VAGABONDAGGI DI UN BASCO

WiABONDAGGI DI UN BASCO WiABONDAGGI DI UN BASCO «Obabakoak», romanzo-manifesto di Bernardo Atxaga Un'intensa sensibilità per le «cose antiche», nel solco di Borges traduzione non letterale: Storie di Obaba». Dunque, tempi, anzi epoche diverse. Vicinanze e lontananze, anche di antico e di moderno. Fin dall'inizio, nel racconto intitolato Esteban Werfell, l'atmosfera pare strana, curiosa, ibrida. Una città vuota, sotto un cielo grigio di febbraio, i salici, un laghetto, e la casetta dei cigni del più bel parco cittadino. Siamo nel Nord, in Germania, in realtà siamo in un altrove così come lo saremo sempre in tutto il libro. Si stabilisce subito un distacco dalla materia, una lontananza che non è esilio e ci indica piuttosto i fili che legano vari Paesi. In questo caso, il filo è tra un padre e un figlio tedeschi di Amburgo che per ragioni mai dette si sono stabiliti a Obaba e la Germania. Il figlio, ragazzo, a Obaba si troverebbe bene, ma il padre, convinto che «solo i meschini si adattano alla vita», inventa per il figlio lettere immaginarie dalla Germania scritte da una fanciulla immaginaria che finiranno per farlo tornare in patria. E lì vivrà, pienamente felice, ancorché consapevole dell'inganno tesogli dal padre. Da questo nucleo iniziale che in realtà non si perde mai si dipanano molte altre vicende, di incipit spesso tradizio- OBABAKOAK, opera pienamente riuscita e matura dell'ancor giovane e noto scrittore basco Bernardo Atxaga, pseudonimo di Joseba Irazu, nato nel 1951 adAsteasu, provincia di Guipùzeoa, uscì in basco nel 1988 e l'anno successivo, quando vinse due premi prestigiosi, in spagnolo. Importante notare di questo romanzo il suo sottotitolo: Storie (traduzione di Sonia Piloto di Castri). Definizione lapidaria ed esatta e, al tempo stesso, riduttiva. Sì, si tratta di storie, o, magari, di una storia sola, o di un territorio o patrimonio di storie. Certo è che penetrare il significato di Storie vuol dire entrare nel libro, nell'intenzione dell'autore, nella struttura dell'opera e anche, in certo senso, nel problema della giovanissima letteratura basca. Questo è un romanzo che è anche un manifesto letterario. In effetti il Prologo, in versi, è centrato intorno all'eusfcera, cioè al basco, una lingua non indoeuropea, ultimo residuo, si pensa, delle antiche lingue iberiche. Una lingua che ha una flessione nommale con 11 casi, e manca del genere, e possiede, in più, grande varietà di forme nominali. Dice Atxaga: «Scrivo in una Atxaga è lo pseudonimo dì. Joseba Irazu 1 A> scrittore basco è nato adAsteasu nel 1951 nali, quali il ritrovamento di una lettera, la contemplazione di una fotografia oppure le vicende di viaggi che, aprendosi sul reale, si chiudono poi sul vuoto e il non finito. I fondali diversi, colti qua e là, hanno in comune una sorta di fuga, una possibilità di sparizione: binari, strade, treni, biciclette. A unirli è il senso del tempo e, più forte, quello della morte che insegue gli abitanti dei diversi villaggi da un luogo all'altro proprio come accade nell'apologo del servo del ricco mercante di Baghdad che, sentendosi minacciato dalla morte, fugge ad Ispahàn dove, naturalmente, sarà colto dalla Morte il cui segno non aveva interpretato con esattezza. L'arte del novellare Questo apologo raccontato sotto varie forme, con coincidenze diverse, costituisce uno dei pilastri del Novellino di Atxaga, ma non è l'unico e non deve trarci in inganno più di quanto lo facciano i meccanismi di coincidenze e di opposizioni esistenziali che assai spesso qui riportano alla memoria alcune narrazioni di Borges. Il vero tema del libro è l'arte del novellare in un mondo che ha già novellato tanto, è l'arte