«Quella canzone è mia, non di Morandi» di Giorgio Bocca

«Quella canzone è mia, non di Morandi» «Quella canzone è mia, non di Morandi» Con sincerità, io ho sempre preferito la mia versione è il mio arrangiamento». Invece accadde che la casa discografica per il lancio della canzone preferì Morandi. «Il produttore Franco Migliacci diceva che Gianni aveva bisogno di rinnovare il suo repertorio. Manifestai apertamente il mio dissenso. Ma vinse la legge del più forte». Naturalmente Lusini può consolarsi con i diritti d'autore. «Sono grato a Gianni di aver fatto conoscere a tutti la mia canzone. L'unica cosa che mi dispiace è che quella canzone, che era una canzone pacifista e contraria a tutte le guerre, qualcuno l'abbia usata e interpretata come un manifesto a favore di una delle parti in conflitto», [p. bat.J «C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones». E' la prima strofa della canzone-simbolo della protesta giovanile contro la guerra del Vietnam. Nella memoria comune quella canzone, poi resa famosa in tutto il mondo grazie all'interpretazione fattane da Joan Baez, è indissolubilmente associata alla voce e al volto di Gianni Morandi. Ma C'era un ragazzo appartiene a un altro cantautore, Mauro Lusini. A 25 anni di distanza, Lusini vuole rientrare in possesso della sua creatura, che rilancia in un nuovo disco. «Andò così. Presentai nel '66 la mia nuova canzone al Festival delle Rose dove, con una formula simile a quella di Sanremo, la stessa canzone veniva interpretata da due cantanti: io e Gianni. un articolo dal titolo eloquente: «Orfani». In Francia le «scuse» pubbliche di Jean-Paul Sartre all'eterno nemico Raymond Aron divennero il simbolo del vero e proprio terremoto suscitato negli intellettuali francesi dall'immagine dei boat people. Ma in Italia ancor oggi l'argomento Vietnam divide gli animi. Come è accaduto lo scorso 9 novembre quando, nel corso della trasmissione Il coraggio di vivere, Oriana Fallaci e Tiziano Terzani, entrambi testimoni diretti del conflitto vietnamita, si sono scambiati accuse pesantissime. cui il Nord comunista voleva annettersi il Sud filo-occidentale, ha sostenuto Oriana Fallaci, anche lei un tempo «tifosa», poi pentita, della causa vietcong. Non è vero, ha replicato Terzani: fu una guerra di liberazione e chi, come la Fallaci, sostiene il contrario, falsifica la realtà. «Non c'è dubbio che la guerra del Vietnam sia stata una guerra civile», ricorda invece Zincane: «Mi trovavo lì quando, nell'aprile del-'75, l'esercito regolare nordvietnamita era oramai a 20 chilometri da Saigon. E la popolazione aspettava con autentico terrore l'ai-rivo dei "liberatori". Per me, che avevo condiviso tutta la mitologia della guerra com¬ Quella del Vietnam fu una guerra civile in Londra: la compagna d battuta dagli "inermi" contro i "potenti", fu molto difficile accettare una realtà completamente diversa». I giovani americani che bruciavano le cartoline-precetto, i cortei che scandivano ritmicamente «Giap, Giap, Ho Chi Minh», i sit-in, le veglie, le fiaccolate, «Johnson boia», «Nixon boia», un pianista come Maurizio Pollini che scandalizzava la borghesia milanese dedicando un concerto all'«eroico popolo vietnamita»: sulla «mitologia» evocata da Zincone si forgio la «generazione del Vietnam». Giorgio Bocca, nel Provinciale, ricorda quando nel '68 venne invitato alla Statale di Milano a ello scrittore morto in aprile, tagliata fuori dal lascito, dà battaglia