galatea Ranzi, 24 anni portati con discrezione, quasi ne calma e ponderata di chi essendo sicuro del lavoro che ha fatto è conscio di non buttarsi in un'avventura». O come Marisa Fabbri: «Conduco un lavoro talmente approfondito e serio durante le prove che arrivo alla prima preparatissima. Nessuna paura, solo la massima concentrazione». E chi, infine, assapora l'inevitabile ansia con estrema voluttà, come Massimo De Francovich: «Io sento una straordinaria eccitazione, che so irripetibile: e proprio per questo, col passare degli anni, ho imparato a gustarmerla goccia a goccia, centellinandola quasi fosse qualcosa di sublime. Qualcosa che ti afferra la mattina sotto forma di angoscia e si trasforma in una frenesia sempre più intensa, che raggiunge l'acme al momento di entrare in scena. Hai passato 50 giorni a provare in un teatro vuoto ed eccoti alla verifica. Sei finalmente a tu per tu con un'entità sconosciuta: il pubblico». Non si contano gli oggetti scaramantici: i più diffusi sono i chiodi storti, raccolti sul palcoscenico, che quasi tutti, per¬ fossero 18, confessa con la sua voce quieta e bassa, da timida: «Per me la sera della prima è terribile: c'è una sorta di fremito gelido che comincia a scorrermi nelle ossa sin dal mattino e non mi abbandona più. Né io faccio niente per combatterlo, perché sono convinta che serva a darmi la carica di cui ho bisogno». Massimo Popolizio ha trent'anni e tanta paura: «Sono uno che si emoziona moltissimo: specie negli spettacoli di Ronconi il quale ti carica a tal punto durante le prove che quando arrivi al debutto sei lì, pronto ad esplodere. Allora, la paura mi attanaglia alla sprovvista sin dal pomeriggio e non c'è più verso: la faccia mi si ricopre di macchie rosse, una sorta di morbillo da prima. Confesso, però, che è un malessere piacevole, perché sai che quella sera è determinante, ti giochi tutto. L'incontro col pubblico è il coronamento del lungo lavoro fatto e lo spettacolo, finalmente, prende vita. O muore, strozzato sul nascere». Altrettanto in preda alle ansie, Riccardo Bini, 32 anni: «Io, la sera della Donata Gianeri Non è allegro il concerto del cantautore milanese che racconta l'Italia di questi anni, fetta di televisione: successo al Colosseo

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