PER QUALCHE CENTIMETRO DI RECENSIONE IN PIÙ'

PER QUALCHE CENTIMETRO DI RECENSIONE IN PIU' PER QUALCHE CENTIMETRO DI RECENSIONE IN PIU' L'inchiesta di «Rivisteria»: lo spazio dei libri sui giornali V MILANO Bb ON siamo qui per venH dere, ma per misurafg| re. In centimetri quawSk drati. Precisamente le recensioni. Le quali ih (forse) aiutano a ven! BH dere i libri. Anche se «B nessuno lo sa davvero, wÈ se nessuno lo ha mai misurato, nemmeno gli autori (delle recensioni e dei libri recensiti). Ma noi cominciamo dai numeri: estratti da una classifica ideata dalla Rivisteria, mensile diretto da Bea Marin, dedicato a tutto il bene e il male che attiene ai libri. Mondadori - secondo l'ultima rilevazione che riguarda i quotidiani di aprile - ha totalizzato 7225 centimetri quadrati di recensioni al netto dei giudizi; Rizzoli 5314 centimentri quadrati. Einaudi si allarga sino a 4906, poi viene II Mulino (4308), Città Nuova (4101), Laterza (3169), Garzanti (2967), Bollati Boringhieri (2775), Bompiani (2627),. Feltrinelli, (2319), Adelphi (2044), Thèoria (1977), e poi si scende fino al bianco. Per la classifica vengono presi in considerazione i supplementi letterari di sette quotidiani: Corriere della Sera, la Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore, Il Giornale, l'Unità, il manifesto. Dai calcoli, sono escluse le interviste agli autori, le citazioni, le anticipazioni, gli articoli delle terze pagine. Ancora numeri. Nei primi cinque mesi dell'anno, hanno raggiunto l'invidiabile traguardo dei 100 centimetri quadrati, solo 183 editori (il 7,3 per cento delle 2500 case editrici) con una media di 6,7 recensioni cadauno. Ma, esaminando meglio ciò che le medie ponderate nascondono, si scopre che i primi dieci in classifica (Mondadori, Einaudi, Rizzoli, Garzanti, Mulino, Laterza, Bollati, Adelphi, Bompiani, Marsilio) si annettono quasi la metà delle 1220 recensioni. L'altra, se la giocano i rimanenti 173 editori. C'è una qualche perversione nell'assegnare una estensione misurabile alla recensione, al libero, discutibile, vaporizzarle «giudizio critico». Ma, si sa, di mezzo ci sono altre classifiche meno aleatorie: quella dei bestsellers, quella dei fatturati. Dunque, Bea Marin, non si è ancora pentita di questa stravaganza? «Niente affatto. I nostri calcoli sono nati in sordina. Gli editori dicevano: ma che stranezza questa roba. Poi hanno cambiato idea. I loro uffici stampa ora tengono d'occhio i nostri numeri, li usano come indicazione, a volte come consuntivo». Ha scoperto qualche cosa di inaspettato? «Che a pensar male ogni tanto si sbaglia. Non è vero, come si crede comunemente, che certi quotidiani concedano più spazio ai libri pubblicati dal proprio editore. Non è vero che se una casa editrice fa molta pubblicità su un giornale, otterrà automaticamente più attenzione». Ha scoperto relazioni tra recensione e vendita? «Non facciamo ancora calcoli incrociati. Ma a occhio non credo ci sia molta relazione». E, dall'altra parte dell'addizione, cosa ne pensano? Beatamente incalcolabili, ecco i critici (produttori dei centimetri quadrati), e poi gli addetti agli uffici stampa, gli editori. Goffredo Fofi, per esempio, non solo non vede relazione tra recensione e vendita, ma non vede neppure recensori. Dice: «Sono spariti, schiacciati da due categorie: gli accademici che di professione fanno gli imbalsamatori di libri e i giornalisti che chiacchierano in superficie. Con i primi la gente si annoia, con i secondi continua a non sapere. Perché dovrebbe comprare? I buoni critici di una volta, Debenedetti, Pancrazi, Cecchi, raccontavano, spiegavano, erano mediatori intelligenti». Geno Pampaloni (che fa parte, secondo Fofi, «dei buoni critici di una volta») dice: «La nostra influenza sulle vendite? Modesta. E le assicuro che non mi importa un bel nulla. Da 30 anni recensisco con la medesima attenzione, il medesimo scopo: trasmettere