Giacometti il mondo disfatto

Parigi rievoca il grande scultore con 300 opere e scritti inediti Parigi rievoca il grande scultore con 300 opere e scritti inediti Giacometti, il mondo disfatto AlMusée d'Art Moderne ricostruito anche lo studio Nella rassegna la supervisione della vedova e del fratello E per l'occasione esce un saggio delVamico poeta YvesBonnefoy Eft PARIGI j la nozione di «distanza» al centro della più grande mostra mai organiz 1 zata dalla città di Parigi sull'integralità dell'opera di Alberto Giacometti. Più di 300 opere - tra sculture, disegni e pitture, provenienti dalle principali collezioni europee e americane, pubbliche e private - saranno esposte al Musée d'Art Moderne dal 30 novembre al 15 marzo. Supervisori della retrospettiva, la vedova dell'artista, Annette, e il fratello Bruno. Soggiogato da Giacometti, nel '48 Jean-Paul Sartre scrisse su di lui un saggio intitolato, balzachianamente, La ricerca dell'assoluto. «Non ci si avvicina a una scultura di Giacometti», diceva Sartre. «Giacometti pone la distanza a portata di mano, sotto i nostri occhi spinge una donna lontano, e lei resta lontana anche quando la tocchiamo con la punta delle dita». Partendo dal Busto del fratello Diego scolpito nel 1914 - Giacometti aveva allora 13 anni - la mostra è cronologica. Più rapida sulla prima età dell'artista (l'arrivo a Parigi nel '22 dalla Svizzera natia, le lezioni di Bourdelle alla Grande Chaumière, l'approccio con il surrealismo e le arti primitive), la visita prende un ritmo di approfondimento, di scavo accanito, a partire dal '35. Si segue ogni passaggio, di opera in opera, del progressivo ritorno di Giacometti all'immagine. Cerniera, il bronzo Homme et/emme: la donna è a cucchiaio, l'uomo ad arco le punta contro il sesso come una spada. L'unione è descritta dal membro acuminato che compie l'atto d'amore ma insieme obbliga i due corpi a una distanza, quella della sua lunghezza. André Breton non volle capi-: re perché Giacometti, dopo la guerra, dopo èssere stato fervente adepto dell'astrattismo, decise di abbandonarlo quando cominciava a diventare un linguaggio. Ritenendolo un tradimento al surrealismo, Breton rifiutò il percorso di Giacometti, gli disse: «Lo sappiamo tutti che cosa è una testa». Per lui, invece, il problema era tornato ad essere proprio quello: cercare di scoprire tramite la somiglianza tra la testa reale e quella ritratta, la verità della figura. E insieme risolvere la questione della distanza che unisce separando, il tema di Homme et femme. «Una ricerca assurda e impossibile» la definì lui stesso, ma «da tentare assolutamente». Spoglia all'estremo, con una illuminazione pacata e uniforme, la mise en espace delle opere al Musée d'Art Moderne è studiata per mettere in rilievo l'awetura della forma nei quadri e nelle sculture degli Anni 40-50. Dal Ritratto della madre del '37 che segna il riemergere della figura, lungo il suo graduale riallontanamento fino al limite della scomparsa: le notissime figure filiformi, in cui MODENA Diciannove taccuini Alla Galleria Civica Enrico Prampolini - Taccuini inediti 1942-1956 (fino al 19 gennaio). Questi diciannove taccuini rappresentano un particolare diario di lavoro dell'artista e servono assai bene a sottolineare certe particolarità, poi ritrovabili in opere realizzate con le varie tecniche, che sono peculiari di Prampolini (Modena 1884 - Roma 1956). Sono esposti i disegni delle «Venezie», i disegni astratti del secondo dopoguerra, sino agli studi di matrice neo cubista e picassiana, di questo personaggio poliedrico. Saggio di Enrico Crispolti, catalogo Nuova Alfa. FIRENZE Maestro secessionista Palazzo Strozzi. Gustav Klimt (30 novembre - 30 marzo 1992). I quaranta dipinti del maestro viennese - provenienti da nume¬ a lungo, soprattutto a partire da una notte passata interamente con lui di locale in locale man mano che chiudevano e poi per le vie di Parigi fino a mezzogiorno dell'indomani, quando lo vide scendere le scale del metrò Place Bianche, sotto Montmartre. Bonnefoy (22 anni meno di: Giacometti) riconobbe in lui «un maestro e un fratello». In questo libro, che ha impiegato 12 anni a scrivere, ha voluto parlare del «dèmone» di Giacometti. «Quel dèmone che a lui che voleva testimoniare che c'è un mondo - tentava di far credere al contrario che non c'è nulla» dice