«Metanolo morti dimenticati»
«Metanolo, morti dimenticati» I familiari delle 19 vittime accusano: dopo 5 anni nessuno ci ha risarciti «Metanolo, morti dimenticati» 77processo comincia tra le polemiche MILANO DAL NOSTRO INVIATO Si sono ritrovati nella grande aula della corte d'assise, circondati da avvocati, cronisti, cameramen. Vittime del metanolo, con il bastone bianco della cecità e gli imputati accusati di aver immesso sul mercato il micidiale intruglio di vino e alcol metilico che causò la morte di 19 persone (7 in Lombardia e Liguria, 5 in Piemonte) e lesioni gravissime ad un'altra ventina. La strage del metanolo è approdata così ieri mattina in assise, dopo oltre 5 anni, durante i quali i giudici istruttori Tucci e Grigo e il pm Nobili hanno raccolto casse di documenti, verbali di interrogatori, risultati di analisi. Cinque anni per ricostruire la nascita e il tragico sviluppo di una truffa, diventata strage, che vede coinvolti 18 tra commercianti di vino, falsi industriali del settore chimico, compiacenti autisti. Sono i tentacoli della piovra del metanolo, estesasi con sorprendente rapidità dalla fine del 1985 alla primavera 1986, inquinando il vasto settore del commercio dei vini a basso prezzo, di dubbia qualità. Per nove imputati la sentenza di rinvio a giudizio richiama i reati di omicidio volontario plurimo, lesioni gravi, e associazione per delinquere. In questo gruppo ci sono Giovanni e Daniele Ciravegna, padre e figlio, i commercianti di Narzole (Cuneo) che hanno diffuso il vino avvelenato al metanolo. Daniele, 31 anni, diploma da enotecnico, impermeabile e occhiali scuri, ripete la sua tesi difensiva: «In azienda mi occupavo delle vendite, non lavoravo in cantina. Comunque con il vino ho smesso, da tre anni vendo macchine agricole, ho cambiato paese». Il padre Giovanni, 63 anni, è «in pensione», anche se risulta ancora iscritto alla Camera di commercio. Cantina e macchinari sono fermi. Dice di «avere la coscienza a posto» e in un memoriale destinato ai giudici respinge il ruolo di «capro espiatorio». I Ciravegna hanno già trascorso i 18 mesi di carcerazione preventiva a San Vittore, con il rito abbreviato, condoni e sconti di pena, sperano di non dover tornar più dietro le sbarre. A loro i giudici milanesi affiancano un gruppo di trafficanti romagnoli, veneti e lombardi che si erano procurati il metanolo, imprudentemente tolto dai controlli della Finanza nel 1984. Sono Giuseppe Franzoni, Romolo Rivola, Roberto Piancastelli, Francesco Ragazzini e Raffaele Di Muro Lombardi, titolari di aziende chimiche fantasma scoperte nel Ravennate e nel Veronese che emettevano fatture e bolle di accompagnamento fasulle per giustificare il consumo di metanolo. Imputati anche due trasportatori del vino-killer: Adelchi Bertoni e Roberto Battini. Gli altri sono accusati di adulterazione di sostanze aumentali. Tutti gli imputati ieri mattina, hanno chiesto i «riti speciali» previsti dal nuovo codice. Patteggiamento per chi è accusato di sola sofisticazione (pene da 3 a 10 anni) e rito abbreviato per gli accusati di omicidio, con pe¬ na ridotta di un terzo. Il dibattimento è stato rinviato a lunedì. Se il pubblico ministero Nobili accetterà, come sembra, le richieste degli imputati, non ci saranno nuovi interrogatori e la corte deciderà su quanto già acquisito agli atti. Numerossime le costituzioni di parte civile. In fondo all'aula accompagnava la madre Valeria Zardini, resa cieca dal vino al metanolo, Roberto Ferlicca, di Nova Milanese, che ha dato alle stampe un pamphet dal titolo «Terrorismo acido». «Racconto la storia della nostra famiglia. Mio fratello dissociato delle Br si è fatto 5 anni in galera, senza aver ucciso nessuno, questi hanno ammazzato e rovinato la gente, ma la giustizia concede loro sconti e intanto mia madre vive con le 300 mila al mese della pensione di invalidità». Anche tre associazioni dei consumatori, in veste di parti civili, sottolineano come lo Stato abbia speso 50 miliardi per la ripresa di immagine del vino italiano, ma non ha pensato alle vittime, che finora non hanno ancora ricevuto nulla. Oltre ai familiari delle vittime, ieri in aula c'era anche Carlo Odore, 53 anni il commerciante astigiano, cliente dei Ciravegna, nei cui bottiglioni furono trovate le dosi mortali di metanolo. L'azienda Odore è fallita, e lui chiede un risarcimento di un miliardo e mezzo. Sergio M travalle Giovanni Ciravegna in aula a Milano: per la vicenda del metanolo sono imputate 18 persone
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