Roberta, il giorno dell'illusione

Roberta, il giorno dell'illusione Ma la Lombardia è sotto assedio e il blitz degli agenti sembra imminente Roberta, il giorno dell'illusione «E' stata liberata», poi arriva la smentita BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO E' come se fosse cominciato il conto alla rovescia finale, per il sequestro di Roberta Ghiaini. La zona di Centenaro, Lonato, Desenzano è assediata dai posti di blocco. I pattuglioni di blindati sono in caccia tra il verde e la pioggia del basso Garda, strada dopo strada, casolare dopo casolare. Il tempo scappa. Mancano tre giorni alle elezioni. Roberta non si trova. E la banda è identificata: famiglia Ierinò, cosca di Gioiosa Jonica. Il primo allarme scatta alle 14: «E' libera», annuncia una televisione locale bresciana . La notizia fa il giro d'Italia, rimbalza a Reggio Calabria, Catanzaro, Roma. Ma è falsa. Alle 14,50 il capo della polizia Vincenzo Parisi, firma la smentita ufficiale. Eppure le voci non si fermano. Dalla villa di Centenaro, alle 15,30 escono le due Mercedes della famiglia Ghidini, precedute da una volante apripista. La polizia presidia il casello dell'autostrada, le tre auto filano verso Brescia. Da Roma una certezza: Vincenzo Parisi ha lasciato il Viminale. E' partito. Sta arivando qui. Torna a salire la febbre, cominciano le ipotesi. La più insistente dice che la prigione di Roberta è stata individuata, è qui, nella zona accerchiata dai controlli, tra i residence vuoti del Basso Garda, e che i reparti speciali stanno preparando l'irruzione. In una pausa di falsi allarmi, nervosismi, telefonate anonime, si ricapitola la mappa delle indagini. Primo. Il sequestro sarebbe stato organizzato grazie a un gruppo di calabresi in soggiorno obbligato a Lumezzane, il paese dove la famiglia Ghidini ha abitato^sino. a un anno e mezzo fa. Almeno due pregiudicati, sono spariti dalla circolazione in questi giorni. Li ha portati qui una storia di sangue: omicidio a Nardo di Pace, gennaio '87. Condannati a Catanzaro. Detenuti nel carcere di Matera. Trasferiti a Padova, agli arresti domiciliari. Assolti in Appello perché i testimoni, rifiutano di comparire in aula o ritrattano. Infine collocati in soggiorno obbligato a Lumezzane. Secondo. Salvatore Bava, fermato il giorno del rapimento nell'area di servizio Badia Al Pino, ora accusato di «concorso in sequestro di persona» è stato interrogato per 3 ore e mezza nel carcere di Verziano fuori Brescia. Nega tutto, ma non sa dare una spiegazione convincente sulle quattro ricetrasmittenti, i quattro sacchi a pelo e la tenda canadese ancora sigillata - che la polizia stradale ha trovato nel baule della Bmw. Non sa spiegare come mai si trovasse a Desenzano, né come mai sia entrato in autostrada alle 7,40 dal casello distante appena duei mi¬ nuti dal luogo dove Roberta Ghidini, alle 7,30 in punto, è stata prelevata dai sequestratori. Terzo. Anche l'altro indiziato, Giovanni Fama, bloccato a Roccella Jonica il giorno successivo al rapimento, cognato di Salvatore Bava, è stato interrogato nel carcere di Catanzaro e poi trasferito qui. Quarto. E' stata confermata l'identità dell'uomo filmato dalla telecamera a circuito chiuso nell'Autogrill di Badia Al Pino, accanto a Salvatore Bava. Si tratta di Vittorio Ierinò, uno dei capi dela cosca di Gioiosa, forse il cervello del sequestro. Quinto. Sono ricercati altri due personaggi di spicco. Il più importante è Giuseppe Ierinò, fratello di Vittorio, 39 anni, condannato a 13 anni per il sequestro di Tobia Matarazzi di Siderno, latitante dal 1985. Potrebbe essere lui l'uomo piccolo, brizzolato, forte accento meridionale - che subito dopo il sequestro ha guidato la Bmw di Roberta Ghidini sino al parcheggio dell'azienda Borgonovo. Andandosene, ha detto al custode: «Bevo un caffè e ritorno». L'altro è Salvatore Seminare, padrone della Bmw, bloccata sull'autostrada, latitante. Davanti alla prefettura, inizia l'assedio. Arriva Parisi, arriva la famiglia Ghidini, arriva Achille """"i, capo del Nucleo Centrale .. polizia e gli investigatori del Dia, il neonato gruppo interiorze, alla sua prima prova operativa. Serra passa e dice: «Che Dio ce la mandi buona». Sono le quattro del pomeriggio. Su ogni strada che porta alla villa di Centenaro, compare una volante. Ogni accesso è sbarrato. A Lumezzane, Lonato, Castiglioni, Desenzano, Solferino, vengono di nuovo segnalati i pattuglioni della polizia in movimento. Ogni colonna - sei blindati più auto e uomini di supporto - passa al setaccio i casolari, le seconde case isolate e chiuse, le ville, i residence. Persino il procuratore capo Francesco Lisciotto, dice: «Parola mia, non ho mai visto una mobilitazione del genere». D'improviso la tensione sparisce. La famiglia esce dalla prefettura: l'incontro è durato pochi minuti, il capo della polizia li ha voluti solo conoscere e rassicurare. Parisi fila via e rientra a Roma. Se ne vanno Serra, il generale Tavormina e il suo vice De Gennaro. Restano le voci. Resta la stanchezza. In questo niente fatto di una tensione spasmodica, comincia la sesta notte di Roberta prigioniera. Potrebbe essere l'ultima. Ce ne sono tutti i segnali: quell'assedio imponente, quei cartelloni che ricordano il voto imminente. Ma potrebbe anche essere soltanto un'altra crudele illusione. Pino Corrias Roberta Ghidini, la ragazza sequestrata la scorsa settimana Giovanni Fama, arrestato a Gioiosa, e Vittorio Ierinò, latitante, probabile organizzatore del sequestro