Bonnefoy, e descrive la mano dell'artista, il suo sforzo per ricreare un volto,; una figura, mentre il dèmone gliela sottrae «per non lasciar-! gli che la smorfia, quella che Amleto vedeva con orrore sul teschio». Quella stessa del Naso. «Ci sono ritratti di Diego o di Annette», dice Bonnefoy, «in cui la malizia del dèmone si è imposta, fuggitiva. Ma Giacometti la scacciava ingiuriandola fin nelle profondità del suo lavoro, e il dèmone non ha mai trionfato». Per Bonnefoy il poeta moderno dovrebbe imitare Giacometti, cercando di «ristabilire il contatto con ciò che la realtà ha di pienezza, di evidenza, quando cessa di interporsi tra lei e noi il linguaggio che la descrive». La parte conclusiva della mostra evoca l'uomo Giacometti: con i ritratti fotografici che di lui hanno fatto i maggiori artisti dell'obiettivo, da Brassa'i a Man Ray, Cartier-Bresson, Robert Doisneau. Ma soprattutto con le pareti - trasportate al museo - del suo celebre atelier del 46 di Rue Hippolyte Maindron. Quell'atelier in cui entravano come in un antro Jean Genet e Michel Leiris, «territorio» dell'artista che entrambi descrissero. Il visitatore a sua volta vi entrerà, con in mano gli Scritti di Alberto Giacometti raccolti in volume proprio da Leiris, ultimo suo impegno prima della morte lo scorso anno. Edito da Hermann, il volume contiene una sezione di inediti. Giacometti vi racconta di due pietre. Una prima pietra grande, dorata, che gli mostrò il padre quando lui aveva 5 anni, superando la quale si accedeva in una caverna che divenne da allora suo rifugio abituale. E un'altra pietra, nera, invece, scoperta più tardi, minacciosa e sinistra: «La sua esistenza mi era intollerabile. Sentii subito - non potendo farla scomparire - che dovevo ignorarla, dimenticarla, non parlarne a nessuno. Invece mi avvicinai, ma con la sensazione di cedere a qualcosa di proibito, segreto, losco. La sfiorai appena con repulsione e spavento». Un mistero fortunatamente non svelato, che Giacometti portò via andandosene l'inverno di 25 anni fa. la riduzione infinitesimale della materia si ferma solo quando non è più salva altro che la dimensione verticale. «Straordinarie figure» scrisse ancora Sartre. «Non si capisce se stanno apparendo o scomparendo». Probabilmente, concluse, «le due cose insieme». Captando la somiglianza, ma ridotta ai minimi termini, Giacometti tornava in quegli anni a riflettere sulla «copia» e su come era cambiato il suo modo di praticarla rispetto a quando studiava in Italia da ragazzo. «Ho fatto un enorme progresso», considerò, «ora non avanzo che voltando la schiena allo scopo. Non faccio che disfacendo». Confessò che quel processo di eliminazione di uno schermo dopo l'altro si era ormai fatto irreversibile. Seduto al tavolino di un caffè, le persone per strada le vedeva ormai così, «non posso più ricondurle a grandezza naturale» disse. Il braccio di ferro con la distanza lo aveva in qualche modo portato al di là del tempo: «Tutto è simultaneo come se lo spazio prendesse il posto del tempo». Della forma era rimasta la sola realtà, «pochissima cosa, misurabile, insignificante», e però vittoria sullo schermo ultimo, quello della morte. Il Naso, trofeo tra l'osceno e il comico, chiude a simbolo la parte più corposa della mostra: scultura di un ghigno con la lunghissima protuberanza, di nuovo la misura della distanza. Il poeta Yves Bonnefoy ha pubblicato in tempo per accompagnare l'esposizione un libro a cavallo tra la monografia e il saggio biografico. Libro che è a sua volta un'opera d'arte, Giacometti, biografia di un'opera, uscito in Francia e contemporaneamente in traduzione italiana (Leonardo editore). Bonnefoy ha la cattedra di letteratura comparata al Collège de France, da molto tempo è appassionato dei rapporti tra parola e immagine, scrittura e figura. Di Giacometti fu amico SCEGLIENDO TRA Gabriella Bosco TORINO Tullio Pericoli Galleria Davico. Tullio Pericoli Paesaggi e personaggi (fino al 4 gennaio). Il notissimo disegnatore e artista presenta ritratti dei personaggi celebri che ha incontrato o immaginato e paesaggi che l'hanno colpito. Il tutto trasformato dalla sua abile penna e dall'innata ironia. La rassegna è accompagnata dal volume «Tullio Pericoli attraverso il disegno», a cura di Roberto Tassi, con testi di Guido Almansi e Antonio Tabucchi. Fabbri Editori.