BAMBINI TRADITI

BAMBINI TRADITI BAMBINI TRADITI Famiglia, tv, psicologi: come si abusa dell'infanzia le del vestiario a quelle degli alimentari, che vivono esclusivamente di prodotti destinati all'infanzia. Insomma i bambini (e tutta quell'ampia gamma di sentimenti che anche in modo involontario essi scatenano negli adulti) fanno notizia, come dicono i mass-media, e si trasformano in argomento di conversazione, o anche di discussioni appassionate, come nel caso dei bambini adottati o dati in affidamento, oppure diventano argomento di Convegni per richiamare - giustamente - l'attenzione del governo e del Parlamento su speciali leggi che tutelino l'infanzia dalla violenza. Soprattutto però, i bambini fanno vendere e, a parte le vendite dirette a loro (cioè tali da presentare anche vantaggi per i bambini stessi), come ad esempio giocattoli, merendine, vestiti e oggetti scolastici, esiste il fenomeno delle vendite in cui il bambino è usato in maniera indiretta, in un modo che potrebbe essere definito proditorio, laddove viene usata la loro immagine a fini di occulta persuasione. Rientrano in questo ambito anche certi libri che falsano il mondo infantile facendo finta di volerlo far conoscere. In questo caso ciò che dispiace non è tanto vedere che vi siano ad esempio persone che assemblano assieme testi infantili a loro piacere, ed editori che li pubblicano, ma soprattutto che queste «operazioni commerciali» (che qualcuno chiama libri) trovino poi un così vasto numero di acquirenti. Nessuno di questi compratori sente dentro di sé un poco di rispetto per i bambini veri e la loro personalità? D'altra parte anche la pubblicità ci ha ormai abituati ad ogni genere di espressione di cattivo gusto: non sorprende quindi che proprio i bambini siano usati sempre di più come «oggetto d'aggancio» dell'attenzione adulta, e quindi come strumento ed espediente per incrementare le vendite di qualsivoglia prodotto. E' chiaro comunque che tutti questi e simili atteggiamenti nei confronti dei bambini, non na¬ scono per caso, ed uno psicologo non fa fatica ad individuarne le cause, che trovano ovviamente la loro origine nel modo tradizionale e spesso arbitrario, degli adulti, di «vedere» e giudicare il mondo dell'infanzia. Proprio un certo modo tradizionale e superficiale di accostarsi ai bambini sembrerebbe responsabile, secondo un autore australiano, Ben S. Bradley, non solo dei comportamenti giornalieri dei genitori nei confronti dei figli, e di determinati atteggiamenti degli adulti, ma talvolta addirittura dei risultati scientifici ai quali sono giunti gli studiosi che da oltre un secolo si sono occupati dell'età evo¬ lutiva. Bradley, nel saggio Immagini dell'infanzia, giunge anzi a domandarsi seriamente «se lo studio dell'infanzia serva alla scienza in primo luogo come mezzo per costruire un quadro coerente di quello che accade nella vita mentale dei bambini, o se essi siano invece usati come argomento di discussione soprattutto per rappresentare il modo in cui gli scienziati vedono il mondo». Secondo questo studioso infatti, le idee scientifiche sulle fasi iniziali della vita umana potrebbero dividersi essenzialmente in due categorie, corrispondenti a due gruppi di scienziati, «coloro che vedono la psi¬ cologia del bambino come una branca della storia naturale, del tutto simile allo studio delle conchiglie o degli uccelli, e coloro che utilizzano i materiali sulla prima infanzia soprattutto per avvalorare le differenti interpretazioni sulla vita mentale dell'adulto». L'atteggiamento di fondo degli scienziati sarebbe infatti dovuto, a parere di Bradley, ai presupposti culturali, ai pregiudizi o al contesto culturale dell'interprete e soprattutto al fatto che, senza esserne consapevole, la ricerca scientifica tende a idealizzare irrealisticamente l'infanzia come un periodo di armonia e una specie diparadi- con la rassegnazione, se il figlio non era del sesso desiderato. In ogni caso, la cosa significativa era l'atteggiamento di fondo della società. L'abbandono era ampiamente tollerato, così come lo