IMPERATORE A CAVALLO di Giorgio Ruffolo

IMPERATORE A CAVALLOIMPERATORE A CAVALLO "B~ ^TN barattolo caduto \ j I in un tombino di RoI I ma nel 2077 riaffiora j ; I nella «laguna melH I mosa» di Chioggia I I nel 1177, mentre a I Venezia Federico Il Barbarossa stipula la H: I pace con il Papa Alessandro III e i rappresentanti della Lega Lombarda. Inizia così II cavallo di Federico di Giorgio Ruffolo, ministro dell'Ambiente al suo esordio nella narrativa. Più che un romanzo utopico o fantapolitico, come è stato definito, è un romanzo ucronico, dove il futuro sembra in grado di modificare il passato. Se si è d'accordo con l'affermazione dei fratelli Goncourt citata in epigrafe al libro, «La storia è il romanzo che è stato: il romanzo è la storia che avrebbe potuto essere», la sfida di Ruffolo è lecita e conforme alle regole più alte della fiction, che è sempre storia dei possibili narrativi e mai specchio mimetico dell'accaduto. Quel barattolo che retrocede nel tempo di nove secoli e si sposta nelle spazio sotterraneo delle cloache italiche compie un percorso inverso al cavallo di Federico, che galoppa sulla scacchiera della Penisola tentando di ridurre ad unità quel «disordine nuovo di genti antiche e diverse». Che cosa sarebbe successo se Federico II avesse realizzato, con più di sei secoli di anticipo, il processo di unificazione nazionale creando in Italia il primo Stato europeo? Era possibile un'alleanza tra le repubbliche del Nord e la monarchia normanna, una strategia che sapesse comporre le rivalità fratricide tra Milano e Pavia, Orvieto e Viterbo, Firenze e Siena, Pisa e Lucca, Mantova e Verona, appianare l'ostilità tra i saraceni e i baro¬ ni feudali? A queste domande tenta di rispondere il romanzo di Ruffolo con un intreccio ingegnoso ma talvolta appiattito sul tono informativo da manuale scolastico e infarcito di troppi punti esclamativi. Lo scienziato Folco Chiaromonti, rettore della «Schola» di Palermo Aziz, capitale it alo araba della Medigéa nel 2077, ha costruito un cronolaser, un raggio del tempo capace di risalire nel passato e di cambiare il corso della storia. In quei sessant'anni che separano la sconfitta del Barbarossa a Legnano contro i iff£2Mi H Comuni e la vittoria di Federico II a Cortenuova la macchina del tempo, una «lancetta che può percorrere in due sensi il quadrante della storia», individua una biforcazione. Come se una mossa errata di re, regine, torri e cavalli sulla scacchiera avesse infranto il sogno di Federico II di creare uno Stato moderno nel Mezzogiorno ed estenderlo al resto dell'Italia. Quella frattura tra Nord e Sud che «già prima di Roma aveva distinto italici da greci con la ambigua cerniera etnisca» rimane una spina nel cuore del biondo sovrano che cavalca nei secoli con la «sensazione di vivere un sogno, sognato da qualcuno che lo seguisse da un tempo remoto». Anche il gioco delle varianti storiche non può prescindere dalla consapevolezza dei limiti umani, dall'aggrovigliato labirinto di quello strano regno delle due Italie, «un ircocervo? un ippogrifo? o piuttosto un centauro, scalpitante e indomito?». Massimo Romano Giorgio Ruffolo Il cavallo di Federico Mondadori pp. 166. L. 28.000 iff£2Mi H