DUBUFFET CONTESTATO di Gabriella Bosco

DUBUFFET CONTESTATO DUBUFFET CONTESTATO Le sue ultime opere esposte alla riapertura deljeu de Paume restaurato Ma molti protestano : la Galleria dev'essere una vetrina per i giovani IPARIGI L Jeu de Paume nacque sotto Napoleone III come palestra per il gioco della pallamano. Ma, venuta meno la moda, fin dagli inizi del nostro secolo l'edificio venne utilizzato per mostre di quadri. Fu però solo dopo la seconda guerra mondiale che divenne tempio stabile degli impressionisti. Prima la sua vocazione era piuttosto per mostre temporanee di breve durata. Dall'86, emigrati al Musée d'Orsay i Van Gogh, Cézanne e Gauguin, l'edificio è poi rimasto chiuso cinque anni per lavori di ripristino. Oggi, alla riapertura, ritrova la vocazione degli esordi. Ha un nuovo nome, Galerie Nationale du Jeu de Paume, e sarà d'ora in poi vetrina per i giovani artisti. A differenza dagli altri due musei d'arte moderna già esistenti a Parigi, non avrà una collezione permanente. I suoi 1137 metri cubi di sale saranno tutti consacrati all'arte infierì. Architettonicamente, nessuna provocazione. Per rispetto della simmetria con il gemello museo dell'Orangerie, Antonie Stinco non ha ritoccato in nulla le linee esterne. Solo il colore è stato riportato al bianco con un'energica ripulitura. La hall interamente vetrata si affaccia sui giardini delle Tuileries, mentre le sale bianche, a loro volta e deliberatamente spoglie, hanno poche aperture sull'esterno perché il contatto con le opere sia il più possibile intimo. Il tetto Napoléon è stato sostituito con vetrate color bianco opaco che danno un'illuminazione discreta e zenitale. Lavori per 63 milioni di franchi (finanziatore non è lo Stato da solo: sponsor permanente è l'Union des Assurances de Paris, fornirà ogni anno cinque dei sette milioni di franchi necessari) senza appigli per le rituali polemiche. Oggetto di vivace critica è stata invece la scelta per la mostra di inaugurazione: l'ultimo decennio dell'attività di Jean Dubuffet. Benché autore dell'As/ìssumte cultura, Dubuffet è artista universalmente riconosciuto e soprattutto non vivente. Sarebbe venuto meno, in extremis, il coraggio annunciato? Il neo-eletto direttore del museo Alfred Pacquement (43 anni, arriva dal Centre Pompidou) ha giustificato la scelta come necessità di gettare un ponte tra passato e futuro. La produzione di Jean Dubuffet dal '74 alla morte del resto non è ancora mai stata oggetto di retrospettive in Francia. Il testimone passerà ai più giovani da settembre: con Pierre Dunoyer, pittore astratto che si rifa a Pollock ancora poco conosciuto; Robert Gober, scultore americano della nuova generazione inedito in Francia; Suzanne Lafont, recente grande scoperta nel campo della fotografia, e Helio Oitica; brasiliano, presentato come una delle figure maggiori dell'avanguardia nel suo Paese. La mostra Dubuffet accoglie il pubblico all'esterno con una moquette alta 4 metri e 80 della Tour.àukfigures. Le opere presentate, tra quadri, disegni e stampe, sono 210. Alla morte dell'artista, avvenuta a Parigi nell'85 (Dubuffet era nato nel 1901 a Le Havre), sulla sua scrivania venne trovato un manoscritto di riflessioni generali e sull'arte poi pubblicato dalle Editions de Minuit con il titolo Bàtons rompus. Stralci ne sono stati affissi alle pareti, con interessante effetto di pittura che si autocommenta. L'attacco è dato dalle Scene campestri. Finita «la lunga emigrazione» dell'Hourloupe durata dodici anni (disegni a scrittura semi-automatica, scarabocchiati in rosso e blu, poi ritagliati e ricomposti in una ricerca di senso), Dubuffet volle tornare «su una terra più ferma», «a un porto di scalo». E' la ricomparsa di figure umane, in un contesto riconoscibile. Seguirono i Récits, serie legata a una raccolta di poesie di Jacques Berne (... leflux mérne...), in cui il pittore vuole raccontare non una storia compiuta ma molteplici possibilità di storie, embrioni, abbozzi. Figure e forme disegnate su carta gialla poi incollate su fondo grigio: «Motivi dai contorni fantastici che evocano qualche luogo fantasma o qualche tratto virtuale di figure e oggetti in marcia alla maniera del tappeto volante». Poi altre due serie, Parachiffres et Conjectures, che segnano il progressivo ritorno «a un movimento veemente e disordinato». La precisione per Dubuffet ha un effetto negativo: «Più una figura è determinata, più diminuisce il suo senso». I Théàtres de Mémoire (1975'78), pitture che illustrano il funzionamento del pensiero combinando in presenza simultanea ricordi di momenti diversi («unità, equilibrio della composizione particolarmente malmenati»), preannunciano i Non-lieux. Con le Mires, anche i titoli delle opere si fanno arbitrari: «Non voglio niente che porti un nome». La presa di-potere del pensiero e il sovvertimento di ogni principio rappresentativo sono compiuti nell'ultimo dipinto di Dubuffet, Pulsions. Disegni inediti, per concludere, di piccolo formato, tracciano una Biografia al passo di corsa. Gabriella Bosco Iai «Tour auxfigures» diJean Dubuffet è stata esposta davanti alla Galérie Nationale du Jeu de Paume a Parigi

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