era la vendita dei bambini, o anche la loro «oblazione» o donazione (a quattro, cinque anni) ai monasteri, nel senso di destinare tutta la loro vita al servizio della Chiesa. Quest'ultimo motivo, anche se ispirato da motivi religiosi, non è meno sorprendente per la nostra sensibilità odierna. E a proposito, quale era l'atteggiamento della Chiesa verso l'abbandono dei bambini? Boswell lo trova sconvolgente. Molti importanti teologi raccomandavano infatti caldamente agli uomini di non frequentare bordelli per evitare di commettere incesto con una figlia abbandonata. «Quanti padri» si rammaricava Clemente Alessandrino «dimenticando i figli che hanno abbandonato, senza saperlo hanno rapporti sessuali con un figlio che si prostituisce o con una figlia che fa la prostituta!». [t. g. g.] so. Questa immagine antica, certo radicata in noi, è sicuramente responsabile di buona parte dell'atteggiamento degli adulti nei confronti dei bambini, e non risparmierebbe neppure gli scienziati dell'età evolutiva che, erroneamente, ritengono che il miglior indice dello sviluppo mentale sia un buon adattamento all'ambiente, mentre si escludono dall'indagine e dall'osservazione tutte quelle condizioni, dalla violenza perpetuata nelle case, alla povertà, alle difficoltà di rapporto fra i genitori, alle malattie collegate all'ansia, che invece colpiscono una gran quantità di bambini. L'immagine dell'infanzia come paradiso, per quanto irrazionale, potrebbe dunque essere una sorta di archetipo che a diversi livelli agisce in tutti noi, scienziati e studiosi, ma anche uomini della strada e addirittura, in certi casi, ingenui e inconsapevoli vittime delle trame altrui. Guardate il video davanti a voi e credete di essere sentimentalmente immersi nell'immagine di un bambino che con occhi sgranati ascolta una fiaba: in realtà nello stesso momento vi vendono un vile detersivo. Tilde Giani Gallino Ben S. Bradley Immagini dell'infanzia // Mulino pp. 257, L. 25.000 Ospedale delle bambole a S. Riagio dei librai (Foto di Mimmo Jodice, 1980) in quelli familiari o educativi. E' questa la scoperta più recente, legata ai progressi della psichiatria e della psicologia: il bambino sviluppa subito un suo sé, che può essere reso disarmonico da un intervento inadeguato dell'adulto. Dunque prima di allora l'infanzia non era considerata come tale? Un individuo veniva valutato come persona soltanto quando era maturo e in grado di badare a se stesso, quando riusciva a produrre. L'infanzia non era una categoria specifica. Oggi c'è un rovesciamento paradossale: si parla tanto di violenza contro i bambini in una società che presta enorme attenzione a loro. E' rimasto un elemento comune rispetto a quel periodo storico. Ancora oggi l'infanzia viene considerata come una età aliena: il bambino diventa oggetto di proiezioni aggressive o di eccessivo amore da parte dell'adulto. Ci sono figli troppo coccolati o troppo dimenticati, non li si cura in base alla fase evolutiva che attraversano. Quando è piccolo, il bambino ha bisogno di cure, quando è più grande di autonomia. La vostra esperienza di Telefono Azzurro che cosa vi insegna? Esiste un mondo infantile che si è dato una sua identità ed è molto attento al mondo degli adulti: cerca di adattarsi per patire meno sofferenze. Però il bambino è spesso non compreso, solo, dimenticato nella sua dimensione affettiva, mentre è troppo curata la sua dimensione di vita materiale. Sono cambiate le segnalazioni dagli adulti? C'è stata una maturazione nelle chiamate, una diminuzione dei casi più drammatici, mentre emerge una maggiore consapevolezza. Progressivamente il problema è diventato presente a molte più persone che cercano di condividerlo: oggi anche la scuola incomincia a intervenire a scopo preventivo. E i bambini, quelli che da qualche mese si rivolgono alla linea gratuita, che cosa chiedono? Manca loro un rapporto con l'adulto, che sentono vicino soltanto fisicamente. Chiedono comprensione, aiuto: vogliono capire come far cambiare i comportamenti degli adulti che hanno intorno. Gigi Padovani