delle impressioni». E Grazia Cherchi: «Sono meno drastica di Fofi. I recensori ci sono, anche se pochi, e influenzano le vendite, anche se poco». La classifica dei centimetri appassiona (di più) gli uffici stampa e gli editori. Dice Anna Drugman della Rizzoli: «Come ufficio stampa, da anni teniamo sotto monitoraggio le recensioni dei nostri libri. Ora abbiamo più numeri a disposizione». Capita già che qualche direttore di collana venga a dirvi: ma come, questo mese, solo 4 mila centimetri quadrati? «E' successo, mi dicono». E dove mai è successo? Gli addetti non lo rivelano. Ma usano il pretesto per parlare del proprio lavoro che qualcuno, ormai, accomuna in tutto e per tutto a quello dei pr, i sorridenti, imperturbabili, gentili, profumati, educatissimi addetti alla macchina celibe delle Pubbliche Relazioni. «Mica vero - dice Gioacchino De Chirico della Giunti -. Io mi sento operatore culturale, mediatore, funzionario di casa editrice, parte di un progetto culturale». «Un po' vero - sospira Paola Casartelli della Garzanti -. Cene. Feste. Drink. Troppa mondanità ogni tanto ci soffoca. E poi gli autori...». Dica, dica. Non dice, sorride. Gira una battuta, negli uffici stampa: meglio occuparsi di un autore straniero, specie se morto, piuttosto che di un italiano, specie se vivo. Esagerato? «Da non drammatizzare - dice Maria Elisa Traldi del Mulino -. Ci sono libri e autori che si prestano ad essere portati in giro, promozionati. Altri che lo rifiutano». Ma il vostro mestiere in cosa consiste? «Nel se- guire un autore. Ma soprattutto il nostro è un lavoro di mediazione con i critici e i giornalisti. Su questo non ho dubbi». Aggiunge De Chirico: «Trovare il critico ideale per ogni libro. Ecco». Tanta fatica per cosa? «Nell'universo misterioso delle cose che fanno vendere un libro - dice Marco Zapparoli, editore della Marcos y Marcos - la recensione, spesso, sta proprio in fondo. Prima c'è il passa parola dei lettori e dunque la qualità. Poi ci sono i librai, lo scaffale che il libro si conquista, la copertina, il titolo, la pubblicità, le polemiche». E Inge Feltrinelli, energica, di corsa, allegra, dice: «Proprio d'accordissimo. E poi che recensioni qui in Italia. Tiepide, anzi freddine. Passione ci vuole. Oh, mi piace quando c'è un innamoramento del critico verso il libro e anche quando c'è la stroncatu¬ ra forte. La gente capisce di più, si schiera, discute. No, purtroppo la recensione conta poco, smuove poco. E per noi editori medio-piccoli di qualità è un guaio perché non abbiamo altro. Poco accesso alla tv, pochi mezzi per la pubblicità». Scuote la testa Edmondo Aroldi, editor del colosso Rizzoli: «Le dirò un segreto che non è un segreto. Nei cassetti, qui, ho pacchi di recensioni di libri che non hanno venduto una copia e non ho neppure una recensione di libri che sono andati via come il pane. Non c'è niente da spiegare, accade». Una spiegazione ce l'ha Oreste del Buono, che al momeno dirige i tascabili Einaudi, ma in 40 anni ha diretto tutto (o quasi): «Le sole recensioni che influenzano le vendite, riguardano i generi minori: giallo, fantascienza, nero. Le sole recensioni, che servirebbero e non si fanno, riguardano i tascabili. Da anni lo predico al vento: escono decine di titoli nelle collane economiche, e bisognerebbe informare, distinguere tra le diverse edizioni di uno stesso classico». Passione che manca, recensori distratti, i doveri della critica, il mercato. A partire da semplici centimetri quadrati, si finisce per parlare di tutto (o quasi) quel che riguarda l'editoria italiana. Che siano utili davvero? PinoCorrias <//> r/ ft t r/1 ra forte. La gensi schiera, discpo la recensismuove poco. medio-piccoli guaio perché nPoco accesso alper la pubblicista Edmondo colosso Rizzoligreto che non cassetti, qui, hsioni di libri chduto una copiauna recensione

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