NEL SALOTTO DI LIALA ANCHE BUSI DIVENTA UN'ANIMA BELLA

NEL SALOTTO DI LIALA NEL SALOTTO DI LIALA ANCHE BUSI DIVENTA UN'ANIMA BELLA più mature che ormai irraggiungibili da ogni tentazione quel falso credono reale. Delle une e delle altre nella prima parte del libretto Busi schizza ritratti di grande maestria. ' Approfittando del fatto che da ragazzo serviva caffè nel bar che il padre gestiva nei pressi (o comunque sulla strada) del campo d'aviazione, non gli era difficile assistere a (e magari propiziare gli) incontri tra le ragazze del paese e gli avieri in libera uscita. Questi incontri, se apparentemente riproponevano situazioni in qualche modo analoghe a quelle che animavano le pagine di Liala, in realtà da quelle pagine traevano quel tanto di sognante e di liberatorio che per se stessi non avevano. Desirè, Alba, Nini, le sorelle Carminandi, Pierina e le altre ragazze del paese (tutte possibili lettrici di Liala) vivono le loro imprese furtive col militare di Caserta o l'ufficiale di Cremona senza sapere se a queste avventure sono spinte dal desiderio, dal bisogno di trasgressione o da calcoli matrimoniali. Comunque per la prima volta scoprono che la vita non si sa quel che può dare, assaporano il piacere e il terrore dell'imprevisto che tante conseguenze (così spesso dolorose) avrà nella loro esistenza futura. E alcune di loro l'autore, tornando dopo oltre vent'anni nel suo paese, vede ancora sedute dietro la vetrina del bar della piazza: le vede assorte sotto il peso di acconciature sempre più preziose che guardano fisse oltre i vetri forse il fantasma della loro giovinezza. Ma non guarda per nulla al fantasma del suo passato Liala (il cui incontro con l'autore è raccontate biella seconda parte del libretto) giacché Liala è il suo stesso passato, dove si è seppellita da viva. «Una vita da secondino con tutte le apparenze della libertà ma in sostanza in prigione. Perché i suoi libri tiravano da matti e questo solo vale un'autosepoltura, basta mettere a guardia un paio di angeli custodi giusti: Primavera e Tilla, le due sacerdotesse, le due ancelle, le due schiave che, come per una regina egizia, l'hanno seguita da vive nella tomba dove è la sola a non lamentarsi affatto di non essere più viva da un pezzo e di saperlo». Primavera è la figlia e Tilla è la vecchia governante, l'una e l'altra sacrificate alla guardia della madre e padrona e l'una e l'altra orgogliose di quel sacrificio che tuttavia vantano, più e oltre che per la devozione che le lega al loro idolo, per le tante meravigliose opportunità che la vita ha messo sul loro cammino e alle quali hanno scientemente rinunciato. Primavera e Tilla si tramutano in personaggi dei romanzi di Liala dei quali, ora che non ne scrive più, è l'autrice stessa la protagonista. Tanto che nella villa alla periferia di Varese non vivono tre donne sole ma tre attori di una storia inconclusa. Provvisoriamente, per la durata dell'intervista, si aggiunge un quarto attore: Aldo Busi; anche lui un sacrificato, cioè che sacrifica la sua naturale guasconaggine all'ammirazione della regina visitata; anche lui per la prima volta un rinunciatario, nel senso che si autocastiga e mette in pena davanti alla maestà di un simulacro che dall'alto dei milioni e milioni di copie vendute gli chiede (gli impone) di inchinarsi e soffrire. E Busi accetta la sofferenza e s'inchina ad onorare il simulacro. Liala lo ringrazia e gli concede qualche confidenza. Ma ritorna presto alla grandezza della sua inesistenza. Angelo Guglielmi