Parliamone di Gianni Vattimo

E ADESSO IL PENSIERO ASCOLTI IL SILENZIO Parliamone E ADESSO IL PENSIERO ASCOLTI IL SILENZIO p ARLARE autenticamente del linguaggio - ha detto una volta Heidegger - significa tacere autenticamente del silenzio». Sarà il senso di questa frase ciò che stiamo scoprendo in questi ultimi tempi, nella sempre più intensa attenzione che si rivolge al silenzio anche e soprattutto da parte delle varie discipline filosofiche e scientifiche che hanno per oggetto il linguaggio? Di una svolta nell'atteggiamento verso il linguaggio è forse il sintomo più recente il convegno in programma all'Università di Lecce dal 24 al 27 ottobre, dedicato alla «Retorica del silenzio» con interventi di linguisti, critici e storici della letteratura, filosofi, antropologi. Ma nella stessa direzione andava, per esempio, il volume di Filosofia 90 pubblicato qualche mese fa presso Laterza, che poneva il problema di una filosofia «Oltre la svolta linguistica». Questo volume, e anche almeno in parte gli interventi previsti a Lecce, muovono dall'ipotesi che la centralità del linguaggio, che è stata la nota dominante nelle scienze umane (e non solo: si pensi a certe pagine di Eco nel libro su I limiti dell'interpretazione, dove il discorso si allarga alle scelte biologiche, per esempio), stia subendo un ridimensionamento. Per molti decenni era sembrato che per studiare produttivamente le varie relazioni che l'uomo instaura con il mondo, cioè le varie forme di cultura, la via migliore fosse quella di rivolgersi allo strumento più universale che si usa in queste relazioni, appunto il linguaggio. Così, la filosofia non è più stata ricerca di fondamenti oggettivi, ma riflessione sulle forme del discorso o, nel caso di Heidegger, ascolto del linguaggio visto come «La casa dell'essere». Nella psicoanalisi, il nome di Lacan è legato alla scoperta che «L'inconscio è strutturato come un linguaggio». E in generale, la popolarità dello strutturalismo a partire dagli Anni Sessanta ha significato anzitutto una estensione dei metodi della linguistica moderna ai più svariati campi delle scelte dell'uomo. Anche l'ermeneutica, la «moda» culturale più recente succeduta allo strutturalismo, si è legata inizialmente a questa credenza nella centralità del linguaggio. Ma ora sembra si cominci a riscoprire ciò a cui allude la frase ricordata di Heidegger, che il linguaggio accade e risuona solo su uno sfondo di silenzio. Il che si potrebbe tradurre così: anche l'idea che il linguaggio sia la casa dell'essere, o la struttura base di ogni relazione con il mondo, non è una verità eterna, ma solo la credenza reggente di una certa epoca e di una certa cultura. L'insofferenza che proviamo per la ripetitività e sterilità che ormai caratterizza tanti studi centrati sul linguaggio (le pile di testi «strutturalisti» che, ormai da anni, invadono i remainders!) sembra significare che, probabilmente a causa della irresistibile invadenza dei mezzi di comunicazione, siamo maturi per un pensiero che sappia ascoltare il silenzio, o almeno che riconosca i limiti della «svolta linguistica». Se è morto Marx, non potrebbe essere morto anche Saussure? Gianni Vattimo

Persone citate: Eco, Heidegger, Lacan, Marx

Luoghi citati: Lecce