L'ATELIER DI GHERLONE

Una mostra alla Davico su «I pittori e lo studio» ARTE L'ATELIER DI GHERLONE Una mostra alla Davico su «I pittori e lo studio» CURIOSE, queste mostre a tema...Chi le ha inventate? Ma bisogna distinguere, ci sono due modi di farle. Uno è raccogliere le opere sullo stesso tema già esistenti (per esempio, «gabbiette con uccellini», da Fabritius a Goya a Pinco Palio); l'altro è «commissionare» le opere dando il tema ai pittori. Il primo modo (il più corretto) non presenta problemi, se non il tanto tempo necessario per reperire le opere; il secondo pone invece tanti problemi e molti ne lascia irrisolti. Problema generale: è possibile, per un artista, lavorare su un tema che non gli sia congeniale? E se il tema è per lui semplicemente nuovo, quanto tempo gli è necessario per digerirlo? Abbiamo visto a Torino, non tanto tempo fa, mostre con tema «Il gioco del calcio» e risultati, mediamente, assai modesti. Perché il tema non era di quelli usuali e aveva bisogno, probabilmente, di molto studio per essere digerito. Questa, invece, che con tanta fatica Silvano Gherlone ci regala come gran finale di una bella stagione espositiva, è mostra su tema molto normale, molto vicino al lavoro quotidiano di un normale pittore: lo «studio», il locale dove l'artista dipinge. Eppure molti degli invitati (una larga parte dei migliori pittori torinesi più qualche straniero) sembrano aver avuto difficoltà e sembrano essere stati come ostacolati a dare il meglio delle loro possibilità, oppure sono stati costretti ad andare un poco fuori tema. Tema che non lasciava dubbi: «L'atelier, il pittore e il suo studio» ed esigeva che si affrontasse lo spazio di lavoro come tale; molti hanno invece ripiegato su vedute parziali, angoli dello studio che sono nature morte con tubetti di colore e al- tri attrezzi dell'artista, o semplicemente «fiori nello studio» come fa Tino Airne eludendo completamente il problema pittorico posto da Gherlone. Altri, andando ancora più fuori tema, hanno fissato l'attenzione su personaggi nello studio, come Tabusso che ritrare un pitocco ceruttiano o Pellegrini con il negro e la zia Pinotta (qui riprodotto). Centralissimo è invece il grande «atelier» di Beni Shami- ri, che al secondo piano della galleria si impone di gran lunga come il più bel quadro della mostra: qui è veramente ritratto lo spazio in cui si dipinge, o meglio lo spazio in cui Beni Shamiri dipinge. Questo quadro riconferma nella grande opinione che molti hanno di questo pittore ancor giovane ma già estremamente sicuro di quello che fa. Tornando al gruppo dei torinesi, che qui si ritrovano come in gita scolastica, senza spirito competitivo ma come in una simpatica festa di fine anno, ciascuno ripropone il suo saper dipingere senza tuttavia creare un vero capolavoro. Ed è perfino fuori posto, in tale simpatico convenire di persone che amano e sanno praticare la pittura, dire delle preferenze del tutto personali. Che potrebbero tuttavia indirizzarsi, anche in questa occasione, al robusto disegno-colore di Mauro Chessa, al magistrale uso dell'acquerello della Garelli e della Lequio, alla compatta, quattrocentesca intelaiatura di Albano e a quella più cangiante di Macciotta; alle abilissime matite di Ferroni e Gatti. E mentre il fuoriconcorso Italo Cremona ribadisce la sua classe,'merita un elogio anche Guido Bertelio per essere uno dei pochi ad aver centrato il tema; una stretta di mano a Ettore Fico per averlo risolto con astuzia pittorica approfittando di un bel vestito a strisce colorate. Nella stanzetta in fondo non dimenticare di buttare un occhio al grande, potente dipinto di Rendali Morgan, anch'esso perfettamente in tema perché riprende il pittore al cavalletto, realizzando un'allegoria della pittura come quella di Vermeer a Vienna. Vi è poi, in mostra, un disegno a penna biro di Luigi Benedicenti che è un vero tour de force tecnico: in uno specchio concavo si riflettono il barbuto artista e il suo studio, mentre sulla mensola in primo piano vi sono tubi di colore e altri attrezzi. Questo pezzo da solo merita una visita alla mostra. Beppi Zancan «L'Atelier» Galleria Davico Gallerà Subalpina 30 Orario 10-12,30 e 16-19,30 Chiuso lunedì e festivi Fino al 6 luglio «ìm zia Pinotta a Torino» un dipinto di Max Pellegrini alla Davico Sotto: un lavoro di Falci presso Marco Noire

Luoghi citati: Pinco Palio, Torino, Vienna